Racconto
di Paolo Brondi
Pigra
l’ombra della casa di uno dei tanti borghi di Viareggio si allarga sulla strada
incupendone il colore. Un tempo questa via non era lucida d’asfalto ma
polverosa e bianca.
Il vento, allora, giocava con foglie e trucioli, trasportandoli in passeggiata e fino in darsena, per poi farli precipitare nel canale Burlamacca e, quindi, come variopinti coriandoli, donandoli al mare più in là. Ora che è tutta asfaltata, veloce scivola via, facendo eco alle voci, ai discorsi, alle grida e contribuendo a creare raduni, crocicchi di paesani che, per contrastare le ventate si stringono l’uno all’altro, quasi che il respiro di ciascuno potesse fungere da provvidenziale ristoro. Tutte le strade di un borgo vivono di tali esperienze e ciascuno è soggetto ad essere mercè del chiacchiericcio quotidiano.
Il vento, allora, giocava con foglie e trucioli, trasportandoli in passeggiata e fino in darsena, per poi farli precipitare nel canale Burlamacca e, quindi, come variopinti coriandoli, donandoli al mare più in là. Ora che è tutta asfaltata, veloce scivola via, facendo eco alle voci, ai discorsi, alle grida e contribuendo a creare raduni, crocicchi di paesani che, per contrastare le ventate si stringono l’uno all’altro, quasi che il respiro di ciascuno potesse fungere da provvidenziale ristoro. Tutte le strade di un borgo vivono di tali esperienze e ciascuno è soggetto ad essere mercè del chiacchiericcio quotidiano.
Oggi è
la volta dei vicini e conoscenti di Giuseppe, detto Pino, un uomo di quasi 76
anni, appena defunto, i quali, di bocca in bocca ripetono una breve storia:
“Avete saputo – dice il sig. Luigi, un funzionario di banca in pensione – che
il povero Pino ha avuto un altro figlio. Non lo aveva mai detto a nessuno,
nemmeno a Giorgio, il suo unico figlio, e solo in punto di morte gli confessò
il segreto e lo fece giurare di portare sulla sua tomba questo fratello!”. Di
rincalzo, la signora Teresa, maestra in pensione, ma sempre curiosa e attenta,
“Meno male che la moglie di Pino è morta già da qualche anno, sennò che
dispiacere avrebbe avuto, poverina!” E, ancora, “Povero Giorgio - ripetono in
coro i presenti - chissà che problemi gli si presenteranno …dovrà dividere
l’eredità.. Poi, chi sarà mai, dove sarà, questo fratello!” Quasi per sfida,
una terza interprete di lingua forbita, la signora Tecla, proprietaria dell’omonima
Pensione, risponde: “ Ma che povero Giorgio. Con tutta la fortuna che ha: un
grande studio di commercialista, con clienti facoltosi. e poi è scapolo.. si è
sempre divertito… non si è mai fidato di sposarsi, forse per timore che le sue
svariate fidanzate non sposavano lui, ma i suoi soldi.; ed ora tutto quello che
Pino gli lascerà, terreni, case e un bel capitale in banca!”
Alcuni
giorni prima, Pino, a letto ammalato e sentendo la fine vicina, aveva chiamato
accanto a sé il suo unico figlio, Giorgio, chiedendogli uno strano giuramento:
“Portami sulla mia tomba tuo fratello”. Giorgio, nei suoi quaranta anni di vita
era stato sempre unico figlio e ora, con grande imbarazzo e pena ascoltava, per
la prima volta, l’assurda notizia di un fratello! Non credeva a quelle parole
perché pensava che il padre, per la gravità della malattia, delirasse, e lo
guardava con immenso dolore.
Ma, di fronte alla forza di quell’espressione e
ancor più per la testimonianza di una fotografia, affannosamente mostrata , con
mano tremante: “Giorgio, figlio mio, osserva questa fotografia…l’ho tenuta
nascosta per tanti anni, ma ora voglio che tu mi faccia una promessa… vedi
dietro la fotografia c’è un indirizzo…questo in fotografia è tuo fratello, l’ho
avuto da una crocerossina durante la mia prigionia in Inghilterra, alla fine
dell’ultima guerra”,
non ebbe altra esitazione, seppur con profonda tempesta interiore, a giurare
che avrebbe mantenuto la promessa! Perfino il notaio, in occasione
dell’apertura e lettura del testamento di Giuseppe non riuscì a mantenersi
indifferente, quando giunse alle proposizioni in cui appariva la certezza di un
secondo figlio, e la meraviglia e la sorpresa contagiò tutti i presenti.
La
parte del testamento che destò varia turbamento così recitava: “[…] revoco ogni
mio testamento precedente. Nomino erede universale mio figlio Giorgio. Pongo a
carico dell’erede l’onere di cedere l’immobile di Torre del Lago a suo fratello
Robert, una volta rintracciato e portato sulla mia tomba. Chiedo perdono a
tutti per aver mantenuto questo mio segreto. Robert è mio figlio, nato negli
ultimi anni della seconda Guerra mondiale, dalla crocerossina, Mary, che mi ha
curato durante la mia prigionia in Inghilterra, nel campo 61 a Chepstow.[…]
Giorgio
non risparmiò forze e denaro per ricercare il fratello. Non ascoltò i consigli
dell’amico avvocato che prometteva, senza ombra di dubbio, di poter invalidare
forma e sostanza del testamento di Pino. Ostinato e motivato nell’intimo suo
più profondo, si mise subito in viaggio, avendo come riferimento l’indirizzo
scritto dietro la fotografia: " Wynols Hill ", Coalway. Partito da
Milano all’alba, giunse a Bristol nella tarda mattinata e, noleggiato un’auto
all’aeroporto, pervenne nel pomeriggio a Coalway. Non ebbe difficoltà a far
valere la sua tessera Golf pass internazionale, presentandosi al Forest Hills
Golf Club, ove rimase per ben tre giorni, districandosi come meglio poteva, nel
contattare i colleghi golfisti più avanti negli anni , al fine di ricostruire
la storia del campo 61. La sua ricerca lo rese appagato solo nel pomeriggio del
terzo giorno: numerosi furono coloro che si disposero a ricordare gli eventi
del campo 61 e le testimonianze si infittirono. Giorgio venne a sapere che il
campo fu assai attivo negli ultimi due anni di guerra. Occupava una grande area
della foresta di Dean e vi erano rinchiusi moltissimi prigionieri, d’ogni
paese, fra cui numerosi italiani. Le loro condizioni nel primo anno furono
disastrose, per mancanza di viveri e di medicine.
“La
guerra era dolorosa per tutti, anche per i civili - raccontava un distinto
signore, tutto bianco di capelli e con una simpatica ragnatela di rughe in viso
- e la fame era presente in ogni casa”. “Per fortuna - aggiungeva un altro, con
voce affabile e modi cordiali - prima che la tragedia si allargasse oltre ogni
umana sopportazione, intervenne la Croce Rossa Internazionale che distribuì
pasta, formaggio, zucchero, coperte, in quantità tale da alleviare radicalmente
le sorti dei prigionieri. Da allora, ciascuno poteva dormire sotto la propria
coperta e nutrire perfino speranze nuove e felici: la fine della guerra, la
libertà !” “La speranza – commentava un altro, austero nella figura, ma caldo
nello sguardo e nella voce – nasceva anche dal contatto dei prigionieri con le
crocerossine, giovani di poco più di diciotto anni che, per uomini quasi
totalmente sfiduciati di se stessi, del mondo in cui vivevano, apparivano un
sogno, o l’immagine miracolosa della salvezza. Fra queste, ricordo bene,
operava una donna, Mary, che ancora oggi vive ed è stata maestra dei miei
figli”.
“Mio
dio ! - esclamò Giorgio, nell’ascoltare queste ultime parole- è mio padre che
mi ha guidato fin qui, fra voi, e ha messo in bocca a Voi la verità che vado
cercando!” Dormì poco quella notte e si destò assai presto nel mattino
seguente. Con la guida dei colleghi golfisti raggiunse rapidamente la casa di
Mary. Chi attende risposta al campanello di casa, timidamente premuto, deforma
la stessa nel trepido tentativo di conformarla alla propria attesa: Giorgio sperava
e temeva insieme l’incontro con la donna amata da suo padre e inconsciamente
tentava di differirlo. La porta si aprì: Mary si fermò sulla soglia guardando
intensamente e senza parola alcuna lo sconosciuto. La sua bellezza non sfiorita
e l’aspetto, quasi senza età, gli occhi colmi di sottile tristezza, il pallore,
colpirono Giorgio, lasciandolo dubbioso e insieme ammirato. Nemmeno lui riuscì
a parlare e con improvviso impulso le mostrò la fotografia ricevuta dal padre.
Mary chinò la testa su quel piccolo frammento ingiallito dal tempo e lacrime
presero a scendere sul suo bel viso, mescolate ad una straordinaria trama di
parole.
“Mio
figlio…il mio piccolo Robert…qui aveva solo due anni…queste sono le mie
sorelle… lo accudivano loro quando io era a scuola…. E tu…. Mio Dio… Mio Dio …
mi par di rivedere il mio primo amore, Pino…come gli somigli.! Vieni, entra
nella mia casa - e lo prese per mano - parliamo un poco. Siediti qui, su questa
poltrona. E’ la stessa in cui si è seduto tuo padre quando tornò a trovarmi
dopo la fine della guerra. Ci siamo amati molto in quei lunghi mesi della sua
prigionia. Era giunto al campo molto ammalato. Una febbre infettiva continuava
a indebolirlo e si disperava di poterlo salvare. Ma la sua resistenza, la sua
forza e, credo, il mio amore infine hanno vinto l’infezione. Avevo diciotto
anni e lui venticinque, ci siamo subito innamorati, ma solo quando fu liberato
coronammo il nostro amore, vivendo uniti, in questa casa, per più di un anno.
Poi, improvvisamente, lui tornò in Italia e non seppi più nulla per oltre
quattro anni. La sensazione di essere stata abbandonata, la nascita di nostro
figlio, durante la sua assenza, la certezza, infine di non averlo, m’indussero
a concedermi in sposa al medico che era il principale responsabile della Croce
Rossa Internazionale. Lui ha fatto da padre a Robert, gli ha dato il suo nome,
l’ha fatto studiare. Quando Pino tornò qui, dopo tutti quei lunghi anni di
silenzio, la commozione fra noi fu grande, come immenso apparve il suo orgoglio
d’essere padre di Robert, di poterlo tenere stretto fra le sue braccia anche
solo per un momento, ma, senza neppure che lo
richiedessi,
accettò il cambiamento della nostra sorte, di me e di mio figlio, e giurò che
non avrebbe mai rivelato questo suo segreto”.
Giorgio
ascoltava quelle parole e soprattutto quelle nascoste: in Mary sentiva la
disperazione tutta svelata che la vita non è altro che una corsa verso
l’incognito, sospeso a nessuna certezza e a nessuna salvezza se non quella
identificabile con la casualità e l’opportunità. Della vita di suo padre
comprendeva l’abisso in cui si era votato, quello del rimpianto, dell’assenza
del suo primo figlio, dell’abbandono di una donna meravigliosa e bella come
Mary e, soprattutto, del silenzio. mantenuto costante per quasi tutta la vita.
Si prefigurava pure la sua meravigliosa rinascita e redenzione dei migliori
sentimenti, dopo gli anni di guerra, della prigionia, accanto a Mary, le cui
fotografie disposte ben in ordine su varie mensole del salotto, fra cui questa
dei suoi diciotto anni. non suggerivano solo una meravigliosa bellezza
esteriore, ma anche una profondità d’animo e sentimenti che andavano molto di
là da un semplice ricordo.“ Così era la mia figura – intervenne Mary, vedendolo
attratto dalla fotografia - quando Pino mi vide per la prima volta. Compivo i
diciotto anni e, nonostante la guerra, allora ero felice”.
Poi
prese un album e lo sfogliò pagina dopo pagina: “ Questo è mio marito, quando
vestiva la divisa d’ufficiale della Croce Rossa Internazionale, poverino, è
morto pochi anni fa, a più d’ottanta anni; questo è Robert, ragazzo… giovane…
uomo “. A Giorgio pareva di vivere un romanzo che mai annoiava, che piace
rileggere con rinnovata riflessione e nuove scoperte: “Robert. come assomiglia
a suo padre, a nostro padre…- pensava - .. alto, atletico, bello… come somiglia
pure a me!” Il desiderio di raccogliere anche le briciole di un tempo
assolutamente vuoto della presenza di un fratello, oltre al rispetto del
giuramento fatto al padre morente, rese Giorgio fremente e chiese a Mary dove
si trovasse Robert, dove avrebbe potuto incontrarlo.
Mary
chiuse gli occhi, congiunse a preghiera le sue mani, e con voce debole e roca
rispose: ” Robert non è più tra noi, è scomparso 10 anni fa, nell’agosto del
1979.. era ingegnere e in quel mese era andato in India come consulente di una
impresa che si occupava della diga di Machchu. Soggiornava in un albergo di
Morvi quando la città fu completamente sommersa dal crollo della diga !”
Oltre
la ragione, oltre la normale sfera del sentire, qualcosa di distruttivo si
agitava e si allargava nella coscienza di Giorgio: la mancanza di un riparo
dalla morte, la sua periodica presenza nel più recente arco della sua vita,
prima con la scomparsa della madre, poi del padre e ora di un fratello al quale
già sentiva di voler bene e mai conosciuto! A un tratto le voci fresche e
gioiose di un appello sincero: “ Nonna, nonna, sono qui, sono arrivato!”,
“Mary, mamma Mary, siamo finalmente a casa”. E sulla porta della sala, ove i
visi di Mary e di Giorgio sembravano d’ombra, apparve lo splendore
dell’adolescenza di Robert Junior e della fine e graziosa signora, sua madre.
Entrambi, alla vista di Giorgio, impallidirono e si bloccarono di colpo. Per un
particolare scarto di percezione e istantaneo sembrò loro di rivedere il padre,
lo sposo!
Fu Mary
a sciogliere ogni imbarazzo e, rivelata anche a loro, per la prima volta, tutta
la sua storia, come
per
sgravarsi infine di un peso rannicchiato dentro per un’immensità di giorni,
mesi, anni, insegnò a tutti
i suoi
cari, Giorgio compreso, a vivere come una voce sola, pur con voci differenti.
Un anno dopo: mai la tomba di Pino fu cosi ricchi di fiori, glieli recavano
ogni settimana Mary, il figlio di Robert, Rosy, sua madre e Giorgio. La villa
di Torre de Lago fu donata a Robert Junior, figlio adottivo di Giorgio, sposo
di Rosy.
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