venerdì 15 febbraio 2019

Isole, quando il mare è in burrasca

L’immagine dell’isola può indicare realtà molto diverse: solitudini, ma anche impegni e svaghi, e attimi di felicità

di Marina Zinzani

Ci sono tanti tipi di isole. C’è l’appartamento all’ultimo piano, senza ascensore. Un anziano sulla sedia a rotelle che non può scendere, relegato in quella specie di isola che sono le sue mura, isola nel mare di cemento. Ha la moglie accanto, e quelle poche stanze diventano un mondo colorato, con la sua presenza.
  Cosa si mangia, cosa c’è alla televisione, le mani dell’anziano che accarezzano il gatto raggomitolato sulle ginocchia. La moglie esce per fare la spesa, torna in fretta, gli odori del minestrone inondano la cucina. Sono le undici del mattino, le undici e mezzo. Qualche volta lei gli porta il giornale, e lui legge, legge tutto il giorno.
Non capiscono i giovani che si separano ai primi problemi, per certi dissapori che appaiono futili. Loro ne hanno passate tante insieme, si sono sposati poveri, quando povero significava avere dei debiti e un affitto da pagare. Hanno cresciuto due figli, un maschio e una femmina, entrambi sposati. Quando la figlia arriva, dà un bel bacio al padre sulla testa.
Il gatto ha i suoi ritmi, mangia, dorme, sta sulle ginocchia del padrone e la mano di lui percorre per ore, delicatamente, quel manto peloso.
Si vogliono bene da una vita, questa coppia, sono stati sempre abbracciati, vicini, anche quando il mare era in burrasca e le onde erano alte, alte fino ad avere paura di morire. Sì, ne hanno passate tante insieme, ricoveri, malattie, e poi, da anni quella sedia a rotelle che impedisce di uscire, con quella maledetta casa senza ascensore. Ma era l’unica, a basso prezzo, che si sono potuti permettere.
Ci sono tanti tipi di isole. C’è l’isola del manager, che torna a casa la sera. Le riunioni, gli appuntamenti, le responsabilità hanno un peso che pochi vedono: per la moglie, per i figli, lui va solo a lavorare. Nessuno si cura del suo volto invecchiato precocemente, dei mal di testa serali, dei piccoli, continui problemi di salute.  A volte sente un grande vuoto.
Ma ha tutto, questo pensano gli altri, i dipendenti, i collaboratori: una bella casa, una grande auto, e soprattutto una bella moglie, due figli che studiano a Londra. Una vita tutto sommato facile, così diversa, sembra, da chi si alza alle cinque del mattino per portare a casa il salario che serve appena per vivere.
Ma il manager annega, a volte. Difficile capire. Le solite abitudini di certi uomini, si può pensare. In fondo basta poco, una telefonata, un impegno che lo fa stare fuori la sera, ufficialmente.
Quella giovane che aspetta, si accontenta delle briciole, o forse no. Forse non è niente. E’ quella che chiamano storia disimpegnata, senza promesse, senza pretese. Già. Ma quella ragazza gli serve per vivere, isola su cui ripararsi qualche ora. Una mano delicata che gli porge  un tè, in un ambiente arredato che ricorda le case giapponesi, un buon profumo di chissà cosa, ore rilassanti a chiacchierare, l’amore ritrovato, per quanto immorale, o sbagliato.
Ci sono tanti tipi di isole. C’è la donna che entra in una chiesa, quella che scopre un mantra e le sembra che, recitandolo, la giornata migliori. C’è il giovane che ha scoperto l’associazione di volontari che porta il cibo rimasto dei supermercati ai barboni. C’è chi si isola ascoltando Bach, tempo senza confini, annullato. Basta questo, per stare meglio.

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