Adorazione dei Magi, di Albrecht Dürer |
L’arrivo dei Re Magi completa la rappresentazione del
presepe, scenografia culturale che racconta il viaggio dell’uomo alla
ricerca di una luce, ovunque essa sia
(ap*) Uomini venuti da molto lontano, pellegrini nella notte ma guidati da
una stella: la tradizione del Natale racconta il lungo cammino dei Re Magi verso l’umile
mangiatoia per salutare l’arrivo di Gesù bambino, e portare in dono l’oro,
l’incenso e la mirra.
L’arrivo dei Magi è il gran finale della rappresentazione che ogni presepe
evoca nel giorno che la consuetudine pagana riserva alla venuta della befana
per rallegrare i più piccoli.
Chi erano costoro e quali fossero i significati di quei regali è stato
indagato per secoli nell’esegesi biblica, nella letteratura, nella saggistica
di ogni tendenza. Nonostante ciò, possiamo chiederci oggi se quel singolare e
affaticato cammino verso una capanna tanto semplice quanto carica di enigmi
rechi qualche novità all’uomo del nostro tempo, con i suoi affanni quotidiani e
le sue domande esistenziali.
Una domanda rivolta non solo a chi ha fede, ma proprio a chiunque,
soprattutto il cosiddetto ateo, colui che, senza poter credere in un Dio,
tuttavia si senta ugualmente pellegrino, come uno dei Magi, verso una luce che
dia senso alla vita e alla morte, ovunque essa sia.
Il fascino e il mistero di quei personaggi derivano dalla brevità dei cenni
con cui ne parla il Vangelo di Matteo, che li indica
semplicemente come “Magi venuti dall’Oriente” che avevano “visto in cielo una
stella” ed erano venuti “ad adorare il re dei Giudei”.
In realtà sappiamo che essi non erano veramente dei Re ma soltanto
sacerdoti della corte di Babilonia, che studiavano il cielo per trarne presagi
da comunicare alla popolazione. Una professione che deve averli resi curiosi
verso i misteri dell’universo sino a quando decisero di intraprendere il
viaggio verso Betlemme, stavolta sollecitati da una stella diversa dalle altre.
L’intera scenografia culturale del presepe, anche riguardo a questi
personaggi, è frutto di scritture che appunto hanno reso la rievocazione della
nascita di Gesù – negli aspetti che conosciamo oggi - l’elemento fondativo
della comunità cristiana.
Così, i Magi erano in tre, si chiamavano Gasparre, Melchiorre e
Baldassarre. Il numero, l’età, la provenienza concorrono a dare spazio a molteplici interpretazioni
simboliche. Rappresentano le tre razze umane (la semita, la giapetica e la
camitica) diffuse nel mondo conosciuto e i tre continenti (Asia, Africa,
Europa) in cui era diviso secondo le nozioni dell’epoca. Le loro diverse età
indicano i vari periodi della vita dell’uomo, la giovinezza, la maturità e
infine la vecchiaia.
Ma soprattutto sono i doni da loro portati il simbolo principale della condizione
umana e del peregrinare alla ricerca di una meta. L’oro infatti era riservato
ai re, l’incenso indicava il soprannaturale, la mirra riportava all’umanità.
Tutti segni indicativi della complessità e forse dell’interezza del rapporto
tra l’uomo e il divino.
I simboli dell’Epifania (dal cammino dei Magi ai doni consegnati al Bambino)
non richiamano semplicemente un passato fonte di fede per alcuni, ma rivolgono a
tutti una provocazione, pongono domande all’uomo contemporaneo.
Se l’oro evoca la regalità specie divina, essa si identifica sulla terra sempre
con il potere, qualsiasi potere, giusto o illegale che sia, controllato o
indiscriminato. Allora quali sono le forme moderne di potere? Quali scopi
perseguono, solo per citare alcuni esempi, la politica e la finanza? Diventa irrinunciabile
una riflessione sugli scopi di ciascun potere e sul rapporto con la
quotidianità dei singoli e delle loro famiglie.
L’incenso non è solo il profumo che tuttora viene usato, anche in Occidente,
per purificare l’aria e renderla più gradevole, oppure nella liturgia durante
certe cerimonie. E’ in vero simbolo ed espressione di purezza e di autenticità.
Hanno ancora un senso questi valori nella società di oggi, possono continuare a
dirci qualcosa, e come intenderli? Raccontano un sogno o sono un armamentario
vetusto?
La mirra, oggi sostanza del tutto sconosciuta ai più, era una resina
utilizzata per imbalsamare i corpi e con la quale fu cosparso quello di Gesù.
Si utilizzava anche per curare ferite. Ha dunque il significato di cura, di
medicamento, persino di carità. Da cosa sentiamo maggiormente di dover essere
curati ai nostri tempi? Quali malanni ci preoccupano di più, dall’insicurezza sociale
alla precarietà delle nostre condizioni individuali? E dove trovare un
medicamento adeguato?
I Magi che vengono da tanto lontano compiono un viaggio che è il cammino di ognuno di noi. Di chi non si arresta all’evidenza del presente, e alla mediocrità della
scena che si svolge davanti a lui, ma si sente attratto ed inquietato da una
misteriosa stella. Ovunque creda di vederla.
In questo, l’essere umano è davvero, come scriveva Jacques Maritain, un
“mendicante del cielo”, cercatore di qualcosa che dia senso al suo esistere e
che provenga da un altrove. Esprimono, i Magi portatori di doni, la ricerca del
nostro cuore inquieto, e rappresentano in questo modo tutti noi in perenne
esodo, cioè in cammino verso una luce che giunga dall’alto.
* Leggi anche La Voce di New York:
Il gran finale del Natale: i Re Magi, una storia, un cammino
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Il gran finale del Natale: i Re Magi, una storia, un cammino
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