mercoledì 19 dicembre 2018

Prima del tramonto

Le ombre che calano sulla relazione d'amore

di Paolo Brondi

Durante i mesi di distacco da Luisa, accaddero altri eventi che portarono nella mia vita grandi mutamenti. Fui coinvolto in casi ed esperienze che mi permisero di ripercorre all’indietro la vita rivalutando il passato e riscattando ogni dolore.
In occasione di un convegno di criminologia forense a Milano, presi la metropolitana per recarmi in piazza Duomo. Nella metro assai affollata, davanti a me vidi una giovane donna: capelli biondi e fluenti, occhi verdi con pagliuzze dorate. La guardai e all’istante si creò un simpatico gioco di sguardi ora sfuggenti, ora fissi e continui. Mi sorpresi a sorridere lievemente e lei, ancora più sorpresa, ma con una punta di malizia che le illuminava il viso, rispose al sorriso.
Che enorme illusione, che bluff stava nascendo! Non poteva sapere che era altro da lei quello che il mio sguardo, il mio sfumato sorriso, andava cercando. Non poteva sapere che lei, per me, era un semplice segno, o un sogno a occhi aperti che rimanda a un’altra donna, un ideale di donna, forse la Luisa di prima o un’altra. La metro si fermò. Aveva raggiunto il Duomo. Uscì una marea di persone ed io, senza sapere come, mi trovai accanto lei, la donna del bluff! Mi guardò con occhi birichini e mi chiese:
"Mi offre un caffè?".
Andammo al Biffi. Ci sedemmo fuori, un poco in disparte e ordinai due caffè con pasticcini. La osservai meglio, fuori dal sogno, e mi dissi “E' proprio bella! Giovane, avrà meno di trenta anni. Io ne ho quasi dieci di più”.
Guardandomi fisso, fu lei per prima a prendere la parola:
“Io amo la montagna, quando fasciata al mattino dalla nebbiolina e paesaggio fiabesco di colori inebrianti. Ecco, il suo sguardo, il colore dei suoi occhi su me, mi ricorda quei colori”.
L’ascoltai sorpreso e soggiunsi: “Sì di una montagna dei grandi silenzi, delle tempeste, delle notti nevose, del buio senza luna. Cambiano colore i miei occhi mutando condizioni e benessere o malessere”.
“Lo vedo-disse lei, passando al tu-ora mi sembrano illuminati e intensi”.
Ci presentammo. Lei si chiamava Gretel. Era una pianista e teneva concerti in varie città d’Italia e all’estero. Era cittadina svizzera e abitava a Ginevra. Mi propose di andare a trovarla, porgendomi il biglietto con tutti gli indirizzi, mi avrebbe ospitato con gioia nella sua casa, su quel bellissimo lago.
La ringraziai, le consegnai , sfiorandole la mano, il mio biglietto da visita e le promisi che, forse sì, un giorno, lo avrei fatto.
Uscimmo, andando verso la libreria Rizzoli. La galleria brulicava di gente che sembrava festante, forse per l’aria autunnale che apre i pori e stuzzica mente e desideri. Ci sedemmo su una panchina di pietra non lontano dall’ingresso della scala. Eravamo molto vicini e gli occhi di lei frugavano in quelli miei. Non glielo lasciai fare per molto. La baciai e il bacio si fece più intenso e caldo.
Tornato alla vita dello studio, sfogliai la posta. Si era rifatta viva Luisa, inviandomi per fax un lungo messaggio.
Luca caro. Mio caro Luca. Quanta malinconia e nostalgia in questi miei ultimi giorni. Torna in me costante la tua immagine, i tuoi moti, la tua simpatia di accenti, gli scatti di impazienza, la luce intensissima nel viso, negli occhi, nelle movenze tutte. Ripercorro la nostra eccezionale vicenda di due esistenze in parallelo che infine hanno sovvertito le regole euclidee, si sono incontrate ed hanno camminato insieme sempre più identiche nel solco dell’essere nel mondo e contro la banalità degli accadimenti tutti.
Ma come dice Calvino nelle sue lezioni americane, quando si vive un impatto eccessivo con il vedere il sentire, si finisce paradossalmente per conseguire il contrario. Si altera il senso del tempo, da estensivo a intensivo. Si velocizza la memoria. Ed è proprio dalla mia esperienza americana che in me è avvenuto un profondo rivolgimento. Vano è stato l’ascolto lungo delle sirene, le promesse di rinnovata e trionfante gioventù, la sfida della marcia lunga dei tempi in un cammino tutto a ritroso. La razionalità chiamata a rinserrare gli affetti, non senza una prevedibile devastazione interiore, sta ormai prendendo il sopravvento, suggerendo prosaicità di parole, azioni. Finirò per stabilirmi a Milano fra pochi giorni sarò in Scozia come principale interprete in un meeting finanziario.
Ho portato con me il tuo regalo. L’ho aperto. E’ meraviglioso! Lo conserverò come un tesoro il tesoro del nostro amore, l’unico vero amore donato dal tempo che è stato. E ora il mio tempo, come del resto forse il tuo, se ne va addensando le nebbie e seminando tutto un tappeto di foglie, la caducità delle foglie come di un amore. Che dire, che fare. Oggi non so, ma so che la mia vita dovrà cambiare. Ti abbraccio. Addio. Mio Luca, già la tua Luisa ”.
Una nuvola gonfia di pioggia oscurò la luce del sole e nella stanza si addensarono ombre. Similmente, i miei sentimenti, mentre leggevo quelle parole, trascoloravano passando dal roseo della sorpresa al nero-rossastro della malinconia. Avevo sempre pensato che non sarebbe durata, ma la sua presenza nel mio cuore e nella mia mente, per così lunghi anni, aveva lasciato una traccia indelebile e ora quelle parole evocanti caldo contatto e freddezza di fuga mi si rivoltavano dentro colme di lacrime. Riposi il messaggio in un cassetto della scrivania, forse, più avanti lo avrei riletto. Intanto, dissolte le nuvole, il sole compiva il suo giro e stava tuffandosi nel mare. Uscii dallo studio e a passi veloci raggiunsi la spiaggia riuscendo a cogliere l’attimo dell’ultimo barbaglio di sole.

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