Un piatto che ad alcuni ricorda Gian Burrasca. Però i ragazzi d’oggi
preferiscono un hamburger con patatine fritte
di
Marina Zinzani
Ho
75 anni, e li sento tutti. Non ho più le energie di una volta, ogni anno che
passa si sente sempre di più. Sono vedova da molti anni, ed ho una figlia
sposata, Tea, la quale ha un figlio, Jacopo, di sette anni.
Mi
avvio verso il tramonto, sono un po’ romantica e crepuscolare, sono sempre
stata così, anche da giovane. Quando si è anziani, si preferisce stare
tranquilli con i propri pensieri. E poi si ha bisogno dei propri spazi, dei
propri tempi, dei propri ritmi.
Ogni
anno, quando mia figlia Tea era piccola, andavamo in vacanza a Lido di
Camaiore. E’ un posto magnifico per me, adatto al riposo, con qualcosa di
familiare che lo rende unico. Unico nei ricordi, certo, unico per me, che da
quando mio marito non c’è più ho i pensieri che volgono dietro, al passato,
perché non vedo tante cose davanti.
Comunque…
non posso sempre lamentarmi. In fondo ho ancora una discreta salute, la testa a
posto, e ho una figlia che si è fatta una bella famiglia.
Devo
dire una cosa. Di quelle che non si possono dire, o si dicono sottovoce, ad
un’amica con cui hai confidenza. Mia figlia mi ha mandato a Lido di Camaiore da
sola con Jacopo, perché lei e il marito lavorano, e una settimana di vacanza,
al mare, il bambino la deve fare.
Ecco,
il termine “la deve fare” mi ha lasciato un po’ perplessa. Secondo me potevano
andare loro tre in agosto, si fanno così le vacanze, la famiglia sta assieme
una settimana al mare o in montagna. No, mia figlia mi ha messo davanti al
fatto compiuto: “Ho prenotato l’albergo, quello in cui andavamo quando ero
piccola, state tu e lui una settimana, così anche tu ti svaghi.” In quel
mentre, non sapevo se quell’ultima frase, “anche tu ti svaghi” era una cosa a
cui credeva o era detta con ironia.
Io,
sulle prime, ho provato a dire di no, non sono sicura di stare bene, il sole,
troppo sole mi dà fastidio, alla mia età ho i miei ritmi, ma lei non ha voluto
sentire ragioni. “Ho già prenotato, mamma. Vedrete, sarà una bella settimana.”
Ne
ho parlato con la mia amica Carla, e lei mi ha detto: “Prendi una scusa, dì che
hai la pressione bassa. Non lascerà suo figlio con la nonna che sta male.”
Sì,
non era una cattiva idea. Ho accennato a mia figlia della pressione bassa che
ho ultimamente, ma lei non ha chiesto altro: “Una bella settimana di vacanza è
proprio quello che ci vuole, allora.”
Un
luogo di vacanza può diventare l’inferno? Jacopo non si tiene, lo sapevo, e lo
sa anche sua madre. Non dà retta a nessuno. Dire che è una peste è una cosa che
non esprime il problema. Il primo giorno ha tirato la coda al cane del padrone,
e io a riprenderlo, mi sono vergognata da morire. Ha trovato un altro bambino e
corrono, si rincorrono, hanno fatto cadere un vaso, che si è rotto, mi sono
vergognata anche lì. Parla a voce alta a tavola, non mi chiama nonna, mi chiama
“Alice”. Tanto più che uno in albergo gli ha chiesto chi ero, e allora sono
dovuta intervenire, spiegando sommessamente che non sempre mi chiama nonna. Mi
sono vergognata anche lì. Ha fatto cadere del
brodo per terra, l’altra parte l’ha rovesciata sul tavolo. Questo in
albergo. In spiaggia è ancora peggio, sono in uno stato di continua
fibrillazione, perché prende la rincorsa e va in acqua, anche prima che siano
passate tre ore dal pasto, e io a rincorrerlo, ho paura che anneghi, che si
perda, che vada in un altro bagno e non mi trovi più, ho mille paure. Mille a
dir poco. Altro che riposo, che settimana di vacanza. Un incubo. Ma io sapevo
tutto, perché lo vedevo a casa con sua madre e suo padre e il bambino non dà
retta, fa quello che vuole, non si sa come prenderlo.
Siamo
in Toscana, e ci hanno servito in albergo la pappa col pomodoro. La faccio
anch’io delle volte a casa, quando rimane del pane. Lo abbrustolisco un po’,
passandoci sopra uno spicchio d’aglio, poi lo metto in un tegame, aggiungo del
brodo vegetale e della passata di pomodoro, e cuocio una quarantina di minuti,
aggiungendo alla fine un filo d’olio e due foglie di basilico.
Mi
viene in mente Gian Burrasca. Rita Pavone, e il suo personaggio che faceva
impazzire allora. Viva la pappa col pomodoro!
Il
mio Gian Burrasca ne ha assaggiato un cucchiaio, e ha fatto una faccia
schifata. “Non mi piace! Voglio le patatine fritte!” Io mi guardavo attorno, mi
vergognavo a chiedere al cameriere una cosa fuori menu, cosa frequente in
questi giorni, perché a Jacopo, altra cosa pesante, non piace niente. Solo
hamburger, patatine, cose fritte.
“Porti
pazienza – ho detto al cameriere – la vostra pappa al pomodoro è buonissima ma
Jacopo vorrebbe delle patatine fritte.”
Il
cameriere mi ha sorriso, un sorriso d’intesa, che era anche di compatimento per
me, come se sapesse tutta la fatica che faccio per stare dietro a questo
bambino. E pensare che quando venivo con Tea e mio marito, la bambina non si
muoveva da tavola, mangiava quello che c’era, non dava il minimo problema,
educatissima. Altri tempi.
Intanto
siamo già a metà settimana. Sabato finisce la vacanza, e io, cosa che non si
dovrebbe fare in vacanza, conto con ansia i giorni e non vedo l’ora di tornare
a casa.
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