mercoledì 1 marzo 2017

La vita inquieta

Giorgio de Chirico nella Piazza d’Italia: l’enigma della vita oltre la realtà delle cose

(ap) Edifici ben proporzionati, linee architettoniche eleganti, addirittura una statua classica al centro della scena. Un equilibrato impianto di ispirazione rinascimentale compare nella Piazza d’Italia (1954) di Giorgio de Chirico (1888-1978), il massimo esponente della pittura metafisica nel primo novecento. Eppure, lo stile non costruisce la veduta di una città ideale e nella rappresentazione non è riconoscibile alcuna delle piazze importanti italiane.


La prospettiva è disegnata secondo geometrie semplici e plausibili che tuttavia, ad uno sguardo attento, rivelano una dimensione deformata, per le linee di fuga non coincidenti. Lo spazio acquista un aspetto inedito e lontano dalla realtà quotidiana, perché incredibilmente dilatato nel tempo, e vuoto.

La piazza è tutta pervasa da un clima di morte, sottolineato infine dal colore scuro del cielo. Si fa fatica, in questo contesto, a percepire l’immagine di un treno che sbuffa correndo e di due uomini che si stringono la mano perché totalmente sovrastata, per dimensione e imponenza, dalle grandi arcate incombenti degli edifici in prima linea. Il movimento del treno e delle persone non basta per contrastare la sensazione di una immobilità assoluta della scena e della mancanza di vita che proviene dall’intera raffigurazione. La loro presenza non turba l’assoluto silenzio della scena.

L’esistenza non è dinamismo e velocità, come immaginavano i futuristi, da Boccioni a Carrà, a Balla, né può essere rappresentata con un linguaggio pittorico totalmente innovato e sorprendente che corrisponda a quella primordiale percezione dinamica. Piuttosto è irriducibile nella percezione umana una sensazione di stasi, di immobilità assoluta, di invadente silenzio. L’arte non è un grido assordante, ma assomiglia ad una dimensione imperturbabile e statica. Proprio l’uso degli strumenti classici della pittura, come quello della prospettiva, evidenzia questa sorprendente scoperta.

La vita tutta, guardata oltre la sua apparenza, mostra così il suo profilo più autentico e veritiero, che sfuggiva a prima vista. Le cose, ben osservate al di là della loro fisicità, sono immobili, pietrificate nel tempo, quasi congelate. La luce, nella sua irrealtà, colora l’ambiente di una tonalità innaturale e misteriosa, altamente suggestiva, rivelando nel profondo l’enigma che è insito nella vita stessa. 

La realtà naturale è travagliata, preda di una sofferente convalescenza senza fine. E’ un sole tiepido e senza amore quello che illumina la vita di ciascuno, creando tinte irreali e piene di mestizia. Per la prima volta, è dato vedere il reale oltre di esso, e di percepire quanto risulti per ciascuno inesplicabile e oscuro.

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