sabato 2 dicembre 2017

Da qui si vede il mare - Poesie (5)

La storia di Lorenzo e dei suoi amici di infanzia Nicola e Maria. Un rapporto che non lo protegge da atti di violenza per il segreto che custodisce e che lo porta verso la tragedia. A distanza di tempo, la ricerca della verità su quel suicidio è anche l’inizio di un percorso di crescita individuale

Romanzo
di Marina Zinzani

Riassunto delle puntate precedenti
I ricordi riaffiorano per Nicola, torna come una presenza misteriosa l’amico Lorenzo, il ragazzo dagli occhi blu, scrittore e poeta, con un delicato segreto.
Tornano gli scritti di Lorenzo, ritrovati dalla cugina dopo la morte di sua madre. Lui se n’è andato da vent’anni, dopo pesanti accuse sulla sua omosessualità, non ce l’ha fatta. Un balcone di sera, e un volo.
Nicola cerca di riannodare i fili di allora, e crede di avere trovato qualcosa di importante in un appunto di Lorenzo. La ricerca di verità si accompagna alla ricerca di trovare una propria pace: è questo il percorso che Nicola sente di compiere. E per trovare la verità deve ritrovare Maria, l’amica fraterna di entrambi.
Il romanzo è pubblicato a puntate, in queste date: 20, 23, 26, 29 novembre; 2, 5, 8, 11 dicembre 2017. Ognuna con brevi note illustrative, anche per dar conto delle puntate precedenti.

POESIE
(5 capitolo)

Nicola si era finalmente deciso. Avrebbe incontrato Maria. Era diventata un’ossessione, un bisogno di chiarire che non poteva essere rinviato.
Doveva sapere, sapere se lei aveva avuto delle responsabilità nella serie assurda di pettegolezzi, di calunnie, che aveva colpito Lorenzo prima di morire, e che quasi sicuramente lo avevano portato alla morte.
La storia presunta fra lui e il professor Riccardi: a suo tempo, poco dopo la morte dell’amico, Nicola aveva indagato, aveva cercato di sapere chi avesse messo in giro quelle voci, chi avesse giocato così facilmente con la vita di un ragazzo e di un professore, per giunta con moglie e figli.
Aveva fatto domande, aveva cercato di mostrarsi perplesso per vedere se qualcuno diceva le cose con certezza. Ma non riuscì a sapere niente, niente di veramente chiaro. Era tutto un “si dice”, “li hanno visti che si baciavano”, “erano in un parco insieme”, fino agli scenari più improbabili: avevano una relazione da anni, il professore ci provava con i ragazzi, ma anche con le ragazze, li faceva andare a casa loro quando la moglie non c’era, e tante altre cose, che Nicola sapeva non potevano essere vere.
Ma la maldicenza, il pettegolezzo, avevano ucciso. Nicola ne era sicuro, e il suo rammarico in tutti quegli anni era stato quello di non essere stato diverso, diverso da come era allora.
L’appunto di Lorenzo sull’agenda apriva uno strano, incredibile scenario. Anche Maria era una del gruppo del sabato pomeriggio, anche lei frequentava quindi la casa del professore, come Lorenzo. Poteva essere stata lei a mettere in giro quelle voci? Lei che per Lorenzo era l’amica, la sorella?
Era riuscito a rintracciarla attraverso la sua e-mail che lei stessa gli aveva spedito insieme a della pubblicità su dei prodotti omeopatici.
L’appuntamento era per le cinque in un locale all’aperto del centro.
L’aria era fresca e frizzante. Nicola per precauzione si infilò un pullover leggero sopra un impermeabile grigio. Aveva piovuto nei giorni precedenti. Decise di fare un pezzo di strada a piedi, dalla fermata della metropolitana.
Si sentiva emozionato. Si chiese come fosse Maria ora, dopo tanti anni.
In verità si erano visti alcuni anni prima causalmente in centro, la prima volta in una gelateria e lei palesemente aveva finto di non vederlo. Era in compagnia, sotto il braccio di un uomo più anziano di lei, lo aveva visto e aveva voltato lo sguardo verso il suo compagno. Nicola, imbarazzato, si era allontanato.
La seconda volta invece era stata lei a chiamarlo, comparsa come dal nulla in una via del centro con aria indaffarata, piena di pacchi e pacchettini con un vestito e un cappellino color nocciola. Lo aveva quasi abbracciato.
“Ciao, ciao Nicola, come va? Quanto tempo…” e si erano messi a parlare delle proprie vite… Poi lei gli aveva dato un bacio sulla guancia e allontanandosi gli aveva detto “telefoniamoci…”
Siccome Nicola era in largo anticipo si fermò davanti a una vetrina di vestiti. Il riflesso confuso che il vetro gli diede non gli piacque molto. Un uomo appesantito nel suo impermeabile grigio, con un qualcosa di goffo, di inelegante. La fronte già abbondantemente stempiata, le guance cadenti.
Quando Nicola arrivò al locale dell’appuntamento, non c’era ancora nessuno.
Si sedette al tavolino e disse al cameriere che stava aspettando una persona. Guardò nervosamente l’orologio. Era in perfetto orario, pensò. Chissà se Maria aveva perso l’abitudine di farsi sempre aspettare…
Ma l’arrivo della donna lo distolse dai suoi pensieri.
Maria si materializzò dal nulla. Un completo pantaloni grigio, un cappello e una borsa.
“E’ molto che aspetti?”
“No, no, cinque minuti”
Lei lo baciò sulla guancia.
“Ti trovo bene” disse la donna.
“Tu, piuttosto, sei sempre in forma” abbozzò Nicola.
Maria non sembrava molto cambiata: i capelli le scendevano fluenti sulle spalle, un trucco leggero le incorniciava gli occhi, la pelle era levigata.
“Hai già ordinato?”
“No, ma ora rimediamo subito.”
Nicola chiamò il cameriere e ordinarono due caffè.
“Allora, Nicola, come ti va?” chiese lei accavallando le gambe.
“Beh, non c’è male, la solita vita… Lavoro, più che altro.”
Ci fu un momento di silenzio. Poi Maria chiese di sua moglie, di sua figlia. Anche lui fece domande banali, se era ancora sposata, se aveva avuto figli...
“Cosa volevi dirmi?” chiese lei, dopo un po’.
Nicola abbassò gli occhi. Cercava di trovare le parole.
“Sai, è successa una cosa strana… Mi ha telefonato Agata, la cugina di Lorenzo, te la ricordi?”
Maria rimase perplessa.
“Sì, sì… me la ricordo…”
“Beh, la mamma di Lorenzo è morta da poco, e lei si è trovata degli scritti di lui… ti ricordi quanto scriveva… voleva pubblicare qualcosa… era il suo sogno…”
Maria prestava attenzione.
“E quindi?”
“Mi è venuta una certa idea. Ci sono molte poesie, fra le cose che ha lasciato, ho pensato che si potrebbero pubblicare…”
“Pubblicare?”
“Sì, forse non sarebbe così difficile… a pagamento, certo, non pretendo di trovare una grande casa editrice.”
Maria abbassò gli occhi, come se ragionasse.
“Se pensi che sia una cosa buona, fallo, fallo pure… Se vuoi contribuisco, quanto può costare?”
Nicola alzò gli occhi, la fissò.
“Non so, non saprei dire. E’ un’idea, tu cosa ne pensi?”
“Sì, può essere un’idea, perché no… Certo, devi valutare chi lo leggerà, dove puoi collocarlo un libro così…”
Arrivò il cameriere con i caffè. Nicola prese il portafoglio e pagò il conto.
“Diciamo che un’idea ce l’avrei. Ti ricordi Romana?”
“Romana Stracci?”
“Sì, proprio lei, ha una libreria, vende anche libri usati, non è un grande negozio, però le ho parlato e mi ha detto che potrebbe contattare qualche editore, a pagamento s’intende, e potrebbe esporre lei il libro di Lorenzo, se lo pubblichiamo…”
“Romana… è da un secolo che non la vedo…”
“Quindi, cosa ne pensi?”
Maria sembrava pensare a qualcosa…
“Sì, è una bella idea. Tu ce l’hai la mia e-mail, mi dici quanto può costare e io ti faccio sapere…”
Nicola quasi sorrise. Era disorientato da quella risposta. Non sapeva se era deluso, sapeva solo che aveva davanti una donna che era lontana anni luce da quella che conosceva allora. Bastava guardare i suoi abiti, i suoi gioielli, non troppo vistosi ma ricercati, la borsa firmata, l’alone che quella figura emanava. Come se fosse distaccata da quello che lui le aveva raccontato, come se la sua partecipazione fosse rapportata solo al denaro, a quanto costava.
Allora Nicola si fece forza.
“Sai… fra le cose di Lorenzo che mi ha mandato Agata, c’è anche la sua agenda, una specie di diario…”
Maria lo fissò sorpresa.
“Diario?”
“Sì, una specie di diario, c’erano degli appunti, parlava anche di Venezia, ti ricordi del viaggio che abbiamo fatto a Venezia…?”
Il tono di Maria cambiò.
“Sì, certo, mi ricordo.”
“Beh, pensa che Lorenzo aveva scritto anche una postilla in una certa pagina… una cosa strana… “Maria ci ha sorpreso”… Sai, a distanza di anni non mi è venuto in mente a cosa si riferisse, se tu ci avevi fatto una sorpresa…”
Maria bevve il caffè. Diede un’occhiata al cellulare e controllò qualcosa, poi lo ripose sul tavolo. Non lo guardava negli occhi.
“Sai che non mi ricordo niente? E’ passato così tanto tempo… Certo, Lorenzo annotava tante cose, magari erano appunti per scrivere dei racconti, chissà…”
Nicola la fissava.
“Non ti ricordi, quindi…”
Maria scosse la testa.
“Sai che devo scappare? Sono venuta ma avevo poco tempo a disposizione. Comunque l’idea di pubblicare le poesie è buona, tu la mia e-mail ce l’hai e quindi ci teniamo in contatto, vediamo di che cifra si parla… se ci tieni…”
Nicola la salutò, e la vide andarsene. Lui l’accompagnò con lo sguardo, in una sorta di amaro sorriso.

*********

C’era un uomo nel negozio, che si apprestava a pagare. Nicola era entrato e aveva avuto subito con Romana un cenno d’intesa. Si era messo a guardare dei libri su uno scaffale, mentre quel cliente le chiedeva ancora una cosa. Poi, quando se ne fu andato, Nicola le si avvicinò.
“Nicola, ho grandi notizie. Ho parlato con quell’editore che conoscevo, ci fa un buon prezzo per pubblicare il libro di poesie di Lorenzo.”
Nicola sorrise.
“E quanto vuole?”
“Parla di cinquecento euro al massimo, non è una grande cifra. Gli ho raccontato la storia, ha capito…”
“Già…”
“Poi non ho finito… cosa credi… mi sono data da fare… Ho parlato con Barbara, Barbarella, te la ricordi? Anche lei vuole contribuire alle spese, ha detto che è bellissimo pubblicare le sue poesie…”
“Barbarella?”
“Sì, proprio lei, noi ci vediamo ogni tanto. E poi non ho finito, l’ho detto anche ad Ottavia, te la ricordi?”
“Sì, sì che me la ricordo.”
“Anche lei contribuisce. Alla fine ci costerà circa cento euro a testa, o forse meno, perché lo sto dicendo ad altri che lo conoscevano…”
“Che brava. Mi stupisci.”
“Poi, c’è la perlina finale. Il professor Riccardi.”
“Riccardi?”
“Sì, proprio lui. Viene ogni tanto in negozio, parliamo, compra dei libri, mi dà dei consigli su cosa esporre.”
“Non ci credo. Incredibile.”
“Eh, certo… ma non solo… gli ho detto che hai trovato le poesie di Lorenzo, che bisognerebbe fare una cosa bella, ci vuole una prefazione come si deve, magari qualche commento, non solo poesie così, senza sapere niente di lui…”
“E lui…?”
“Ci pensava… però ha detto che sicuramente contribuisce. Sono sicura che farà anche la prefazione, è la persona più adatta per rendere il libro una cosa bella…”
Nicola deglutì. Non sapeva cosa dire. Romana era un vulcano di notizie. La guardò meravigliato. C’erano tutti gli anni addosso a lei, erano nel corpo un po’ ingrassato, nei capelli corti tagliati alla meglio, nell’abbigliamento non troppo curato, un paio di jeans larghi che non le stavano per niente bene e una maglia che metteva in mostra una certa pancetta. Eppure la voce eccitata, l’entusiasmo che si leggeva nei suoi occhi la facevano apparire viva, interessante, gradevolissima.
Le udiva ancora le parole di Maria: dimmi quanto può costare. Nessuna emozionalità, nessun interesse per cosa Lorenzo aveva scritto. Era sembrato un comportamento di circostanza il suo, avrebbe dovuto invece sgranare gli occhi, chiedere di vederle quelle cose che erano state trovate…
“Ma… Nicola… me le hai portate le poesie?” chiese Romana.
Nicola scosse la testa.
“No… no… non ci ho pensato…”
“E cosa aspettavi? Vorremmo leggerle, siamo incuriosite. Non solo, dimenticavo… anche Andrea, Andreino te lo ricordi… l’ho detto anche a lui… anche lui ci sta nella pubblicazione… Ha detto che è una bellissima idea…”
Nicola per un attimo si rivide nella vita di quegli anni. Come aveva vissuto, dove aveva vissuto? Non aveva più rivisto nessuno, Romana qualche volta la incrociava perché la vedeva in negozio e la salutava, ma non si era mai veramente fermato a parlarle, e non aveva avuto più rapporti con nessuno. Quelli di cui lei parlava erano i ragazzi che andavano dal professor Riccardi, che non era sparito, vedeva Romana nel suo negozio…
Nicola si chiese cosa facessero quelli di cui parlava Romana, che fine avevano fatto…
“E’ tanto che non rivedo quei ragazzi… Una vita…”
“Beh, io li vedo, sono in contatto… Andiamo anche a delle conferenze che fa il professor Riccardi, spesso presenta dei libri, o tiene delle lezioni, ci vediamo lì, fra le altre cose…”
“E lui sarebbe disponibile a scrivere la prefazione dopo quelle chiacchiere…?”
Nicola vide dall’espressione di Romana che aveva sbagliato frase, che aveva sbagliato tutto, come sempre. Ricordare, rinvangare, che essere minuscolo, chiuso, ancora lì a pensare, a riportare quella vecchia storia…
Romana abbandonò l’entusiasmo che aveva, il brio dei suoi occhi se ne andò, e una sottile commozione bagnò le pupille, una tristezza che le era venuta come se un pensiero improvviso le avesse fatto ricordare…
“E’ passato tanto tempo, Nicola. Il professore ne è uscito distrutto, non ha avuto una vita facile, da allora. Quando venne qui in negozio, la prima volta, era dimesso, con la barba, dimagrito, mi avevano detto anche che beveva… Poi, da discorso è nato discorso, e io gli ho detto quanto erano belle le sue lezioni, che quei sabati pomeriggio mi avevano lasciato un segno, che anche altri del nostro gruppo avevano questo ricordo… beh, è venuto sempre più spesso, ci siamo rivisti tutti insieme, non so, credo che gli abbia fatto bene, perché dopo l’ho visto meglio. Adesso fa tante cose, è tutta un’altra persona rispetto ad anni fa, è sempre un incanto ascoltarlo, non è mai banale…”
Nicola guardava come rapito il volto di Romana.
“Poi sai che si è separato…?” disse la donna.
“Sì… poco dopo…”
“Già… non gli è rimasto un buon rapporto con la moglie, e anche i figli li vede poco, credo che abbiano preso le difese della madre… forse per questo ci tratta tutti un po’ come i suoi figli, sai che anche a me dice di controllarmi, di stare attenta ai dolci, perché ho la glicemia un po’ alta…”
“Davvero?”
Nicola abbassò lo sguardo. Romana lo guardò diventare improvvisamente serio.
“E’ stata una brutta storia. Il professore ci ha rimesso la famiglia, perché sua moglie ha creduto alle voci, comunque si è consolata subito la signora, e Lorenzo… lui ha fatto la fine che ha fatto… non ha retto, povero ragazzo… negli ultimi tempi trovava anche scritto “checca” sul banco di scuola, arrivava e c’era chi si dava gomitate e rideva… con la sua sensibilità…”
“Si sentiva anche diverso, il padre marocchino…”
“Forse… sì… ma è stata la storia del professore… avevano messo in giro le voci di averli visti, e ne ho sentite di tutti i colori su di loro, anche che la moglie li aveva sorpresi e che aveva buttato il marito fuori di casa, che uno dei figli gli aveva sputato addosso… cose da non crederci, e poi che ci aveva provato anche con altri ragazzi, addirittura bambini, uno schifo è stato, uno schifo…”
“Non si è mai saputo chi è stato… chi ha cominciato…”
Romana lo guardò e tacque. Nicola sentì il suo sguardo addosso, lei aveva un’espressione enigmatica.
“E’ così, non si è saputo chi sia stato…” disse Nicola.
Romana taceva. Taceva e lo guardava e in quel momento Nicola capì: lei sapeva, sapeva e non diceva niente.
“Non ti sei fatta delle idee su chi era stato?” continuò lui.
“E tu te le eri fatte?”
Nicola scosse la testa. Doveva uscire. O forse restare e chiedere meglio cosa volesse dire, andare a fondo. Ma lei cambiò discorso.
“Senti, perché non vieni sabato ad un incontro con il professore? Presenta il libro di un tizio, è in una sala qui vicino. Dai, vieni, così incontriamo anche gli altri, c’è Barbarella, Andreino, così decidiamo cosa fare, dobbiamo pur trovarci per fare pubblicare il libro…”
“Era il sogno di Lorenzo, vedere un suo libro in una libreria…” disse Nicola commosso.
“Lo so, lo diceva a tutti. Per questo vogliamo tutti contribuire.”

*********

Nicola era sulla strada, aveva lasciato la libreria di Romana e piangeva. Le lacrime gli scendevano senza che potesse fermarle, impetuose, gli rigavano il volto. Camminava e piangeva fra la folla. Vide una chiesa e vi entrò, quasi a cercare un rifugio, quasi a proteggersi dagli sguardi dei passanti. Si sedette.
La prima partita di calcio del campionato. I risultati del lunedì. La campagna acquisti. Quel giocatore è un brocco. I libri fra le mani all’entrata della scuola, la stessa voglia di sentire il suono della campana e di uscire, di correre via. “Cosa fai oggi pomeriggio?” Gli sguardi con una ragazza, sorrisi ammiccanti, confidarsi con lui, dirgli che quella era bella, aveva delle belle gambe, un bel seno, insomma quelle cose che piacevano ai ragazzi. Percorrere insieme strade in motorino, con Lorenzo dietro, andare ad una festa dove c’erano delle ragazze sconosciute. La patente. Diciotto anni. Il Vietnam e gli americani. Anche i russi però non se la passano bene. Discussioni, il movimento studentesco, dobbiamo cambiare la scuola. La mamma di Lorenzo che non l’aveva visto tornare, la sua telefonata di sera, preoccupata. Lui che l’aveva ripreso, come fosse un fratello maggiore, non devi fare preoccupare tua madre. I pop-corn del cinema. Le risate. Maria che era la sorella di tutti e due, Maria che diceva “I miei ragazzi… se non ci fossi io…”
Il corpo disteso di Lorenzo all’obitorio. Bello come una statua greca. Una statua di marmo dai lineamenti delicati e perfetti, e quello che un tempo aveva dato luce attorno a sé ora aveva reso tutto marmo, i pensieri, il corpo, il cuore. Marmo che non si sarebbe più tramutato in altro, da allora. Bisognava cercare di conviverci, con quel pezzo di marmo. Così aveva fatto Nicola, così erano stati tutti quegli anni senza di lui.

1 commento:

  1. ...si, spesso proprio da chi dice di volerci bene, proviene il male più profondo .

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