di
Marina Zinzani
Quando
muore un artista, il lutto è di molti. Non solo di chi l’ha conosciuto ed
amato, ma anche di chi è stato accompagnato durante gli anni dalle sue opere,
dai suoi personaggi. Spesso
ha trovato in quei personaggi degli amici virtuali in cui si è identificato,
che lo hanno aiutato a capire, che lo hanno arricchito.
L’addio
di Ettore Scola lascia la nostalgia dei personaggi da lui creati, ultimi,
indifesi, illusi, tormentati, che vivevano vite agli angoli, in un silenzio
fatto di solitudini domestiche, di rabbie celate, di ricerca disperata di una
forma d’amore.
“Una
giornata particolare” è forse il film più bello di Ettore Scola.
Ambientato
in un giorno del 1938, in un clima di apparenti certezze (il Fuhrer che si
incontra con Mussolini), il film si
sofferma su due solitudini, entra dentro l’anima di un omosessuale e di una
casalinga, creando con Marcello Mastroianni e Sophia Loren una magia di
sguardi, di parole, di cose non dette, di sofferenze rappresentate senza
enfasi.
Ci
si riconosce, in questi due anti-eroi, e forse questo è uno dei segreti del
film. La natura stanca delle loro vite, di un sole che non è mai brillato, di
un oscuramento dato dai pregiudizi, dalle persone accanto, dai grandi eventi
storici, drammatici, è un oscuramento che ha in sé i germi della luce: due
anime che non sono poi diverse, trovano un bagliore in poche ore, in quella
giornata particolare che li segnerà per sempre.
Il
tono struggente, delicato, drammatico, della storia è il sottofondo per
raccontare pregiudizi e solitudini ancora attuali: il pregiudizio per il
diverso, la solitudine di una donna, relegata a persona con compiti ben
precisi, non ultimo quello della maternità, senza che chi gli è accanto capisca
veramente la sua interiorità.
Difficile
ricordare un altro film più riuscito, difficile trovare altra storia che ha
dato così voce a due solitudini. Difficile dimenticare il tempo in cui il
cinema italiano, nel raccontare l’uomo e i suoi abissi con così grande maestria, portava a riflettere, ad interrogarsi, e si
veniva scossi, così come si viene ancora scossi dopo tanti anni.
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