sabato 19 dicembre 2015

Il regista dimenticato

di Pietro Pancamo

Esitò, quando il meteo tacque. L’occasione era propizia –si rese conto, spegnendo la radio–, ma la forza per attuare il “piano” (peraltro già studiato e preparato da tempo) tardò a presentarsi, lì per lì. L’anima non s’atteggiava all’ardimento, per dirla col poeta.
Oh nessun problema, ad ogni modo, perché eccolo il rimedio: scherzare fra di sé. «Lo schiocco secco del cuore che si spezza è proprio come quello di un ciac in campo», pensò, allora. E all’improvviso trovò il coraggio: un coraggio amaro, che l’accompagnò per mano alla rada solitaria.
Così adesso, in quell’esterno notte che si era scelto, il regista dimenticato non voleva tornare più alla vita che lo aveva diseredato, né gli riusciva di capire se a gonfiare il genoa e spingere il piccolo cutter malandato fossero le frequenti scosse d’aria o le immagini “ondose” che il vecchio proiettore a bobine –dall’alto del suo treppiede, assicurato con gomene e cime a proravia– drappeggiava sul bianco agitato della vela. Guardandola, continuava a ripetersi: «Senza il minimo dubbio, Marosi alla deriva è il mio film migliore!». E mentre una stilla di sorriso iniziava a formarsi sulle sue labbra, gli sembrò di scorgere i flash dei fotografi.
Ah, no... erano i lampi. Quelli, per ora lontani, della tempesta in arrivo. Il bollettino dei naviganti, beh non si sbagliava.

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