(foto ap) |
di
Marina Zinzani
(con un commento di Angelo Perrone)
(ap) Ascoltando Ruhevoll (poco adagio), tema principale della Sinfonia
n. 4 in sol maggiore di Gustav Mahler (https://www.youtube.com/watch?v=GEez1Xj6dW4). Scritta agli inizi del ‘900, la sinfonia, con
soprano solista, accoglie canti vocali e la voce rende evidente il percorso
poetico del compositore boemo. Il tema principale anticipa il ritorno alla
musica “pura” per consentire, come chiarì l’autore stesso, l’ascolto di «un brano anche senza parole, semplicemente e
puramente dal punto di vista musicale».
Nell’alternanza tra la parola espressa e l’influenza di quella inespressa diventata musica pura, Mahler canta problemi eterni. Ruhevoll esprime in tono raro e commovente l’anelito struggente a superare la vita terrena. Tempo e natura, creazione e memoria: il profilo più vulnerabile, ma anche meno incerto, della realtà.
Nell’alternanza tra la parola espressa e l’influenza di quella inespressa diventata musica pura, Mahler canta problemi eterni. Ruhevoll esprime in tono raro e commovente l’anelito struggente a superare la vita terrena. Tempo e natura, creazione e memoria: il profilo più vulnerabile, ma anche meno incerto, della realtà.
I
prati erano verdi. Di un verde più intenso. Camminavo. I passi erano lievi,
felpati, come se una leggerezza misteriosa mi stesse accompagnando e non
avvertissi più il peso del mio corpo. Camminavo e l’erba cresceva vicino ai
miei piedi, e grandi margherite apparivano nel prato, al mio passaggio. Erano
grandi, le margherite, più grandi e la corolla era più luminosa. Andavo quieta,
in uno stato misterioso e notavo delle cose: un uccello dai colori
sgargianti mi seguiva, aveva il petto rosso, il becco lungo, le ali blu. Mi
seguiva, quasi ad indicarmi la strada. Mi stava conducendo da qualche parte,
forse verso l’albero che vedevo in lontananza, sembrava piccolo quell’albero,
ma più mi avvicinavo più l’albero era grande, di dimensioni enormi, con
grandi foglie che lo ricoprivano, erano verdi le foglie, ma anche rosse e
gialle come d’autunno, e alcune così gialle che sembravano dorate.
L’uccello
dalle ali blu si era fermato accanto a me, davanti all’albero, che ora avevo
davanti in tutta la sua maestosità. Allora mi sedetti sull’erba, e caddi in un
sonno profondo, forse mi mancarono le forze, ma era una stanchezza lieta, la
marea che si ritrae, la rosa che sboccia, il fiore che profuma. Una strana
quiete mi colse…
Maria
aprì gli occhi. Era finito, il viaggio in cui l’aveva condotta Mahler. Quarta
sinfonia, Ruhevoll, poco adagio. Si guardò attorno. Era in un teatro, non era sola. La sala piena,
penombra, luci, silenzio. Si toccò il grande anello che portava alla mano, e
provò, provò, a chiudere di nuovo gli occhi e a risentire quella pace. Ma
Mahler se n’era andato, presenza misteriosa e fugace, lui, il prato, le
margherite, l’uccello, il grande albero. E non gioì più, per tutta la sera, e
gli applausi non la coinvolsero. Era stata da qualche parte, anche se non
sapeva dove.
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