lunedì 17 luglio 2017

L’arte del perdere

Ricordi, affetti, memorie: quando volano i tasselli dell’esistenza

di Marina Zinzani

L’arte del perdere è una definizione citata in un film, “Still Alice”. Parla di una donna che si ammala precocemente del morbo di Alzheimer e vede perdere ogni giorno pezzi del suo mondo, delle sue capacità cognitive e fisiche. Film bello e struggente, con Julianne Moore. Lei ha vinto anche l’Oscar per migliore attrice per questa interpretazione.
L’arte del perdere è forse la sintesi di questa malattia, anche se non si tratta di un’arte ma di un dramma senza confini, che tocca anche le persone vicine a chi si ammala.
La vita di ognuno è come un puzzle, tanti pezzi che si inseriscono lungo il percorso, immagini anche preziose che segnano il cammino e l’identità. Ogni pezzo un ricordo, un avvenimento, emozioni racchiuse, talvolta rappresentate in foto felici, tentativo di fissare istanti destinati a dissolversi. E ogni tassello crea la storia di una vita, immagini sfuocate e la loro rappresentazione attuale attraverso affetti, figli, identità lavorativa e sociale.
Poi capita un giorno che una tessera voli via, e poi un’altra, un’altra, pezzi di memoria e ricordi che volano via, e poi ancora, ancora, fino a che il puzzle diventa pieno di buchi, e il quadro diventa drammaticamente vuoto. Non si ricorda più, si perde la propria identità.
Si comincia a perdere. Non si può coniugare il senso della perdita all’arte, ma forse, forse, la delicatezza con cui le persone care assistono allo staccarsi delle tessere del puzzle, il loro stare accanto a chi vede svanire i ricordi, le percezioni del malato che si ritrova indifeso e consapevole, in una dimensione struggente, può richiamare la parola arte. L’arte di vivere, fatta anche di perdite, lutti, affetti, ricordi.

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