(foto open.online) |
La vicenda di Carola Rackete, il
capitano della Sea Watch, non può essere semplificata come contrasto tra generosità e rigore inumano. Oltre la suggestione del
gesto di disobbedienza del singolo contro il potente, serve un approccio
razionale e costruttivo ai problemi complessi come l’immigrazione
(ap *) Le migliori cause talvolta
suggeriscono strane antinomie, costruiscono bandiere improprie da agitare al
vento. Invocando magari i sacri principi della libertà e dei valori civili
dell’Occidente. Succede forse per la fretta di cogliere – in un panorama
desolante – esempi sociali rassicuranti, o per l’approssimazione nell’analisi
degli eventi, che dovrebbe ispirarsi a necessari
criteri razionali.
In questa trappola è caduto il grande scrittore
Mario
Vargas Llosa che si è soffermato ancora una volta sulla vicenda di Carola
Rackete, il capitano della Sea Watch, la nave dell’Ong tedesca che ha
tratto in salvo 47 migranti, poi arrestato per aver forzato il blocco navale
imposto da Salvini (“porti chiusi“). In un lungo e accorato intervento
sulla stampa è stato chiarissimo: la giovane donna andrebbe addirittura premiata, anzi «merita il premio Nobel per la pace».
La motivazione?
Si parte dall’individuazione del «nemico» contro cui la giovane donna si è
battuta per esaltare di riflesso le ragioni del competitor, cioè lei, in una
motivazione soprattutto “per differenza”.
Dunque c’è una
deriva nazionalista nella politica italiana e europea, il pericolo del trionfo di
personaggi come Matteo Salvini e compari, espressioni di una «tradizione
oscurantista che ha riempito di sangue e cadaveri la storia dell’Occidente»,
nemici acerrimi dei diritti umani e della democrazia. Un quadro drammatico e
sconfortante – in sé affatto privo di fondatezza – che impone reazioni, esige
modelli alternativi, richiede anticorpi capaci di neutralizzare quel pericolo.
Ecco, a
portata di mano, con la sua vicenda di salvataggio in mare di alcuni disperati,
un campione della lotta a quell’oscurantismo
antidemocratico di Salvini, la giovane Carola, che, non soltanto ha dato
prova di umanità, ma «di fronte a leggi irrazionali e disumane ha esaltato il
valore morale della disobbedienza civile».
C’è un
irresistibile incantamento verso la bellezza del gesto – quasi agonistico ed
atletico – compiuto contro il potente di turno. Davide contro Golia. C’è il
desiderio di esserne coinvolti e quasi storditi in un mondo così privo di
esempi nobili e di buone azioni generose.
L’indifferenza
di quanto ci circonda esige una compensazione ed un risarcimento, che cerchiamo
affannosamente credendo di individuarli in qualunque realtà: abbiamo bisogno di
reincantarci in un mondo totalmente disincantato. Non importa il risultato di
quel gesto, la sua razionalità, la lettura di una realtà complessa e difficile,
come quella dell’immigrazione, dove non si può entrare a gamba tesa, o a testa
bassa, pur motivati da nobili intenti.
Non si può
operare – specie come soggetti privati - senza pensare al prima e al dopo, alla
vita di questi disperati nella terra da cui partono, soprattutto al loro
destino nelle terre di approdo, che siano l’Italia o altro paese, al di fuori
di un progetto studiato e concordato con gli Stati.
Proprio
l’umanità che ispira questi gruppi di volontari trova il suo tradimento in una
“navigazione” senza prospettive, costruita come “prova di forza” non solo contro
le regole degli oscurantisti come Salvini, ma in generale contro il concetto
stesso di diritto tra gli Stati e il senso di una gestione collettiva dei
problemi, alla fine paradossalmente funzionale allo stesso immondo traffico di
esseri umani che si vorrebbe combattere. Unico risultato, la magia del bel
gesto, l’intensità dell’azione. Troppo poco per un Nobel.
* Leggi anche la Voce di New York:
Carola Nobel per la Pace? La magia del bel gesto senza prospettive non basta
* Leggi anche la Voce di New York:
Carola Nobel per la Pace? La magia del bel gesto senza prospettive non basta
Non si può operare senza pensare al prima e al dopo, alla
vita di questi disperati nella terra da cui partono, soprattutto al loro
destino nelle terre di approdo
Bellissimo articolo,articolato sul filo del pensiero logico che al di qua del bel gesto, prefigura e sollecita "la gestione collettiva dei problemi" senza i quali il bel gesto diventa ... "funzionale allo stesso immondo traffico di esseri umani"!
RispondiEliminasecondo me Quel filo sottile che lega il gesto eroico tirato con le orecchie dei battaglioni schierati in campo alle brutali spinte celate dei potenti della terra sta logorando i più banali concetti della democrazia.
RispondiElimina...raro esempio di intelligenza...pura! la sua intendo, Dottore...
RispondiEliminae' questo il nocciolo, e non c'e' Soros ne' Salvini che tengano, gli eroi, poi, grazie a Dio, son ben altra cosa! Grande! 30 con lode e bacio accademico!