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martedì 15 novembre 2016

Italo Calvino, in punta di penna

di Paolo Brondi
(Commento di Angelo Perrone)

(ap) Una raccolta di saggi sulla letteratura in generale e su alcune opere in particolare. Un inventario di pensieri incendiari e abbaglianti sui classici e sui misteri della “macchina letteraria”. Italo Calvino si pone alla ricerca della connessione intima tra la scrittura e i mille livelli della realtà, dalla politica alla scienza, dalla filosofia al mondo fantastico. Il linguaggio ha significati sorprendenti, si protende sull’orlo di un dirupo, quello dell’inatteso e dell’indicibile, che ne costituisce, forse, la meta più attesa e ambiziosa.

In La machine littèrature di Italo Calvino (Ed. Pierre Vives, 1984), è la copertina che subito s’impone per una significativa immagine del destino dello scrittore e non solo.
Una penna compie un disegno di alberelli, di varia espansione e altezza, cespugli, un colle su cui si scorgono case, e il suo movimento è tutto in salita, prima lento, poi più rapido fino a formare una spirale, racchiudendo in sé il disegnatore con la penna in mano. Ironica appare la figura del disegnatore che, in marsina e colletto rigido, poggia i piedi sul giro finale della spirale e nel viso, pur stilizzato, sembra manifestare improbabili e contrastanti sentimenti: tristezza, indifferenza, smarrimento. Ma forse è lo stupore che lo irrigidisce, per quella punta della penna rivolta contro il suo petto, quasi per trafiggerlo.
Il tutto potrebbe fungere da metafora del ribaltamento dei ruoli fra il dipanarsi libero, creativo, del filo narrativo, di cui un autore sente la necessità e la felicità, mosso da intenti totalizzanti manifestati dall’individuale pretesa di conseguire un punto al di fuori del linguaggio, dal quale scorgere la struttura logica del divenire del mondo, e questo stesso autore che giunge a comprendere rischi e pericoli che si incontrano nell’interrogarsi sull’inizio e sulla cessazione di tale divenire al di fuori delle strutture del linguaggio. La punta di penna che desta stupore allora potrebbe essere un richiamo ad emergere dalla nebbia del giro iniziale, ove l’attenzione è appuntata sul simile, sul comune, sulla congerie dei particolari e mettersi sulla strada della conoscenza e della verità il cui incessante divenire possa essere ricompreso e definito nell’orizzonte complessivo del linguaggio umano.

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