La spiaggia di Fregene, marzo 2018 |
Se
non si convive con la neve, scoprirne il senso di bellezza può essere più
facile. E più sorprendente. Come in riva al mare
(ap) Il cielo
è basso, appena qualche sfumatura lo distingue dalla lingua di mare sulla
sinistra e dalla striscia di sabbia dalla parte opposta, che insieme corrono
veloci verso un punto lontano e lì quasi si congiungono. Fregene, marzo 2018. Nella
notte i fiocchi hanno lasciato le nuvole a mezz’aria, sospese ed incerte,
vagabondando sino alla spiaggia, vincendo il brivido della discesa.
Hanno creato
un manto, che avvolge, uniforme e compatto, la distesa di sabbia. Dovrebbe
essere splendidamente bianco ma si fa fatica a riconoscerlo di questo colore
nitido perché così impregnato del grigio sovrastante. Non si avverte
turbolenza: gelo e maltempo sono lontani, il vento ora si è calmato.
La natura,
nei luoghi di mare, sa sorprendere di prima mattina con questi paesaggi
inconsueti e uniformi. Risalta soltanto, a ricordare l’abbaglio di altre stagioni,
la sagoma del capanno, che d’estate raccoglie il vociare confuso dei bagnanti e
sembra sfidare coraggioso il vento di ponente. Ora, appena spolverato di neve,
è vuoto. I fasci di paglia che circondano i pali di legno non si muovono
nell’aria, rimangono immobili, e lui, il capanno, osserva tranquillo le onde che
si avvicinano alla riva lentamente, prive dell’impeto dei mesi caldi.
Un’atmosfera
smorzata nei colori, senza guizzi, che tutto avvolge ricoprendo le cose con le
sue tinte discrete e calme. Una distesa uniforme che i passi di bambini giocosi
o di curiosi visitatori non osano contaminare, neppure sollecitati da un evento
tanto raro come la neve sul mare, per non infrangere l’incantesimo di quegli
istanti.
Un chiarore
abbagliante ricopre e rende uniforme la sabbia, i cui granelli in questa zona,
a differenza di tante altre spiagge, sono scuri e addirittura neri, per la
notevole concentrazione di ferro, formando di solito una macchia di colore grigio-bruno.
L’immagine ci
fa scoprire la magia della neve, quella sua capacità di distendere un velo
delicato sulle cose, soffice e uniforme, portando con sé un senso di bellezza.
Là dove c’era asprezza e oscurità, un calpestio irregolare e scomposto, ora
compare una coltre immacolata che sa adagiarsi in silenzio e con delicatezza
anche su terreni accidentati. Quasi con discrezione.
In una sola
notte, anzi in poche ore, il paesaggio muta e diventa incantato. La neve, proprio
perché composta di tanti cristalli ma collegati tra loro, sa interpretare la
luce e coglierne la misteriosa essenza, raccogliendo nel colore bianco la somma
di tutte le sfumature presenti in natura.
Basta poco,
forse, per superare avversità e discordie che appaiono tanto aspre, così simili
ai grumi portati dalle mareggiate, ai gusci ormai privi di vita trascinati in
riva, ai rami sospinti dalle correnti. Quel velo di neve, pur così fragile e
effimero, insegna a non calpestare nulla, a rifiutare l’indifferenza e la
cattiveria, a non ostentare né inseguire l’effimero, ma piuttosto a imitare
quel modo che è proprio della natura, discreto e rispettoso delle cose.
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