venerdì 8 dicembre 2017

Da qui si vede il mare - Maria (7)

La storia di Lorenzo e dei suoi amici di infanzia Nicola e Maria. Un rapporto che non lo protegge da atti di violenza per il segreto che custodisce e che lo porta verso la tragedia. A distanza di tempo, la ricerca della verità su quel suicidio è anche l’inizio di un percorso di crescita individuale

Romanzo
di Marina Zinzani

Riassunto delle puntate precedenti
Si può rimediare agli errori commessi? Al non aver capito i tormenti segreti di un amico, quando si era molto giovani?
Nicola ha ritrovato delle poesie di Lorenzo, il ragazzo dagli occhi blu che più di vent’anni prima non ce l’aveva fatta, morto suicida.
Rintraccia gli amici di allora, li ritrova entusiasti all’idea di pubblicare queste poesie, esaudendo all’antico desiderio di Lorenzo: un suo libro esposto in una libreria.
Solo una ragazza non è entusiasta dell’iniziativa: Maria. C’entra qualcosa con la sua morte, con le accuse che avevano indotto Lorenzo al suicidio?
Il romanzo è pubblicato a puntate, in queste date: 20, 23, 26, 29 novembre; 2, 5, 8, 11 dicembre 2017. Ognuna con brevi note illustrative, anche per dar conto delle puntate precedenti.

MARIA
(7 capitolo)

Faceva freddo, e Milano appariva opaca, con una nebbiolina che sembrava sfumare i contorni dei palazzi. Milano era il tram, quotidiano viaggio che aveva suggestioni del passato, sedersi su panche di legno laccate, guardare la persona che stava seduta di fronte, pensieri.
Milano era la vecchietta gobba che faceva fatica a scendere, la donna che parlava alla sua nipotina con voce calma, uno sguardo scambiato con uno sconosciuto e gli occhi abbassati, guardare la borsa, le scarpe di chi era seduto vicino.
Milano era la giovane con gli auricolari, assente e dinamica con le scarpe da ginnastica, che scendeva veloce alla fermata. Era la giovinezza sicura e omogenea, stessi abiti, stessi cellulari, stesso taglio di capelli, stesse parole, stesso smalto dai mille colori, stesso distacco.
Milano e i pensieri di Nicola nel tram, i ricordi.
I Navigli. L’ultima serata insieme. Maria che non si faceva più sentire dopo il viaggio a Venezia. Nicola che parlava, parlava…
“Ho visto Maria con uno… Avrà qualche anno più di lei… “
I Navigli del sabato sera.
“Certo che dopo Venezia non è stata più la stessa… mi sembra che se la tiri molto… come se gli avessimo fatto qualcosa… non so… le donne… vai a capirle le donne…” continuava a parlare Nicola.
La bancarella con lo zucchero filato, le mandorle ricoperte, il croccante tagliato a rettangoli.
“E poi, io mi dico, sei uscita un sacco di volte con noi e adesso trovi delle scuse… capisco se hai uno… ma anche bere qualcosa insieme… potrebbe portare il suo tizio, nessuno glielo proibisce…”
La voce di Nicola riempiva il silenzio, bancarelle di dolciumi e luci.
“Avevamo detto che saremmo andati a New York insieme… certo, ci vogliono tanti soldi… era un’idea così…”
Camminavano e Nicola continuava il suo monologo.
“Certo… l’ho vista l’altro giorno ed era così in tiro… truccata, con dei pantaloni stretti e una maglietta… è fatta bene e sa di esserlo… chissà quello…”
Una lavagnetta con i menù esposti.
“Quello non se l’è fatta scappare… una così non la trovi tutti i giorni… ci ha fatto morire dal ridere delle volte… ti ricordi quando raccontava le barzellette?”
Lorenzo non rispondeva, camminava, guardava per terra.
“Anche in costume non era male. Aveva una quarta di reggiseno sicuramente… Deve avere preso da sua madre, è ancora messa bene…”
Una barca con le luci accese.
“E poi mi sa che si fosse presa una cotta per te, non so… mi dava quest’impressione… mi ricordo che le si illuminavano gli occhi quando arrivavi…”
Fermarsi. Di colpo.
“La vuoi smettere?”
Silenzio.
“Cosa ho detto…?”
“E’ tutta la sera che la meni con Maria! Maria di qua, Maria di là! Mi hai stufato! Parla d’altro, no?”
Non l’aveva mai visto così Lorenzo.
“Perché non ci hai provato tu allora, se ti piaceva tanto!”
“Mah… io dicevo così per dire… “ si giustificò Nicola.
“Ma vai a quel paese… lasciami in pace… dì almeno dove vuoi arrivare! Vuoi sapere perché non ci sono andato a letto, è questo che vuoi sapere? Cosa ti ha detto lei?”
“Niente, niente…”
“Senti, io torno a casa da solo. Buonanotte.”
Quella serata sui Navigli fu il loro ultimo incontro.

*********

Il cameriere appoggiò sul tavolo gli aperitivi. Nella stanzetta del locale, in un tavolo appartato, si erano ritrovati Nicola, e gli altri che erano andati alla presentazione del libro. C’era anche il professore.
“Allora, Nicola, hai portato le poesie, ha detto Romana…” chiese Barbara.
“Sì… le ho qui…” rispose Nicola, aprendo la borsa di plastica e mettendo un gruppo di fogli sul tavolino.
Piano piano quei fogli finirono nelle mani di Barbara, Andrea, Guido, Romana. Anche il professore li prese in mano.
Nessuno diceva nulla, nessuno beveva, né mangiava gli stuzzichini che aveva portato il cameriere. Un silenzio era calato, mentre loro si passavano i fogli.
“Questa l’hai letta?”
“Sì, bellissima, leggi questa, anche questa è molto bella.”
I fogli giravano fra le mani, Nicola poggiava a volte lo sguardo sul professore, e si chiedeva se avesse accettato subito di scrivere la prefazione, e tornare a quella storia…
Ma erano pensieri stupidi, come tante cose che pensava di solito. Gli occhi bagnati di Barbara, la voce che Guido cercava di schiarirsi, la testa che Romana scuoteva, le mani di Andrea che non si staccavano da una poesia, il professore che aveva un’espressione visibilmente turbata: tutto parlava d’altro.
E Nicola pensava ancora al pettegolezzo, al professore che ci metteva la faccia, senza nessuna paura…
Si sentì un’idiota, ma cominciava a sentire freddo, un freddo terribile. Loro l’amavano, Lorenzo, forse più di quanto l’avesse amato lui.

*********

Le cose che stanno dietro gli sguardi stanchi. La poca voglia di muoversi, di agire, rinchiudersi la domenica in casa davanti alla tivù, scambiare poche parole con quella che è diventata tua figlia. Nessuna voglia di prendersi cura del tuo corpo che si sta abbandonando al risucchiare del tempo, tu non opponi resistenza, non ti iscrivi ad una palestra, non decidi di giocare a tennis, non vai a nuotare in una piscina. No, perché non ce la fai.
Il tuo corpo è fermo, e tu non hai voglia di muoverlo, di reagire. Portarsi dietro un peso da più di vent’anni. E quel peso non dirlo a nessuno.
Si erano lasciati male, quella sera ai Navigli. Lorenzo era esploso, quelle parole avevano ferito Nicola. In fondo cos’aveva detto? Maria se n’era andata e lui non aveva capito perché, era accaduto qualcosa a Venezia che gli era sfuggito, e Lorenzo non ne aveva parlato.
“Cosa ti ha detto lei?” Quella frase risuonava nella mente di Nicola, cosa doveva dire Maria di Venezia, cosa aveva tanto innervosito Lorenzo?
Sì, c’era una cosa anche evidente, era così evidente che Nicola non l’aveva neanche mai notata, mai percepita come si percepisce un sospetto: Lorenzo non aveva mai avuto una ragazza, da quando si conoscevano. Sembrava apprezzare delle ragazze, aveva fatto dei commenti delle volte, ma in fondo non l’aveva mai visto veramente con qualcuna. Era una cosa così palese, però c’erano altre spiegazioni. In fondo, anche lui, a parte qualche breve storia, di ragazze non ne aveva avute molte.
E forse la vicinanza continua di Maria gli aveva fatto delineare una possibile storia fra i due, come se fossero segretamente attratti e nessuno facesse il primo passo, Maria perché aspettava che si dichiarasse Lorenzo, lui, timido, con la paura di essere rifiutato. Qualche volta Nicola aveva avuto questa percezione. Sbagliata, come tante cose della sua vita.
Sbagliato come un matrimonio con una donna così diversa da lui, che parlava, parlava, senza nessun acume, nessuna profondità, sbagliato come il suo essere padre, rilegato negli anni sempre più ad un bancomat per assecondare la figlia, con cui riusciva a malapena a scambiare qualche parola.
Sbagliato nell’allontanarsi dai compagni di allora, non saperne più niente. E invece quelli erano rimasti in contatto fra loro, non si erano arresi agli anni, ai lavori che toglievano ogni energia, alla fatica dei figli da crescere, ai mutui da pagare, non si erano arresi a quello che era successo e alla morte di Lorenzo e come sopravvissuti avevano continuato a frequentarsi.
Era come se le lezioni del professore avessero lasciato dei semi nelle loro vite e quei semi erano poi cresciuti ed erano diventati piante, fiori, ed ognuno aveva cercato una strada, attraverso il volontariato, la cultura, i libri, ed erano rimasti con quella curiosità dei diciotto anni. E il professore era con loro, anche lui un sopravvissuto, un uomo che aveva perduto tutto, moglie, figli, rispettabilità, eppure non si era arreso, e quelli erano diventati come suoi figli.
Nicola l’aveva visto premuroso con loro dopo la presentazione di quel libro, l’aveva visto mettere una mano sulla spalla di Romana come un padre anziano, l’aveva visto chiedere ad Andreino quando sarebbe ripartito...

*********

Dopo il litigio con Lorenzo, Nicola aveva preso ad uscire con Sergio, era uno che vedeva ogni tanto, aveva un sacco di amici, giri strani in cui si univano gruppetti così diversi da loro, e lui faceva quasi da catalizzatore.
E poi Nicola aveva voglia di conoscere delle ragazze, di darsi anche un po’ da fare, com’era naturale a quell’età, e così aveva cominciato ad uscire con lui, accantonando Lorenzo che non gli telefonava più. Gli passerà, aveva pensato allora Nicola.
Le voci sulla storia di Lorenzo e del professore erano nate e nessuno aveva saputo da chi. Il professore era conosciuto, un esteta lo definivano in molti, un raffinato, un uomo d’altri tempi che si vestiva come un dandy, e questo bastava ad alcuni per associarlo a poca virilità, e anche se aveva moglie e due figli cosa significava… il mondo era pieno di gente dalla doppia vita, che camuffava la propria omosessualità con la famiglia…, questo si diceva in giro.
Nel pieno delle voci, Nicola era andato una sera in pizzeria con Sergio. Quel ragazzo dai capelli lunghi biondi lo guardava in modo strano, lo fissava e Nicola sentiva quello sguardo addosso, provando imbarazzo.
Nicola cominciò a pensare che forse non era stata una grande idea uscire con lui, di cosa avrebbero parlato poi? Cosa c’era da dire? Parlare di ragazze, di feste che quello voleva organizzare?
Parlarono di Lorenzo. Così, con una birra in mano e gli occhi di Sergio fissi su di lui. Nicola tagliava la pizza, e qualcosa gli saliva su, un senso di nausea, come se non avesse più voglia di mangiare, come se la pizza avesse troppo formaggio e quel formaggio gli apparisse improvvisamente pesante, difficile da digerire…
“Ma tu non ti sei mai accorto di nulla? Hai girato con lui per anni, qualcosa devi avere notato.”
“Ma no…” aveva sussurrato Nicola, scuotendo la testa.
“Beh, si sa che il professore faceva le lezioni a casa sua per sedurre qualcuno…”
“Sedurre….! Ma dai! Non esageriamo…”
“Certo che tu Nicola sei un ingenuo… d’altronde siete usciti per anni con Maria e una così ve la siete fatta scappare…”
“Cosa vuoi dire?”
“Che l’altro giorno l’ho vista con uno… lo conosco, abita in un palazzo di Corso Venezia, è uno che ha dei soldi, quello…”
Nicola abbassò lo sguardo, tagliò la pizza lentamente…
“D’altronde giravate insieme e non è successo niente… ci sarà pure un motivo…”
“Forse è successo e non si sa…” cercò di dire Nicola, con sorriso enigmatico.
“Dici? Lei ha sempre detto di no, eravate solo amici, voi tre. Strano, vero?”
“Non ci trovo niente di strano… Giravamo insieme…”
“Sì, giravate insieme e intanto Lorenzo se la passava con il professore, che schifo…”
“Sono voci assurde…”
“Voci vere e tu Nicola sei stato l’ultimo a saperlo. Come il marito cornuto, proprio come lui…”
“Marito cornuto… cosa stai dicendo?”
Sergio si fermò. Bevve dal suo boccale di birra, e si passò la mano sulla bocca per pulirsi.
“I mariti cornuti sono quelli che sanno le cose per ultimi. Quello che gli succede è davanti agli occhi e loro non vedono. O non vogliono vedere… o gli va bene così.”
“Stai dicendo un sacco di sciocchezze.”
“Perché lo difendi tanto Lorenzo? E il professore? Ha fatto delle proposte anche a te? Vi vedevate lì da lui e ci provava con tutti e due, però ha preferito il marocchino, perché, si sa, quello ha certi gusti, roba strana gli piace… devi dirmelo, Nicola, perché se non me lo dici vuol dire che anche tu ci andavi dal professore e la cosa fa veramente un po’ schifo… scusami ma è così… già dicono che vogliono mandarlo via dalla scuola, magari è un pedofilo, potrebbe averlo fatto anche con i bambini… e tu che non ti accorgi di nulla… non è credibile, dai… giri con il marocchino per anni, siete inseparabili e non ti accorgi di niente, che a lui piacciono gli uomini, che non ha uno straccio di ragazza, che non si sa di nessuna storia sua, già questo dice tutto, ci sarà pure un perché, no, guarda, non vorrei che tu fossi come lui, mi dispiacerebbe, veramente…”
“Senti… io non sono come lui… a me piacciono le ragazze.”
Frase peggiore Nicola non poteva trovare, non aveva retto al pressing di Sergio e le parole erano uscite senza riflettere, senza ragionare, senza capire che quell’essere odioso aspettava quello, la conferma dall’amico intimo di Lorenzo, e che un minuto dopo sarebbe andato a divertirsi, a riportare tutto in giro, a dire “Anche Nicola l’ha confermato che Lorenzo è un finocchio”, era questo che aspettava e Nicola era caduto nella sua trappola e non aveva più potuto rimediare a quell’incendio che era divampato, che aveva contribuito ad alimentare. Bastava rispondere “Lui ne avute di ragazze, ma non lo dice in giro, io lo so.” Bastava quello.

*********

Maria si spruzzò il profumo. Poi si passò la mano sui capelli, si diede un’ultima occhiata allo specchio, ed uscì dalla stanza.
Il buffet era al primo piano dell’albergo, prese l’ascensore e quando arrivò notò che la sala era già piena di gente. Orlando, suo marito, stava parlando con un uomo e le gettò un’occhiata d’intesa.
Era sposata da una decina d’anni e non aveva avuto figli. Si divideva fra la vita a Milano, in un bell’appartamento del centro, e un cascinale in Toscana dove passava le vacanze. Ma passava anche dei week-end in qualche resort di lusso, ogni tanto faceva viaggi in posti esotici, aveva amici che riempivano la sua casa e le sue serate.
E quella sera era lì al buffet, dopo un congresso medico, in cui aveva parlato suo marito. Indossava un paio di pantaloni neri e una camicia color champagne, aveva i capelli raccolti con qualche boccolo che le scendeva sul viso, il trucco non eccessivo, le scarpe di pelle lucida nera con il tacco altissimo.
Orlando le andò incontro.
“Allora, hai fatto un giro per Gardone?”
“Sì, ho comprato qualcosa. Bei negozi, è bello il lago in questo periodo.”
“Hai visto che c’è anche Romoli, possiamo dirgli se ci vediamo una sera, magari ti metti d’accordo con sua moglie…”
“Sì, diglielo pure, possiamo fare uno di questi sabati…”
Le cene in casa sua, preparare tutto con cura, non cene banali tipo spaghetti al pomodoro, no, cose ricercate che potessero colpire i suoi ospiti, fare loro capire che ogni cosa era curata in quella casa, anche l’arredamento essenziale, zen, i mobili di design, anche gli aperitivi, anche le tovaglie e i servizi della tavola… E poi la cura del corpo, combattere gli anni che avanzavano, il nuoto, il footing nel parco, la palestra, i massaggi, le creme costose, il parrucchiere, i vestiti firmati, un’eleganza ricercata ma non eccessivamente vistosa, i negozi del centro, qualche follia che però si poteva permettere, Orlando guadagnava bene, e anche lei, con il lavoro nella ditta di prodotti omeopatici, guadagnava discretamente…
Maria prese un aperitivo fra le mani, e si avvicinò alla finestra. Il lago di Garda aveva dei colori veramente belli, a quell’ora. Striature arancioni, rosa, blu, si erano come posate sull’acqua, e quel gioco magico di colori si univa alla sensazione che dava il lago di sera, gli uccelli, le barche, i ristoranti che cominciavano a riempirsi, la temperatura che si abbassava, un caffè seduti ad un tavolino davanti all’acqua.
Aveva deciso, non si sarebbe fatta più viva con Nicola. Solo se lui l’avesse chiamata, allora…
L’aveva visto al bar, invecchiato, si era presentato con quel discorso sulle poesie di Lorenzo, le voleva pubblicare, e tornava così, dopo tanti anni, e tirava fuori quella storia… Poesie, perso in un libro di poesie… e lei che aveva dovuto fare finta di essere interessata, assecondarlo… Ma se lui non si fosse fatto più vivo era meglio, lei non aveva certo voglia di cercarlo… E quell’agenda, quel diario, cosa cavolo aveva scritto Lorenzo?
La sua vita era lì ora, scandita da cose in fondo piacevoli, gente di un certo livello, era stata appagante finora. E Orlando era un buon compagno, molto preso dal suo lavoro, un medico di un certo livello, e d’altronde le sue parcelle parlavano chiaro…
Tutto era a posto, tutto era perfetto. Il punto era… si era innervosita dopo avere visto Nicola…. Da allora un’irritazione sottile, un’antipatia per lui era entrata nei suoi pensieri, e lei si era detta che doveva fregarsene, non voleva più vederlo Nicola, poteva non farsi più sentire e dirgli di essersi dimenticata di quelle poesie… sì, dimenticata… e poi era da un po’ che non si faceva vivo, era meglio così, forse aveva lasciato perdere…
I colori del lago si stavano mutando, ora l’arancione diventava più sottile…
L’acqua, il sole e i riflessi dorati che entravano dalla finestra. Venezia al risveglio, una breve vacanza lontano da tutto, con Nicola e Lorenzo. Lei, in stanza da sola, si stava vestendo. E anche Lorenzo era solo, perché Nicola, che si era alzato presto, era in giro chissà dove.
Lei poco dopo l’aveva chiamato e aveva cominciato a scherzare con lui, a fargli i dispetti. Poi avevano guardato dalla finestra il canale e la vita di Venezia al mattino, la foschia, le barche, lei gli aveva messo una mano sulla spalla e si era abbandonata con la testa sul suo petto… Lui le aveva accarezzato i capelli… Allora lei aveva appoggiato il suo volto verso quello di lui, ne aveva cercato le labbra…
La testa di Lorenzo improvvisamente girata, lui che si stacca dalla finestra e dice “Chissà dove si è messo Nicola”, il suo guardare l’orologio, la guida della città che prende subito in mano: Maria aveva fatto finta di niente, di nascondere ciò che sentiva, ciò che era, mortificata, imbarazzata. Delusa.
E poi, giorni dopo…
Quel pomeriggio era andata da sola dal professor Riccardi, la porta era stranamente socchiusa e allora lei era entrata. Impacciata, stava per dire “Permesso”, farsi sentire, ma un lieve brusio aveva attirato la sua attenzione. Si era avvicinata lentamente verso la sala. Ora il brusio era più nitido, erano voci fitte e sommesse. Poi silenzio.
La porta della sala era leggermente aperta. Aveva inclinato la testa e sbirciato dall’uscio. Vi si vedeva un grande specchio ovale che rifletteva un’immagine. Due persone, Lorenzo e il professore. I due erano molto vicini fra loro, le era sembrato che il professore tenesse delicatamente una mano sul braccio di Lorenzo. Poi, improvviso, inatteso e sconvolgente, un bacio.
Quante volte Maria aveva ripensato a quella scena, quante volte si era chiesta se non avesse avuto una visione. Quante volte si era chiesta se il riverbero del sole, il riflesso dello specchio, non le avessero giocato un brutto scherzo. Ma no, era tutto vero.
Il professore aveva reclinato il capo e avvicinandosi aveva dato un bacio a Lorenzo. Un bacio, un bacio vero. Un bacio che Lorenzo, pochi giorni prima a Venezia, le aveva rifiutato.
Come se il respiro di Maria fosse diventato rumoroso, il professore si era girato e l’aveva vista.
“Scusi professore… dovevo restituirle il libro… la porta era aperta…”
Aveva lasciato sul tavolo il volume, scambiato poche parole, con Lorenzo che stava a testa bassa e il professore pallido, poi era andata vita.
Lo raccontò dopo qualche giorno alla sua migliore amica.
Aveva fatto entrare mille pensieri dentro la sua mente, come fogli di carta che riempiono una scatola, e su ogni foglio c’era scritto qualcosa. Lorenzo soffriva per la lontananza del padre, per il suo essere di un paese lontano, per la sua omosessualità, per una malinconia che lo prendeva a momenti e che lo portava a rinchiudersi, forse c’erano i segni di una depressione che poteva essere curata, la madre era troppo occupata dal lavoro e non lo seguiva, lui voleva diventare uno scrittore ma era una strada che non avrebbe portato da nessuna parte e questo lo sapeva, forse sarebbe diventato un frustrato, aveva poca dimestichezza con la realtà, si chiudeva nelle sue fantasie, aveva una visione troppo delicata della vita, si nutriva di scrittori che avevano scritto cose inadatte ad un giovane, aveva pochi amici, non amava ballare, giocare a calcio, non amava la vita che facevano gli altri, quelli dalla sua età.
Quella scatola con tutti quei fogli si era riempita e aveva impedito ogni perplessità, ogni pensiero critico, ogni senso di colpa.
L’incontro recente con Nicola l’aveva spiazzata. L’aveva tramortita quasi, e lei aveva capito quel sottile giro di parole, “sorpresa… hai fatto una sorpresa?” ma aveva fatto finta di niente. Nicola ci pensava ancora, a Lorenzo…
 Avvertì un brivido di freddo, avrebbe dovuto portarsi la giacca nera… La luce del sole se ne stava andando, l’acqua aveva raccolto le ultime striature arancioni, e si intravedevano delle luci lontane…
E per un attimo fu come se la scatola si fosse aperta, e i fogli, quei fogli, fossero volati per aria, usciti dalla finestra aperta e andati a spandersi ovunque e la scatola ora appariva spoglia e in quella scatola c’era solo una foto, loro tre insieme ad Alassio, quella foto che si erano fatti scattare da uno sconosciuto, Nicola che mostrava i bicipiti, Lorenzo con un sorriso enigmatico, lei che faceva una smorfia. Ce l’aveva ancora da qualche parte, quella foto.
E allora non ci fu più niente attorno a sé, né le persone, né il buffet, né la stanza. C’era una ragazza che non riconosceva, con dei jeans larghi e un grande cappello, che rideva, che faceva finta di strozzare Lorenzo, che stava stretta dietro a Nicola nel suo motorino. Provò una malinconia improvvisa per quella ragazza, perché non c’era più.
“Maria, ti presento un collega, vieni” la scosse la voce di Orlando.
Allora lei si girò, passandosi una mano sugli occhi, e cominciò a intrattenere cordialmente quell’uomo, e intavolò con lui una buona conversazione come sempre.

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