sabato 9 novembre 2013

Emigrazione italiana in America, una storia da raccontare



(ap) Come eravamo, come siamo diventati. Oltre 500 immagini sono raccolte in un libro appena uscito, “Trovare l’America” (Anniversary Books Editore). Un documento che, soprattutto per mezzo di straordinarie fotografie, prova a descrivere la storia dell’emigrazione italiana dall’altra parte dell’oceano per più di un secolo sino ai giorni nostri. 


A mettere a disposizione questo materiale così suggestivo è stata la Library of Congress di Washington, l’istituzione che, con la molteplicità dei documenti conservati nei suoi archivi, rappresenta la memoria ufficiale di quel paese.
Nel libro, si trovano personaggi noti come Antonio Meucci, Fiorello La Guardia, Joe Di Maggio, ma hanno spazio anche le vicende di uomini meno conosciuti o poco ricordati, come Giacomo Beltrami, il primo esploratore a raggiungere le sorgenti del Mississippi nel 1823; Joe Petrosino, precursore della lotta al crimine organizzato; Carlo Gentile, che fotografò i nativi americani del Sud-Ovest nell’Ottocento; e Athos Casarini pittore futurista e illustratore per le più popolari riviste newyorkesi d’inizio Novecento. L’emigrazione italiana non può essere collegata soltanto al nome di “Cosa nostra”, che se ne servì per violentarne lo spirito e diffondere il crimine.


Il libro ricostruisce la vita difficile affrontata dalle migliaia di persone che scelsero di abbandonare le proprie case, e affrontarono il difficile percorso per la sopravvivenza, per poi diventare una grande risorsa per l’America. Una narrazione costruita sui volti degli emigranti, bambini, donne, uomini; sulle situazioni difficili in cui si trovarono al loro ingresso nel paese; sui sacrifici indicibili che colpirono le prime generazioni. Pochi bagagli, legati con lo spago, a segnare il definitivo distacco dalla propria terra; vesti modeste e malandate ma non trascurate, sguardi malinconici, e pervasi da un senso di smarrimento. In quelle foto, così dense di significato, non solo la trama delle singole vite, ma la stessa storia italiana dell’ultimo secolo.
Colpisce come queste persone, provenienti in genere dalle zone più arretrate d’Italia, abbiamo combattuto il senso di spaesamento provato in un paese diverso e sconfinato. Lo hanno fatto, ricostruendo in America i luoghi che conoscevano, ripetendo il loro mondo, e il tessuto conosciuto dei valori e delle tradizioni, mantenendo i punti fermi della loro esistenza. Dalle processioni religiose ai carrettini dei venditori ambulanti, dai panni stesi ad asciugare in mezzo alle strade, alla celebrazione dei cibi regionali, dalle insegne tricolori alle canzoni popolari. Per il bisogno di non perdere le proprie radici, per ascoltare ancora la lingua amata, per tramandare i segni di un’esistenza abbandonata, per mantenere l’amicizia con la propria terra e con i compaesani.


Luci, suoni, odori, melodie sono diventati palpabili segni della propria origine mai dimenticata e della continuità di un modello di vita profondo e radicato. Il proprio mondo di riferimento divenne la materia prima con cui furono create le tante Little Italy sparse in ogni città d’America. Poi si compì una trasformazione imponente attraverso le nuove generazioni, sempre più radicate in America.
Fotografie, appunti, cartoline, lettere costituiscono un mosaico prezioso che merita di essere ricostruito come avvolgendo all’indietro una pellicola, per raccontare quella storia, ma anche per dare alle cose del nostro tempo un senso nuovo. Oggi che l’emigrazione assume un carattere globale e il mondo intero è scosso da ondate crescenti di popoli in cammino, ponendo inquietanti interrogativi alle nostre coscienze. Ora che la stessa Italia conosce, per la crisi economica, una forma di emigrazione, diversa ma non meno grave di quella passata, coinvolgendo stavolta persino classi colte e giovani preparati. Quanti vogliono impegnare le loro capacità professionali e non riescono a farlo in patria, dove non trovano un destino coerente con le loro aspettative.


Guardare queste immagini serve a riscoprire singole storie dolorose, ma anche a comprendere lo spirito di libertà e di speranza che le ha accompagnate e le ha rese meno opprimenti, ridando a molti il gusto del futuro. Gli emigranti italiani, che hanno contributo a far crescere e rendere migliori le terre che li hanno accolti, appartengono non solo alla nostra storia passata, ma al nostro presente e persino al futuro che vogliamo costruire.
Le foto, infatti, raccontano le speranze che hanno saputo guidare il cammino di tanti e che oggi possono indicare ad altri la strada da percorrere per dare accoglienza agli uomini che rischiano di perdersi nella sventura e per suggerire loro quel cammino fiducioso che ha contraddistinto la nostra emigrazione di un tempo. Affinché la terra dell’accoglienza sia ogni spazio capace di prestare ascolto alla sofferenza e di valorizzare le risorse migliori degli uomini.


Ci sono a volte non solo persone, ma cose, fatti, eventi, che ci aspettano lungo il cammino, per dirci, quando non sappiamo che fare, qualcosa di noi, delle difficoltà che dobbiamo attraversare, della direzione che dobbiamo prendere. Nelle fiabe, i messaggi sono affidati alla voce di una strega, di un animale parlante, oppure sono nascosti sotto una pietra. Nella realtà, possono essere sotto i nostri occhi, persino in alcune foto o in certi appunti del passato, se si ha voglia di scoprirli e di ascoltarli. E possono tornare utili quando ci si sente smarriti negli intrighi di boschi incolti e pericolosi.
Da piccoli che eravamo quando abbiamo visto quei compaesani partire senza ritorno, possiamo dire che siamo diventati un po’ più grandi e forti, anche in virtù del loro coraggio, della loro umiltà, della loro tenacia. E ci accorgiamo che, dopo tanto girovagare per il mondo, possiamo trovare la strada del ritorno.

Nessun commento:

Posta un commento