di Giovanna
Vannini
Da lui mi sento presa per mano e insieme a lui ogni
volta viaggio nel “suo” viaggio. La pagina finisce, la pagina si volta e
mentalmente assaporo, rielaboro ogni parola, lo vedo accanto a me, cerco di
rimettere insieme come posso, i suoni della sua voce. Succede, succede per via
di quel suo modo di scrivere in prima persona, a voler senza volerlo
sottolineare il distinguersi dalla terza, in uso dei tanti, dei troppi.
Se hai deciso di conoscerlo, di provare ad entrarci
un po’ in confidenza, leggilo nei suoi libri uno dopo l’altro, ascoltatelo
nelle orecchie nelle sue frasi brevi, nei tempi sospesi, in quell’andamento
lento tra poesia e prosa, tra lingua “madre” (la sua), e un italiano raffinato
e crudo che al bisogno preciso ritrovi.
I suoi racconti, le sue storie, sono cantici,
odissee personali, narrate da più punti di vista, diverse e contrarie tra un
manoscritto e l’altro, comunque legate a doppio filo con la vita che dentro ci
passa, dove testo e sotto testo si scambiano linfa vitale, si scambiano i
ruoli. E’ un cammino quello che compio con lui ad ogni lettura; a volte sono al
suo fianco, a volte un passo indietro, ma sempre rapita, incantata dal suo
verbo, curiosa di conoscere quale sarà la prossima emozione in attesa.
Sottolineo le sue frasi e a distanza di tempo le
ricerco e rileggo quei passaggi suoi che miei si sono fatti, stimolando il mio
vedere. Grazie
menestrello della parola scritta, pittore di simboli grafici, musicista di
vocali e consonanti, che all’anima fanno capo, sempre.
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