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sabato 9 agosto 2014

Campo 61


Racconto di Paolo Brondi

Pigra l’ombra della casa di uno dei tanti borghi di Viareggio si allarga sulla strada incupendone il colore. Un tempo questa via non era lucida d’asfalto ma polverosa e bianca.
Il vento, allora, giocava con foglie e trucioli, trasportandoli in passeggiata e fino in darsena, per poi farli precipitare nel canale Burlamacca e, quindi, come variopinti coriandoli, donandoli al mare più in là. Ora che è tutta asfaltata, veloce scivola via, facendo eco alle voci, ai discorsi, alle grida e contribuendo a creare raduni, crocicchi di paesani che, per contrastare le ventate si stringono l’uno all’altro, quasi che il respiro di ciascuno potesse fungere da provvidenziale ristoro. Tutte le strade di un borgo vivono di tali esperienze e ciascuno è soggetto ad essere mercè del chiacchiericcio quotidiano.
Oggi è la volta dei vicini e conoscenti di Giuseppe, detto Pino, un uomo di quasi 76 anni, appena defunto, i quali, di bocca in bocca ripetono una breve storia: “Avete saputo – dice il sig. Luigi, un funzionario di banca in pensione – che il povero Pino ha avuto un altro figlio. Non lo aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Giorgio, il suo unico figlio, e solo in punto di morte gli confessò il segreto e lo fece giurare di portare sulla sua tomba questo fratello!”. Di rincalzo, la signora Teresa, maestra in pensione, ma sempre curiosa e attenta, “Meno male che la moglie di Pino è morta già da qualche anno, sennò che dispiacere avrebbe avuto, poverina!” E, ancora, “Povero Giorgio - ripetono in coro i presenti - chissà che problemi gli si presenteranno …dovrà dividere l’eredità.. Poi, chi sarà mai, dove sarà, questo fratello!” Quasi per sfida, una terza interprete di lingua forbita, la signora Tecla, proprietaria dell’omonima Pensione, risponde: “ Ma che povero Giorgio. Con tutta la fortuna che ha: un grande studio di commercialista, con clienti facoltosi. e poi è scapolo.. si è sempre divertito… non si è mai fidato di sposarsi, forse per timore che le sue svariate fidanzate non sposavano lui, ma i suoi soldi.; ed ora tutto quello che Pino gli lascerà, terreni, case e un bel capitale in banca!”
Alcuni giorni prima, Pino, a letto ammalato e sentendo la fine vicina, aveva chiamato accanto a sé il suo unico figlio, Giorgio, chiedendogli uno strano giuramento: “Portami sulla mia tomba tuo fratello”. Giorgio, nei suoi quaranta anni di vita era stato sempre unico figlio e ora, con grande imbarazzo e pena ascoltava, per la prima volta, l’assurda notizia di un fratello! Non credeva a quelle parole perché pensava che il padre, per la gravità della malattia, delirasse, e lo guardava con immenso dolore. 


Ma, di fronte alla forza di quell’espressione e ancor più per la testimonianza di una fotografia, affannosamente mostrata , con mano tremante: “Giorgio, figlio mio, osserva questa fotografia…l’ho tenuta nascosta per tanti anni, ma ora voglio che tu mi faccia una promessa… vedi dietro la fotografia c’è un indirizzo…questo in fotografia è tuo fratello, l’ho avuto da una crocerossina durante la mia prigionia in Inghilterra, alla fine dell’ultima guerra”, non ebbe altra esitazione, seppur con profonda tempesta interiore, a giurare che avrebbe mantenuto la promessa! Perfino il notaio, in occasione dell’apertura e lettura del testamento di Giuseppe non riuscì a mantenersi indifferente, quando giunse alle proposizioni in cui appariva la certezza di un secondo figlio, e la meraviglia e la sorpresa contagiò tutti i presenti.
La parte del testamento che destò varia turbamento così recitava: “[…] revoco ogni mio testamento precedente. Nomino erede universale mio figlio Giorgio. Pongo a carico dell’erede l’onere di cedere l’immobile di Torre del Lago a suo fratello Robert, una volta rintracciato e portato sulla mia tomba. Chiedo perdono a tutti per aver mantenuto questo mio segreto. Robert è mio figlio, nato negli ultimi anni della seconda Guerra mondiale, dalla crocerossina, Mary, che mi ha curato durante la mia prigionia in Inghilterra, nel campo 61 a Chepstow.[…]
Giorgio non risparmiò forze e denaro per ricercare il fratello. Non ascoltò i consigli dell’amico avvocato che prometteva, senza ombra di dubbio, di poter invalidare forma e sostanza del testamento di Pino. Ostinato e motivato nell’intimo suo più profondo, si mise subito in viaggio, avendo come riferimento l’indirizzo scritto dietro la fotografia: " Wynols Hill ", Coalway. Partito da Milano all’alba, giunse a Bristol nella tarda mattinata e, noleggiato un’auto all’aeroporto, pervenne nel pomeriggio a Coalway. Non ebbe difficoltà a far valere la sua tessera Golf pass internazionale, presentandosi al Forest Hills Golf Club, ove rimase per ben tre giorni, districandosi come meglio poteva, nel contattare i colleghi golfisti più avanti negli anni , al fine di ricostruire la storia del campo 61. La sua ricerca lo rese appagato solo nel pomeriggio del terzo giorno: numerosi furono coloro che si disposero a ricordare gli eventi del campo 61 e le testimonianze si infittirono. Giorgio venne a sapere che il campo fu assai attivo negli ultimi due anni di guerra. Occupava una grande area della foresta di Dean e vi erano rinchiusi moltissimi prigionieri, d’ogni paese, fra cui numerosi italiani. Le loro condizioni nel primo anno furono disastrose, per mancanza di viveri e di medicine.


“La guerra era dolorosa per tutti, anche per i civili - raccontava un distinto signore, tutto bianco di capelli e con una simpatica ragnatela di rughe in viso - e la fame era presente in ogni casa”. “Per fortuna - aggiungeva un altro, con voce affabile e modi cordiali - prima che la tragedia si allargasse oltre ogni umana sopportazione, intervenne la Croce Rossa Internazionale che distribuì pasta, formaggio, zucchero, coperte, in quantità tale da alleviare radicalmente le sorti dei prigionieri. Da allora, ciascuno poteva dormire sotto la propria coperta e nutrire perfino speranze nuove e felici: la fine della guerra, la libertà !” “La speranza – commentava un altro, austero nella figura, ma caldo nello sguardo e nella voce – nasceva anche dal contatto dei prigionieri con le crocerossine, giovani di poco più di diciotto anni che, per uomini quasi totalmente sfiduciati di se stessi, del mondo in cui vivevano, apparivano un sogno, o l’immagine miracolosa della salvezza. Fra queste, ricordo bene, operava una donna, Mary, che ancora oggi vive ed è stata maestra dei miei figli”.
“Mio dio ! - esclamò Giorgio, nell’ascoltare queste ultime parole- è mio padre che mi ha guidato fin qui, fra voi, e ha messo in bocca a Voi la verità che vado cercando!” Dormì poco quella notte e si destò assai presto nel mattino seguente. Con la guida dei colleghi golfisti raggiunse rapidamente la casa di Mary. Chi attende risposta al campanello di casa, timidamente premuto, deforma la stessa nel trepido tentativo di conformarla alla propria attesa: Giorgio sperava e temeva insieme l’incontro con la donna amata da suo padre e inconsciamente tentava di differirlo. La porta si aprì: Mary si fermò sulla soglia guardando intensamente e senza parola alcuna lo sconosciuto. La sua bellezza non sfiorita e l’aspetto, quasi senza età, gli occhi colmi di sottile tristezza, il pallore, colpirono Giorgio, lasciandolo dubbioso e insieme ammirato. Nemmeno lui riuscì a parlare e con improvviso impulso le mostrò la fotografia ricevuta dal padre. Mary chinò la testa su quel piccolo frammento ingiallito dal tempo e lacrime presero a scendere sul suo bel viso, mescolate ad una straordinaria trama di parole.


“Mio figlio…il mio piccolo Robert…qui aveva solo due anni…queste sono le mie sorelle… lo accudivano loro quando io era a scuola…. E tu…. Mio Dio… Mio Dio … mi par di rivedere il mio primo amore, Pino…come gli somigli.! Vieni, entra nella mia casa - e lo prese per mano - parliamo un poco. Siediti qui, su questa poltrona. E’ la stessa in cui si è seduto tuo padre quando tornò a trovarmi dopo la fine della guerra. Ci siamo amati molto in quei lunghi mesi della sua prigionia. Era giunto al campo molto ammalato. Una febbre infettiva continuava a indebolirlo e si disperava di poterlo salvare. Ma la sua resistenza, la sua forza e, credo, il mio amore infine hanno vinto l’infezione. Avevo diciotto anni e lui venticinque, ci siamo subito innamorati, ma solo quando fu liberato coronammo il nostro amore, vivendo uniti, in questa casa, per più di un anno. Poi, improvvisamente, lui tornò in Italia e non seppi più nulla per oltre quattro anni. La sensazione di essere stata abbandonata, la nascita di nostro figlio, durante la sua assenza, la certezza, infine di non averlo, m’indussero a concedermi in sposa al medico che era il principale responsabile della Croce Rossa Internazionale. Lui ha fatto da padre a Robert, gli ha dato il suo nome, l’ha fatto studiare. Quando Pino tornò qui, dopo tutti quei lunghi anni di silenzio, la commozione fra noi fu grande, come immenso apparve il suo orgoglio d’essere padre di Robert, di poterlo tenere stretto fra le sue braccia anche solo per un momento, ma, senza neppure che lo
richiedessi, accettò il cambiamento della nostra sorte, di me e di mio figlio, e giurò che non avrebbe mai rivelato questo suo segreto”.
Giorgio ascoltava quelle parole e soprattutto quelle nascoste: in Mary sentiva la disperazione tutta svelata che la vita non è altro che una corsa verso l’incognito, sospeso a nessuna certezza e a nessuna salvezza se non quella identificabile con la casualità e l’opportunità. Della vita di suo padre comprendeva l’abisso in cui si era votato, quello del rimpianto, dell’assenza del suo primo figlio, dell’abbandono di una donna meravigliosa e bella come Mary e, soprattutto, del silenzio. mantenuto costante per quasi tutta la vita. Si prefigurava pure la sua meravigliosa rinascita e redenzione dei migliori sentimenti, dopo gli anni di guerra, della prigionia, accanto a Mary, le cui fotografie disposte ben in ordine su varie mensole del salotto, fra cui questa dei suoi diciotto anni. non suggerivano solo una meravigliosa bellezza esteriore, ma anche una profondità d’animo e sentimenti che andavano molto di là da un semplice ricordo.“ Così era la mia figura – intervenne Mary, vedendolo attratto dalla fotografia - quando Pino mi vide per la prima volta. Compivo i diciotto anni e, nonostante la guerra, allora ero felice”.


Poi prese un album e lo sfogliò pagina dopo pagina: “ Questo è mio marito, quando vestiva la divisa d’ufficiale della Croce Rossa Internazionale, poverino, è morto pochi anni fa, a più d’ottanta anni; questo è Robert, ragazzo… giovane… uomo “. A Giorgio pareva di vivere un romanzo che mai annoiava, che piace rileggere con rinnovata riflessione e nuove scoperte: “Robert. come assomiglia a suo padre, a nostro padre…- pensava - .. alto, atletico, bello… come somiglia pure a me!” Il desiderio di raccogliere anche le briciole di un tempo assolutamente vuoto della presenza di un fratello, oltre al rispetto del giuramento fatto al padre morente, rese Giorgio fremente e chiese a Mary dove si trovasse Robert, dove avrebbe potuto incontrarlo.
Mary chiuse gli occhi, congiunse a preghiera le sue mani, e con voce debole e roca rispose: ” Robert non è più tra noi, è scomparso 10 anni fa, nell’agosto del 1979.. era ingegnere e in quel mese era andato in India come consulente di una impresa che si occupava della diga di Machchu. Soggiornava in un albergo di Morvi quando la città fu completamente sommersa dal crollo della diga !”
Oltre la ragione, oltre la normale sfera del sentire, qualcosa di distruttivo si agitava e si allargava nella coscienza di Giorgio: la mancanza di un riparo dalla morte, la sua periodica presenza nel più recente arco della sua vita, prima con la scomparsa della madre, poi del padre e ora di un fratello al quale già sentiva di voler bene e mai conosciuto! A un tratto le voci fresche e gioiose di un appello sincero: “ Nonna, nonna, sono qui, sono arrivato!”, “Mary, mamma Mary, siamo finalmente a casa”. E sulla porta della sala, ove i visi di Mary e di Giorgio sembravano d’ombra, apparve lo splendore dell’adolescenza di Robert Junior e della fine e graziosa signora, sua madre. Entrambi, alla vista di Giorgio, impallidirono e si bloccarono di colpo. Per un particolare scarto di percezione e istantaneo sembrò loro di rivedere il padre, lo sposo!
Fu Mary a sciogliere ogni imbarazzo e, rivelata anche a loro, per la prima volta, tutta la sua storia, come
per sgravarsi infine di un peso rannicchiato dentro per un’immensità di giorni, mesi, anni, insegnò a tutti
i suoi cari, Giorgio compreso, a vivere come una voce sola, pur con voci differenti. Un anno dopo: mai la tomba di Pino fu cosi ricchi di fiori, glieli recavano ogni settimana Mary, il figlio di Robert, Rosy, sua madre e Giorgio. La villa di Torre de Lago fu donata a Robert Junior, figlio adottivo di Giorgio, sposo di Rosy.

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