Racconto di Paolo Brondi
Che
sorpresa... dopo tanto tempo… oltre questa quotidianità che pare dominata da
una logica contrastiva, di snervamento e negatività di certezze e valori.
Abbiamo lasciato scorrere il tempo donandoci ai silenzi, al lungo silenzio che pure tu non temi squarciare.
E’
vero, non c’è ragione di lamentare un distacco impossibile ai nostri ricordi.
Risento la gioia del nostro ultimo incontro, nella mia villa sul lago, quando,
dopo le ore calde del giorno, rimanemmo a lungo sotto il chiarore delle stelle,
con la musica dei grilli in amore, la poesia delle lucciole pulsanti ed
evanescenti, il festoso abbaiare di cani lontani, i tuoi occhi meravigliosi, e
narranti parole ora più intense di quelle già allora donate.
In
quell' incanto abbiamo ripreso a sciogliere l’enigma del dire e del fare,
ripetendo una mirabile vicenda che non ha ancora fine. Come vedi, cerco di
andare oltre modi consueti di esprimere sentimenti e di darti il segno di una
tenerezza nuova, cerco fuggire la condanna kafkiana per cui “si appartiene
soltanto alla voce che viene meno, al
luogo che scompare”, tendendoti la mano, desiderando che tu la tenda a me…. E
un Lui per risposta:
"Ho
parlato poco, preferisco ascoltarti per preservare tonalità e cadenze della
nostra vita passata, oltre lo spessore dei tanti problemi di oggi, per
riportarle a quell’immagine di te come mi appariva allora, con i capelli dal
vento scomposti, il visino a tratti imporporato per il freddo o, forse, per un
malcelato sentire. E si andava vicini.
L’ora
già tarda non ci permette di prolungare l’incontro, ma tanto è bastato, come
vedi, per affrancare un mondo d'immagini e sentimenti. Credo sia importante, in
tempi così dominati dal meccanicismo e dall’utile, non disperdere memorie così
dolci e ricche di nuovi significati.
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