mercoledì 8 novembre 2017

Sporca come l'acqua di una pozzanghera

di Marina Zinzani
Tratto da “I racconti dell’acqua”
(Commento di Angelo Perrone)

(ap) In questi Racconti, il tema ricorrente è l’acqua. Stavolta è quella sporca di una pozzanghera, schizzata addosso ad una giovane donna per il passaggio di una macchina. Vive un momento particolare: il matrimonio finito, il tradimento di lui, la sensazione di avere addosso qualcosa di brutto. Come ora, con gli indumenti bagnati.
Un incidente banale, che però è anche pretesto di incontro con il maldestro conducente; forse una nuova simpatia.
L’acqua, elemento prezioso, simbolo di energia, di vitalità, del divenire stesso, attraversa la parola scritta come protagonista discreta e misteriosa di storie diverse. Ma che finiscono per dare rilievo proprio a lei, l’acqua, scoprendone le molteplici dimensioni di senso.

C’erano dei giorni no. Giorni in cui il corpo faceva fatica a muoversi, come quelle auto che fanno fatica a mettersi in moto la mattina, colpa dell’usura degli anni o di una cattiva manutenzione.
Il corpo che risponde poco, malattia subdola e depressione dietro la porta: difficile restare in equilibrio e trovare il sorriso quando di anni, dentro, se ne sentono cento.
Linda guardò dalla finestra appena sveglia: giornata grigia, freddo dell’inverno e freddo nelle ossa, sensazione di una vita stanca, di anni sempre uguali.
Un tempo era tutto diverso, prima che un vento malefico piombasse sulla sua vita e le togliesse la sua cosa più cara, vento come mano cattiva, vento sotto forma di donna crudele che le aveva sfilato di mano il suo compagno. Si sentiva una donna perduta da allora, donna che aveva ora nomi precisi di fronte alla società: sono separata, ci siamo lasciati, io e mio marito stiamo divorziando, è finita, succede.
Cose da raccontare agli altri, per evidenziare, pur senza voglia, una nuova identità, un sé diverso, da guardare con pietà o compassione, con qualcuno anche beffardo che dice “Beata te, che sei libera adesso!”
Il corpo come un’auto che ha avuto un incidente, non riesce a muoversi la mattina, non ce la fa, non ce la fa, non ne ho voglia di fare le solite cose.
Mattina e fiori: è sabato mattina e c’è il mercato, poca cosa rispetto alla noia dei giorni ma meglio di niente.
C’era tanta gente al mercato, tanta gente che dava fastidio, questi sconosciuti che le sbattevano contro, pensionati con le borse piene di verdure, i colori dei vestiti, della frutta, dei fiori d’inverno.
C’era una bancarella dove lei andava qualche volta, piena di abiti a basso costo, in cui bisognava cercare, cercare, come in una caccia al tesoro, e alla fine si trovava un capo carino al prezzo quasi di un caffè. Si avvicinò, faccia bianca, nessun sorriso, e cominciò a cercare fra tutti gli abiti, mani fra maglie, pantaloni, foulard.
Foulard, un bel foulard, sì, ne vide uno color pesca, e pensò che un tempo sarebbe tornata a casa felice, l’avrebbe lavato e se lo sarebbe messo la sera sopra una giacca nera, e sarebbe uscita con suo marito, forse in pizzeria, forse con degli amici. Ma ora…
Lo comprò lo stesso, il prezzo d’altronde era ridicolo. Piano piano i suoi pensieri pesanti si dispersero fra la folla del mercato e si incamminò verso l’auto, che era abbastanza lontano. Era piovuto la notte prima, c’erano pozzanghere qua e là.
Non si accorse, mentre stava camminando, che una macchina avvicinandosi troppo l’aveva tutta bagnata, l’acqua della pozzanghera sulle sue scarpe, sui pantaloni, acqua sporca, scura. Ebbe un moto di rabbia, mentre l’auto si allontanava, incurante il guidatore del piccolo guaio che aveva provocato.
Acqua sporca, pozzanghere e il torbido, l’amore reso torbido da un segreto tenuto a lungo nascosto, è solo un’amica, niente di particolare, la conosco da anni, così aveva detto suo marito.
Il torbido di bugie, sporcare una storia di tanti anni, di progetti, di casa costruita giorno dopo giorno, di momenti diventati unico bene chiamato amore: un giorno finisce tutto, rimane solo l’idea di acqua sporca.
Linda ebbe un momento di sconforto, alla vista del disastro sulle scarpe e sui pantaloni, certo, non era niente di grave, ma la giornata era già grigia che mancava solo questo…
Un minuto, o qualche secondo, chissà… Se non si fosse fermata in quell’istante, a guardarsi i pantaloni e le scarpe, con un moto di stizza, forse non l’avrebbe mai incrociato. Giacomo, un vecchio amico dei tempi della scuola, si palesò davanti a lei, incrocio improvviso e saluti affettuosi. E poi parlare: lui cominciò a parlare, a parlare, lei si ricordava bene il suo chiacchierare che aveva sempre una certa vitalità.
Entrarono in un bar, e nel caldo accogliente presero un caffè. Quanti discorsi in mezz’ora, mezz’ora passata in fretta, altra solitudine quella di lui, che si era separato da poco.
Alla fine si dettero appuntamento per una pizza proprio quella sera e lei si allontanò con un sorriso, dimenticando l’acqua della pozzanghera che l’aveva bagnata, dimenticando lo sporco, pensando a come farsi bella, in qualche modo, per la serata.

1 commento:

  1. le meraviglie del raccontare si snodano,s'espandono, sciolgono la fangosità del nero asfalto e donano, come a linda,l'incanto di un nuovo incontro
    paolo brondi

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