giovedì 24 gennaio 2019

Il colore che andrà quest'estate

La moda: un mondo dalle mille suggestioni

di Marina Zinzani

Una sfilata di moda con suggestioni particolari. Un’immagine di donna che sa coniugare la modernità e l’antico, che riscopre l’essenza della femminilità, in un tripudio di colori e luce.
Durante una sfilata di moda il giornalista cerca di catturarne il fulcro, l’impressione che dà, cosa ricorda, cosa trasmette, e poi scrive. Come si vestirà la donna nella prossima stagione, quali saranno i colori, le tendenze.
In fondo sono solo vestiti. Il più delle volte idee di vestiti, fantasie, perché non accessibili alla maggior parte delle donne. Sono vestiti ma anche qualcosa di più, perché l’esteriorità può abbinarsi al profondo, l’estetica può accompagnarsi alla bellezza, che fa star bene l’anima.
L’idea che un cappotto, una borsa, un abito possano migliorare l’umore di una donna è cosa che fa sorridere. Ci sono molte sfumature, in questo argomento. C’è la rappresentazione di una gioia, che può essere legata ad un innamoramento, e il sentirsi belle diventa un contorno gradevole. C’è la rappresentazione di una speranza, essere trasformate da una bacchetta magica attraverso il cambio del look. C’è la rappresentazione dell’appagamento, che può derivare da un vuoto, una lacuna, vite magre, poche cose interessanti che succedono, e l’emozionalità delegata agli oggetti.
Il vuoto, il pieno, la gioia. E poi c’è la sensazione di avere una grande madre che si prende cura dei suoi figli, li vuole più belli, più eleganti, più felici. Anche questo non guasta, e la grande madre è qualcosa di etereo, che passa per firme che si amano.
Su tutto, l’idea della donna e della femminilità. I tempi stanno rendendo scarni tanti rami, però. Speriamo nella buona stagione. Speriamo che il colore che andrà quest’estate illumini il viso.

1 commento:

  1. Dunque è sempre vero che "l'abito fa la monaca". Ma la madre, la matria si direbbe, è sovente "una cattiva cuoca" che nutre abbondantemente alcuni/e e lascia digiuni gli altri/e. Lo diceva in una poesia Sandor Petofi circa centocinquan'anni or sono.

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