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Il reddito di cittadinanza agli ex brigatisti. Mafiosi o terroristi condannati
all’ergastolo che possono uscire di cella. Un premio, un pericolo? Il governo delle regole deve affrontare una questione essenziale: la frattura con le scelte sanguinose di un tempo
(ap)
Non bastano gli anni trascorsi per dimenticare. Ferite mai cicatrizzate e tanti
ricordi tornano a scuoterci nel profondo. Dal buio, mai totale, della memoria
riemergono fantasmi che ci rendono inquieti, e preoccupati per il futuro. Anche ex
brigatisti rossi possono beneficiare del reddito di cittadinanza, come fa ogni
mese Federica Saraceni condannata in via definitiva per l’omicidio
D’Antona?
Mafiosi, o terroristi, condannati all’ergastolo per gravi delitti possono, come i delinquenti comuni, ottenere dei benefici senza aver reciso i legami col passato e così tornare in circolazione? Nomi del calibro di Leoluca Bagarella, Giovanni Riina, Benedetto Santapaola. Della brigatista Nadia Desdemona Lioce. Responsabili di omicidi, stragi, quest'ultima condannata per l'assassinio di Marco Biagi.
Mafiosi, o terroristi, condannati all’ergastolo per gravi delitti possono, come i delinquenti comuni, ottenere dei benefici senza aver reciso i legami col passato e così tornare in circolazione? Nomi del calibro di Leoluca Bagarella, Giovanni Riina, Benedetto Santapaola. Della brigatista Nadia Desdemona Lioce. Responsabili di omicidi, stragi, quest'ultima condannata per l'assassinio di Marco Biagi.
Il
pensiero corre a tanti eventi efferati, al tritolo sanguinario (da Falcone a
Borsellino), ai delitti in danno di tanti che hanno avuto il torto di
combattere l’illegalità, rappresentare lo Stato, od essere, per professione
esercitata, come Massimo D’Antona o Marco Biagi, simbolo di convivenza civile
ed onestà. Vicende da cui ci separano anni, magari sconosciute ai più giovani
che non erano ancora nati, ma non sepolte in un passato polveroso.
Si
potrebbero analizzare in dettaglio queste problematiche, che appaiono legate da
un filo comune, perché riguardano soggetti responsabili di fatti gravissimi che
hanno lacerato il tessuto sociale provocando dolore e sofferenza, ma che sono
anche assai diverse tra loro. O hanno una differente origine.
La
normativa sul reddito di cittadinanza non ha previsto un’esclusione di questa
possibilità per i condannati di certi reati, ma solo per gli imputati. Una
situazione paradossale: se si è – solo - sotto giudizio non vi è accesso alla
misura, mentre se la responsabilità penale è stata accertata in maniera
definitiva questa possibilità è stranamente possibile e legale. Frutto di improvvisazione,
oppure di calcolo ideologico errato. E non è superfluo ricordare che – a
dispetto di ogni vanteria di intransigenza e fermezza - proprio la
Lega di Matteo Salvini si oppose ad un emendamento che introduceva questo
divieto per i terroristi già condannati.
Nel
caso dell’ergastolo cosiddetto ostativo (perché esclude dalla liberazione
condizionale o da altri benefici certi condannati al massimo della pena che non
abbiano deciso di collaborare con la giustizia) è
intervenuta la Corte europea dei diritti dell’uomo a ritenere che la
misura sia contraria al principio per cui il trattamento detentivo non debba
essere “degradante o inumano”, come in questo caso in cui il detenuto non
avrebbe altra prospettiva che rimanere tra le sbarre.
Immediate
le reazioni in entrambi i casi. Offesa la sensibilità delle vittime dei reati
commessi da ex brigatisti rossi, ma soprattutto la dignità dello Stato stesso,
pronto a venire incontro a chi lo ha combattuto con le armi senza pretendere
nemmeno un ripensamento delle proprie azioni. A molti poi è sembrato che la
Corte europea, quanto all’ergastolo, sottovalutasse la pericolosità del
fenomeno mafioso o terroristico, o semplicemente la stessa natura permanente
del vincolo associativo criminoso – se non interrotto da una resipiscenza
comprovata – e quindi capace di perpetuare i suoi effetti anche a distanza di
tempo.
Non
si tratta di casi limite o di scarsa importanza, che non incidano sui
meccanismi sociali, in una parola sulla funzionalità del paese. Ci coinvolgono
tutti, mostrano quanto certe scelte dei singoli abbiano lasciato segni
indelebili nelle coscienze, per cui la possibilità che lo Stato versi una somma
di denaro all’ex brigatista oppure gli conceda di uscire dal carcere è
avvertita come un sopruso intollerabile. Appunto una sorta di premio a
criminali.
Non
basterebbe soltanto predisporre qualche rimedio giuridico pur necessario, come
escludere certi condannati dal reddito di cittadinanza, o valutare caso per
caso la sorte dei singoli mafiosi e terroristi per verificare che
qualcosa sia cambiato.
In
discussione, piuttosto, è il difficile equilibrio dei valori. Tra il concetto
stesso di “regola”, valida per tutti, e quello, ancora più problematico, di
“limite” – oggettivo e legale – alla sua applicazione. Un problema che investe
la normativa italiana, ma anche quella europea.
Si
tratta di stabilire se, nel primo caso – come molti a suo tempo mettevano in
evidenza –, il reddito di cittadinanza possa davvero avere, secondo
l’ispirazione originaria dei 5SStelle e anche di certa sinistra radicale
refrattaria a limitarlo, un carattere di “universalità” e sia dunque
intollerante rispetto a possibili condizioni. Solo uno strumento di sostegno in
funzione della reintegrazione nel mondo del lavoro e non una gratificazione
immeritata, come appare a molti.
Oppure,
nel secondo caso riguardante il fine pena irriducibile, se la liberazione di un
condannato possa considerarsi un “diritto” vero e proprio del soggetto con una
forza esorbitante rispetto ad ogni restrizione, e non come “possibilità”
subordinata a un percorso riabilitativo. Perché la libertà – dopo fatti tanto
gravi – richiede una frattura con il proprio passato.
Alcune
scelte individuali – per fortuna poche - hanno segnato tuttavia l’esistenza di
tanti e anche a distanza di tempo i conti non tornano mai. Una sfida che sembra
impossibile: trovare il modo di comporre il dissidio. Il passato che ci era
sembrato per un attimo inchiodato nel legno della dimenticanza riemerge ogni
volta che qualcosa torna a ricordarci il sangue innocente. Un dramma che sembra
parte integrante della nostra storia sin dalle origini e che non trova un esito
rassicurante. Anche perché sempre nuove occasioni mostrano ancora oggi che esso
continua a scorrere impunemente.
Riavvicinare
mondi, distinguere idee, riannodare i fili della vita collettiva è un esercizio
complicato. Il vento che un giorno ha trascinato con sé detriti polverosi
continua a soffiare impetuoso. Il bruciore dei patimenti non trova lenimento
possibile se non si governano le regole della vita collettiva, con umanità e
responsabilità.
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