(Una scheda "madre") |
(ap) I “racconti del sabato”: una
giornata della settimana, occasione di un racconto. E’ un momento particolare,
spesso infarcito soltanto di maggiori impegni, faccende di casa, per una donna.
Da trascorrere correndo, con le ore ancora una volta contate, insufficienti.
Un tempo per fare ciò che si è
rimandato in attesa di trovare spazio tra le proprie cose, oppure, invece, per
dedicarsi a qualcosa di piacevole, divertente; leggere un libro, guardare un
film, uscire con amici di vecchia data. Trovare pace e serenità, piccoli
piaceri. Accade anche di non fare nulla, guardarsi intorno in casa, fare una
passeggiata. In compagnia dei propri pensieri.
“Agata” è la storia di una madre,
preoccupata per i figli che vede crescere, esposti a mille pericoli, la
discoteca, gli amici, la droga, tutte le cose che rendono incerto il presente
dei giovani e espongono i genitori a recriminazioni e dubbi. Sono una buona
madre? Cosa fare per i figli, oltre che rimanere svegli fino al loro ritorno a
casa nella speranza di non vederli né “sfatti”, né travolti dalle inquietudini
dell’età.
Una condizione assolutamente speculare, e di segno opposto, rispetto
a quella dell’amica di sempre, che – senza figli – non ha nessuno di questi
problemi e vive, così sembra, spensierata. Il sabato, per due donne tanto
diverse e pur amiche, è il momento in cui le loro vite sembrano divaricarsi più
nettamente. Generando incomprensione.
di
Marina Zinzani
Il
sabato cominciava sempre allo stesso modo. La lavatrice, i letti da rifare, le
pulizie. Alzarsi di mattina presto, perché neanche di sabato una donna riposa,
se durante la settimana lavora. Ma tutto questo come cosa consueta, di cui non
lamentarsi.
Agata
aveva nostalgia ogni tanto delle lunghe ore di sonno di quando era giovane, e
toccava a sua madre fare i lavori in casa. Lei il sabato dormiva fino a tardi,
e poi era un uscire gradevole, incontrare un’amica, farsi un giro al mercato.
Erano
passati tanti anni da allora, nelle sue mani c’era una fede al dito, nella sua
casa le foto dei figli, Lorenzo e Camilla. Il maschio di 14 anni, la femmina di
18. L’adolescenza.
Il
sabato era caratterizzato da due cose, anzi tre: le faccende domestiche,
l’incontro con la sua amica Chiara, di pomeriggio in un bar o in una sala da
the, e la preoccupazione per la figlia. Di sabato cominciavano le angosce
sottili, taciute, i pensieri che andavano per conto loro, fra mille rivoli e
possibilità.
Molte
di queste possibilità erano nefaste. Camilla si era messa in un brutto giro,
rientrava tardi la notte, anzi, non era neanche più notte, era l’alba, l’alba
della domenica, la incontrava alle sei del mattino, lei insonne da ore ad
aspettarla, a guardare dalla finestra, a farsi un caffè in cucina e a far finta
di niente quando la figlia tornava, come se avesse riposato tranquillamente.
Anche oggi è tornata: i pensieri trovavano un punto fisso, la cosa più
importante. Un mezzo saluto, un vago odore di fumo nei vestiti, di alcol nell’alito,
il volto tirato, gli occhi apatici, solo accesi quando doveva rispondere a
qualche domanda: cosa hai fatto, dove siete stati. Insofferenza, parole
sgarbate, un’alzata di spalle.
Il
sabato sera, cruccio settimanale, appuntamento a cui ogni madre e ogni padre
facilmente rinuncerebbero, in nome di un po’ di tranquillità. Era chiaro che
qualsiasi imprevisto o disgrazia poteva accadere anche altri giorni, anche di
pomeriggio, ma il sabato sera, anzi la domenica mattina, Camilla tornava in
stato pietoso. Chi era il suo ultimo ragazzo? Ah, saperlo… Da tempo la ragazza
non raccontava più niente a sua madre, le risposte erano evasive e polemiche.
Ai tuoi tempi… e giù un sorriso sarcastico…
Che
noia, tutto questo. Oltre alla preoccupazione, allo sguardo di notte alla
sveglia, le lancette che scandivano le quattro, le quattro e mezzo, le cinque, anche le sei e mezza, c’era qualcosa che
affaticava la mente, fino a rendere sterile la sua vita, diventava tutta una
serie di pensieri, preoccupazioni, cose da fare, senza un minimo di piacere. In
tutto questo suo marito stava in disparte, diceva di non preoccuparsi, che era
l’età, che Camilla avrebbe trovato un bravo ragazzo e si sarebbe sistemato
tutto. Come se non vedesse dei segni, dei sintomi per niente confortanti.
I
pensieri si inserivano come anguille viscide nelle faccende quotidiane.
Anguille che diventavano anche serpenti, a volte. Sua figlia si drogava? Droghe
leggere? Non poteva escluderlo. C’era un muro fra di loro, l’incomunicabilità
dei giovani, i social che avevano preso il posto dei dialoghi, del guardarsi
negli occhi. La mancanza di comprensione verso una madre che poteva essere
stanca il sabato, e si poteva aiutare nelle faccende domestiche. E invece no,
Camilla stava chiusa in camera o usciva. Dialoghi zero.
Perché
la sensibilità fa vedere le cose per come sono, perché fa interrogare più degli
altri, perché fa soffrire e rendere malinconiche le giornate: era il mondo di
Agata questo, spesso celato anche a se stessa. Appariva solo una madre che si
preoccupava di una giovane di oggi.
Chiara
era l’amica del sabato pomeriggio. L’unico vero svago mentale durante la
settimana. Il ritrovarsi davanti ad una tazza di the, a due pasticcini,
raccontarsi le proprie cose faceva parte di quel mondo di salvataggio che
appariva il rapporto fra donne, quel disinnescare le tensioni anche con
l’ironia, quel confrontarsi che poteva aiutare.
La
vedeva Chiara, alle prese con il suo nuovo problema. La vedeva ora che si erano
trovate davanti al solito the del sabato pomeriggio. Un bacio. “Come stai, tutto bene?” Ordinare, e poi
cominciare a chiacchierare. Un problema, quello di Chiara, che aveva preso la
scena. Doveva andare alle Canarie, aveva una settimana di ferie e con il marito
aveva visto un hotel niente male a Tenerife, ma il volo super scontato partiva
da un’altra città. Che fare?
Ecco,
il problema di Chiara che non aveva avuto figli. Il problema era da dove
prendere un aereo per Tenerife. Non se la figlia fosse tornata a casa sana, la
domenica mattina, se qualcuno non avesse telefonato nel cuore della notte… La
pelle di una diciottenne così già sciupata, le parole quasi incomprensibili, la
mattina… Alcol o di più… E Chiara che non aveva avuto figli le presentava i
suoi problemi…
Lei
aveva provato pena per Chiara un tempo, era una menomazione non avere figli,
era la privazione del futuro. Aveva provato pena e qualche volta ne avevano
anche parlato, e Chiara aveva alzato le spalle, se era destino, aveva detto…
Certo, aveva pensato per tanti anni Agata, quante cose si perdeva l’amica: le tenerezze
di una figlia, la bambolina dai riccioli d’oro, la luce della giornata che la
piccola presenza regalava. Niente, nessun viaggio all’estero, nessun abito,
nessun ristorante, nessuna libertà poteva essere comparabile all’affetto di una
figlia.
Ora
un dio crudele aveva girato il prisma, c’era un’altra possibile realtà: Chiara
era privilegiata a non aver figli, Chiara coltivava un buon rapporto con il
compagno, rafforzato da viaggi, da gite con amici, da interessi comuni, da
abbastanza denaro. Una vita invidiabile, appariva ora quella dell’amica. I
figli alla fine non le mancavano, era destino, aveva detto. Con un sorriso.
Chiara
glielo chiese, come andava con la figlia. Agata più di una volta si era
sfogata. La ragazza da almeno due anni era intrattabile, la considerava una
governante, anzi una serva, e poi… in che giro si era messa… come può una
ragazza ubriacarsi… ubriacarsi a quel modo… gliel’aveva detto piangendo, si era
confidata Agata, ma a cosa era servito… cosa poteva capire Chiara, che di figli
non ne aveva e non sapeva cosa voleva dire vivere nel terrore, terrore a volte…
Chiara
le fece qualche domanda. Dopo la parentesi Canarie, dopo il suo annoso
problema, l’attenzione verso il mondo di Agata fu quasi doverosa. Ma sembravano
problemi senza via d’uscita. La sensazione di fallimento era nell’aria, Agata
era fallita come madre, fallita come donna, non si sentiva niente. Non era
niente.
Chiara
dopo un po’, dopo qualche confidenza di Agata, “Camilla è tornata alle quattro
sabato scorso, barcollava, ero sveglia”,
Chiara dopo un po’ guardò l’orologio. Lo sguardo altrove, non diretto a
lei. Era il segno della noia. Il mondo dei figli degli altri annoiava. Doveva
passare in agenzia per il suo viaggio, questo disse ad un certo punto.
Si
salutarono poco dopo, e mentre rincasava Agata pensò che qualche sabato con
Chiara poteva saltarlo, in fondo non avevano poi tante cose da dirsi.
Nessun commento:
Posta un commento