Racconto
di Paolo Brondi
Aprì
la finestra. L’aria portava intensissimo il profumo del mare, mescolando in sé
anche la memoria di odori diversi, più fragili, più sfumati, come quelli degli
abiti che non si usano più, restano in ombra, ma conservano tutto il sapore del
proprio vissuto… Lasciò che il salmastro inondasse la stanza, mentre si
affaccendava a prenotare un volo per Catania. Partì la mattina seguente da Pisa
e arrivò a Catania alle 11,30. Prese un tassì e si fece portare all’indirizzo
di S. Giovanni li Cuti, Piazza Ognina n. 35. Durante il viaggio il tassista non
smetteva di ciarlare. “Dottore che va in vacanza a li Cuti? Eh lì ci son belle spiagge
ma ora non tempo è di bagni… ora freddo è…piuttosto ci son tanti piscatori…si
può trovare del buon pesce.”
Luca badava poco alle ciarle del tassista, tutto concentrato sullo scopo della sua presenza lungo quelle affascinanti terrazze a mare e prossimo alla soluzione del caso. Finalmente, fatto silenzio, il tassista accelerò e lo fermò esattamente al n. 35. Non fece a tempo a suonare il campanello che alla porta si affacciò una persona anziana, tutta incanutita, ma con occhi di azzurro intenso, incavati in un viso con rughe a ragnatela e portamento retto e vigoroso.
Luca badava poco alle ciarle del tassista, tutto concentrato sullo scopo della sua presenza lungo quelle affascinanti terrazze a mare e prossimo alla soluzione del caso. Finalmente, fatto silenzio, il tassista accelerò e lo fermò esattamente al n. 35. Non fece a tempo a suonare il campanello che alla porta si affacciò una persona anziana, tutta incanutita, ma con occhi di azzurro intenso, incavati in un viso con rughe a ragnatela e portamento retto e vigoroso.
“Buon
giorno –disse Luca, presentando le sue generalità e professione - lei è il sig.
Donato, padre di Irene ?”
“Sì,
per servirla…sono io…che posso fare per Lei?”
“Grazie. Lei è molto gentile e credo che potrebbe
aiutarmi a risolvere una questione sospesa…veda un padre, è disperato perché la
propria figlia è scomparsa”.
“Chi
è questo padre…com’è che vi rivolgete a me?”.
”
Il padre si chiama dott. Villa e il nome della figlia è Rita !”.
“Rita
…scomparsa! Ma che dice! Rita me la sono vista arrivare con spontaneità. Inviata,
come mi ha subito comunicato, dal padre per una vacanza premio per la
promozione e siccome tra lei e mia figlia è nata una grande amicizia, fin dagli
anni degli scout, l’abbiamo ospitata qui e ora ha accompagnato Irene a una
lezione all’Università di Catania. Torneranno nel pomeriggio…”.
“Le
sono molto grato, Sig. Donato, per queste notizie. E ora la saluto. Tornerò nel
pomeriggio.”.
“Ma
no, può restare! Mi farebbe piacere di farmi compagnia mentre raggiungo il
porto e lì potremmo pranzare con pesce fresco. Che ne dice?”
“Volentieri, Sig. Donato …gradirò molto la sua
compagnia e mi farà piacere conoscere meglio questo bel paese”.
Si avviarono a piedi, attraversando tre
piazze, Nettuno, del Tricolore, Europa, scambiandosi informazioni come vecchi
amici e iniziando, con reciproco consenso, a darsi del “tu”.
“Donato,
mi chiedo se Li Cuti derivi dal latino…mi evoca cos, cotis..pietra focaia. O
anche cautes cautis, scogliera.” .. “Caro Luca io non so il latino, ma credo
siano veri entrambi i significati…noi, in dialetto facciamo derivare li Cuti
dagli scogli lisci, levigati, erosi dal mare o anche dai ciottoli marini.”
“Il
dialetto è la quintessenza della sapienza, come suggerisce Aristotele, ma è
evidente anche così l’ascendenza dal latino. Ma, non voglio metterti in
difficoltà con questo mio sfoggio di erudizione, cambiamo discorso… Intanto
erano giunti al porto e Donato era salutato da tutti i pescatori appena
approdati con le loro tipiche barche da pesca. Portavano ceste ripiene di pesce
spada, polpi, ricciole, tonni, dentici, vongole, telline, merluzzi, gamberi,
aragoste, alici o mascoline, decantando il tutto con melodia di antica
musicalità. “Vedi quanta bella roba... Ci faremo proprio una bella mangiata di
pesci!”. Così dicendo lo condusse verso una piccola osteria, spartanamente
arredata, ma ricca dei profumi di mare, di pane appena sfornato, d’intingoli
speziati, con effetto di piacevoli movimenti delle papille gustative. “Ci
accomodiamo qui.” - disse Donato, indicandogli un tavolo vicino alla finestra
volta verso uno splendido e assolato mare, e subito invocò l’ostessa.
“Carmela…che ci prepari oggi…vedi che ho un ospite celebre. Un investigatore
internazionale…fammi fare buona figura!”. “Donato, stai tranquillo…il tuo
ospite ricorderà con piacere le mie pietanze …oggi vi faccio una buonissima
zuppa di pesce fresco con crostoni di pane croccante, seguita dalla bresaola di
mare, cioè fettine sottili di polpa che ho, proprio poco fa, tolta dalla testa
di un pesce spada e, se avrete ancora fame, vi porterò una bella frittura di
mascoline. Per bere ecco qui un fiasco di vino bianco di Salina …”. Gli occhi
di Donato brillavano, mentre Luca, assai contento, ringraziò con un bel sorriso
Carmela che, svelta svelta, dava gli ordini in cucina e apparecchiava la
tavola. Non mancò di ammirarne la sinuosità del corpo, il seno prosperoso, i
capelli corvini annodati a crocchia e il viso di una bellezza ancora non
sfiorita. Dopo l’ottimo, sfizioso e abbondante pranzo, Carmela si avvicinò al
loro tavolo portando tre coppe: “Ora un buon brindisi in vostro onore, con
queste coppe del nostro zibibbo!”. Donato e Luca si alzarono ed elevarono le
coppe verso Carmela, rivolgendo a lei l’onore e il pregio di essere stati suoi
commensali, e il brindisi fu corale e scaldato da abbracci e baci.
Un
poco euforici, ripresero la strada verso casa giungendovi nell’ora di ritorno
di Irene e Rita “Papà…papà. Sei in casa? Siamo arrivate!”. La voce fresca e
canterina di Irene riempiva le stanze mentre di Rita si sentiva solo il passo
leggero. Si fecero avanti e si arrestarono soprese quando videro seduto, in
salotto, accanto a Donato, un estraneo. Non fu svelato lo scopo e la funzione
di Luca, ma Donato lo presentò come un suo vecchio amico. L’imbarazzo si
sciolse e le due giovani salutarono rispettosamente e con grazia l’ospite. Luca
si alzò, Si fece incontro a loro porgendo la mano. Risposero entrambe con
formali espressioni.
Più tardi, mentre tutti si erano ritirati per
dormire, Luca si mise in contatto con il padre di Rita: comunicò di averla
ritrovata; espose brevemente le ragioni della sua fuga e gli indicò il
comportamento da assumere appena incontrata la figlia
Infine
Rita tornò a casa. Il silenzio era profondo. Arrivò al cancello, s’inoltrò nel
viale verso la sua quercia, prima lentamente e con il capo chino, poi sempre
più veloce, quindi a corsa. Le lacrime presero a sgorgarle nello scorgere in
fondo, là, suo padre, curvo, sofferente, in attesa a braccia aperte. “Rita …mia
piccola Rita …figlia mia finalmente sei tornata…da me!”. Più discostata dal
padre una figura entrò nella visuale di Rita . Frugò nella mente la sua
immagine e solo quando udì la voce “Rita …cara…figlia mia...!” la riconobbe:
era sua madre! Fu abbracciata, passò da un abbraccio all’altro. Non piangeva
più. Sentiva che tutto il suo passato sopravviveva intatto e di essere ormai in
grado di proiettarsi sul futuro e di tornare con pienezza alla sua felicità.
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