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lunedì 9 gennaio 2017

Morire di freddo

di Marina Zinzani

(ap) Il freddo che sentiamo ci sembra insopportabile, ma intollerabile moralmente è quel declino che porta l’uomo sulla strada, la perdita di tutte le radici.

La mia vita doveva andare diversamente. E’ inutile dirlo ora, pensarlo. E’ inutile guardare indietro, nel passato di un altro uomo.
Sono stato un altro uomo. Sono stato un uomo che usciva tutte le mattine per andare a lavorare, e che aveva un lavoro che gli piaceva, tutto sommato.
Ho lavorato tanti anni in quell’azienda. Poi sono arrivati gli americani, hanno comprato tutto, anche le nostre vite. Hanno detto anzi che alcune vite non servivano più, che eravamo obsoleti. Termine non usato, certo, ma questa è stata la verità delle cose: il mondo viaggia veloce, i giovani sono più dinamici, forse ricattabili, mettono su famiglia, fanno mutui, hanno bambini da crescere. Dicono facilmente di sì, e poi costano meno. Gli americani avevano pensato a tutto, prima spargendo piccoli segnali, poi mandando una bella lettera di licenziamento. E io a spasso, lontano ancora anni luce dalla pensione.
Le cose non sono andate meglio, a casa. Trovarsi un disoccupato, un depresso perché un lavoro alla  mia età non me lo dava mica nessuno, ha portato mia moglie a guardarmi in un altro modo. Sottili tensioni che c’erano state in passato sono riesplose. I soldi erano diventati un dramma. I soldi per le bollette, per la spesa. Prendere un giornale comportava un ragionamento, anche fermarsi al bar per un caffè e una pasta andava ponderato bene.
Mio figlio pendeva dalle labbra della madre. Non aveva capito la mia depressione, il mio sentirmi inutile a cinquant’anni, senza uno scopo, una prospettiva. Riciclarmi? Forse è più facile per un extra-comunitario trovare lavoro, sì, così come è più facile per lui farsi assegnare una casa popolare, un aiuto da qualche organizzazione, da qualche cooperativa.
Gli italiani sono lì, al loro fianco, nuova povertà silenziosa. Ci hanno rubato tutto, il futuro soprattutto. La possibilità di vivere una vita dignitosa.
La situazione in casa con mia moglie era diventata insopportabile, per lei ero un fallito e basta, alla fine. Uno che non voleva rimettersi in gioco, che non si sforzava di trovare l’entusiasmo necessario per provarci. E’ riapparso un tizio che conosceva, messo bene a soldi. Un amico, che poi ha regalato un computer a mio figlio.
Sono andato fuori di casa, da mia madre, e non è stato facile tornare figlio a questa età. E’ una cosa innaturale, dopo avere avuto una vita tua, in cui stabilivi ogni cosa, le abitudini, gli orari, in cui ti sentivi libero.
Quando mia madre è morta, sono rimasto senza casa, dato che viveva in affitto. Io non li avevo i soldi per l’affitto. E’ cominciata così la mia vita in strada. Un pasto caldo ce l’ho, qualche volta un dormitorio mi ha salvato nelle notti fredde, ma il mio cuore è congelato. Sono già morto di freddo, dentro.

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