domenica 24 dicembre 2017

Il corpo? Quasi un'astrazione

Persino nel pensiero giuridico, che dovrebbe essere più attento alla concretezza del soggetto,  si assiste ad una rappresentazione del corpo svincolata dalla sua specificità individuale

di Paolo Brondi

“La fine del XX secolo segna la svolta, per il pensiero giuridico, di scoprire il corpo, mentre il sistema di pensiero in cui si muoveva, era stato costruito duemila anni prima, perché non se ne parlasse e perché il giurista abbandonando la sacralità di questa cosa al prete e la sua trivialità al medico, potesse ricostruire un'umanità popolata di persone, ovvero di creature giuridiche, cioè create dal giurista", così osservava il grande antropologo Luis Dumont (Homo Hierarchicus. Il sistema delle caste e le sue implicazioni, Milano Adelphi, 1991).
In realtà, nonostante il progressivo sviluppo del pensiero giuridico e in genere del sapere, si assiste ad una “decostruzione del corpo”, se è vero che ancora oggi vi è la sua identificazione per mezzo delle immagini esibite attraverso la moda, la pubblicità erotica, i media: la velina del corpo.
Nella stessa dimensione giuridica non è il corpo al centro dell'attenzione del giurista, ma la sua astrazione, espressa con la voce persona: voce che non denota la concretezza della realtà umana ma la sua rappresentazione, l'immagine filosofica e giuridica di uomo. La virtualità domina nel mondo dei diritti, fatta di modi, modelli, figure; di parole come “fattispecie” che significa “immagine del fatto” e che quindi induce a cogliere più la forma che la sostanza degli accadimenti reali, perfino quelli della nascita e della morte: è il dato sociale che fa acquistare al corpo nato vivo, o morto, la qualità di persona e quindi la sua rilevanza giuridica.
Perché il mondo del giurista non appaia una realtà metafisica e il corpo rientri nelle sue competenze, occorre riconsegnare al corpo e alle sue proiezioni, il gesto, la parola, lo scrivere, il disegnare, la sua tangibilità, la sua dattilità, la sua carnalità, rispetto alla virtualità del suo esistere.

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