Il tempo: non solo
silenzio e meditazione, ma anche dialogo e fantasia. A ricordarcelo: Omero,
secoli fa
di Paolo Brondi
Il nostro
tempo toglie spesso spazio al silenzio, alla meditazione. Ci fa
smarrire all’interno di una società non più aperta al dialogo, all’ascolto,
alla fantasia, ma al contrario favorevole alla passività, all’indifferenza,
alla corruzione.
Lasciarsi
coinvolgere in questa dinamica significa
negare valore allo stupore, alla
meraviglia, all’attesa e sottrae esperienza del tempo della fiaba, privandoci
di una dimensione che è non solo incanto
e piacere, ma è preludio alla conoscenza e alimento per rielaborazioni.
E’ raro
trovare riparo alla forza dell’efficienza, della razionalità tecnocratica,
mediatico - pubblicitaria, nella quiete di ore scaldate dalla voce di
un nonno, di tanti nonni e padri narranti favole belle a bambini innocenti.
Conviene
dunque andare contro corrente per contrastare le cecità della storia, non con
la coscienza di nostalgici alla ricerca del tempo perduto, ma con il richiamare
l’attenzione su una straordinaria figura del tempo che è la durata!
Solo ciò
che dura oltre la chiacchera ha valore, è cultura, scienza, arte, poesia e sa promanare
da sé principi, morale, sentimenti, dirompenti la negatività del tempo che va.
Lo provano
le favole, pur antiche, che attirano stuoli di bambini, ma anche adulti
sorpresi e lieti di risentire una tenerezza forse mai incrinata. Lo dimostrano
voci che di mille secoli vincono il silenzio, cantando:
Quale una stirpe di foglie
Tale è anche di uomini
Le foglie, alcune il vento
Ne riversa a terra
Altre la selva rigogliosa
Ne produce
E sopraggiunge la primavera
Così è la stirpe degli uomini
Una germoglia, una si estingue
Immagini, forme che parrebbero
scritte da poco, invece sono state cantate da un aedo dolcissimo, Omero,
vissuto migliaia di secoli fa. La “durata” del tempo merita rivisitazioni per
ridonare alle menti di tutti noi la consapevolezza dell’essere uomo.
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