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sabato 22 settembre 2018

Starbucks: il piacere di fare la fila

Ore di attesa per un caffè: cosa c’è dietro?

di Marina Zinzani

Ore di fila davanti a Starbucks, a Milano. C’erano state ore di fila anche per il pollo filippino, mesi prima. Novità, esserci appena apre, poterlo raccontare, emozione: cosa accomuna le persone disposte a stare in piedi, al caldo per ore, per poter sorseggiare il caffè di Starbucks? Per poter vedere il locale il giorno che apre?
La prima cosa che si pensa è vitalità. Ma ogni evento ha diverse narrazioni, basta spostare il punto di vista. Qualcuno potrebbe definire quella frenesia come l’emozione al tempo del capitalismo: l’oggetto, in questo caso l’alimento, diventa fonte di piacere, non c’è stanchezza che tenga, neanche il prezzo alto ferma chi vuole vedere l’anteprima. Emozione al tempo degli oggetti, che devono restituire ciò che si è perduto, confortare, riempire vuoti.
Si pensa a chi dorme di notte davanti ad un megastore perché la mattina cominciano i saldi, si vede da qualche parte del mondo. Ma mentre lì può esserci un discorso economico, il forte sconto che attira,  la fila per l’apertura di un negozio sembra cosa diversa: qualcosa da raccontare agli amici, è strepitoso il posto, mah, non è granché, il caffè è buono ma costa più della media, anche il cappuccino è caro, però vuoi mettere stare in un posto così, conversare… bello, molto bello. Amici, condivisione, piccola follia la fila di ore: ecco che lo scenario si sposta, diventa vitalità anche se si tratta di qualcosa di effimero, di superficiale. E l’esserci, il primo giorno, ha un sapore diverso, si respira l’allegria di una serata fra amici.
Gli aspetti molteplici, e le verità che si confondono. Da una parte sembra anche una forma di vuoto persistente nell’aria, da riempire con eventi non propriamente culturali: non si è in attesa di vedere una mostra di Caravaggio, di visitare gli Uffizi. Lì, in quel caso, non si può dire che si respiri il vuoto, lì c’è una persona pronta ad accogliere una meravigliosa forma di bellezza.
Un giorno magari ci andremo, a Starbucks, quando la folla, continuata anche nei giorni successivi, si sarà sfoltita. Berremo il caffè e cercheremo di trovarci un sapore nuovo, unico, che possa spiegare l’entusiasmo dell’apertura. Chissà se una tazzina di caffè riempirà un momento, e lo renderà piacevole, da raccontare.

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