mercoledì 4 maggio 2016

Sapore di stelle

di Paolo Brondi

Allorché favorevole è la stagione si può guardare il cielo notturno e la prima impressione, se l’animo è sereno, è di stupore per quel brulicar di stelle disperse su un fondo oscuro. Muovendo gli occhi, ci può venire incontro un fasciame biancastro, la Via Lattea, e il pensiero va agli immensi spazi, a una volta celeste ove è tutto un gioco di presenza assenza. Sono presenti quei segnali luminosi, o particelle dotate di massa che, talvolta mobili nel caso di satelliti o di veicoli spaziali, delineano una regione dell’universo oltre la quale c’è quella assente, per luci che non hanno avuto il tempo di raggiungerci durante la storia dell’espansione.
Le tante straordinarie teorie scientifiche, fisico-matematiche, astronomiche, che sono scientifiche proprio perché falsificabili, ci permettono solo progressivamente di conoscere i segreti più profondi dell’universo. Nel frattempo, perché rinunciare alle favole, al romanzo dei miti greci, che popolano il cielo di voci e di verità, ancora oggi estremamente predittive e consolanti!? Sono le voci delle sette sirene che intonano ciascuna una nota intorno a ciascuno dei cieli, spandendo bellezza e armonia. Sono le verità di una rete invisibile che lega il cielo alla terra, per cui tutto ciò che accade necessariamente accadrà.
Tutti si muovono avvolti nella stessa trama dove fili innumerevoli sono sempre pronti a stringersi, ma non in modo fatale, bensì ad opera di divinità dal nome Adrastea, Moira, Ananke, Ate, Dike, Nemesi, Erinni: tutte donne, tutte figure della necessità che, dal cielo, immaginiamo calate per sanare gli eccessi del vivere, vegliando ovunque, per modo che tutti gli esseri abbiano la loro parte, non meno, non più, sì ché nulla e nessuno ecceda, secondo ciò che oggi si chiama giustizia, vendetta e pudore.

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