Pensieri
persistenti che si trasformano, complice la notte. Diventano incubi,
qualche volta vere ossessioni. E non ti lasciano più in pace
di Davide
Morelli
Può darsi che arrivino da un istante
all'altro. Ho chiuso tutte le porte e le persiane. Ho chiuso tutto a doppia
mandata. Ho messo anche tutti i chiavistelli. Alle finestre del garage ci sono
anche le inferriate. Tutto è chiuso, però c'è uno svantaggio: è notte fonda e
tutto il vicinato dorme. Nessuno potrebbe aiutarmi. Inoltre la caserma dei
carabinieri è distante. Casa mia è un posto fuori mano. Probabilmente
arriverebbero in ritardo.
A onor del vero ho anche un altro
svantaggio: non ho soldi a sufficienza per installare un allarme. Premo
l'interruttore. Ora la luce è accesa. Guardo la sveglia. Sono le due di notte.
Spengo la luce. Mi sdraio. Mi giro e rigiro nel letto nervosamente. Mi metto a
pensare al mio cane che vigila sempre. È molto affettuoso ed è anche un buon
cane da guardia. È sempre vigile. Al primo rumore che scalfisce il silenzio
esce subito dal casotto e va a vedere cosa c'è di inusuale. Stanotte non ha mai
abbaiato.
Certo che dei delinquenti di quella
risma se ne sbarazzerebbero subito facilmente del mio cane. Non è un cane
cattivo. È di indole buona. Probabilmente gli darebbero una polpetta
avvelenata. Lo ammazzerebbero senza fare troppi complimenti. Poi ammazzerebbero
anche il padrone di questa casa, cioè me medesimo. Non so esattamente il motivo
per cui ce l'hanno con me. Forse non ho davvero nessuna colpa, tranne quella di
essere onesto. Se mi faranno fuori per alcuni io sarò soltanto uno che se l'è
andata a cercare.
Dovevo stare al mio posto. Dovevo farmi
gli affari miei. Dovevo occuparmi di altro. Dovevo lasciare le cose come
andavano perché quella è la tradizione: gli avi degli avi già pensavano, si
comportavano e facevano così. Un granello di sabbia non può inceppare un
meccanismo ben oliato e gigantesco. Dovevano punirmi per dare l'esempio.
Dovevano dare una punizione esemplare, altrimenti una singola cellula impazzita
avrebbe potuto scatenare altre cellule impazzite. Il loro organismo sarebbe
stato spazzato via dalle metastasi. Oppure forse è l'esatto contrario: sono
loro le metastasi ed io l'organismo che dovrebbe sopravvivere.
Forse insceneranno un suicidio. Forse
non sono così bravi. Probabilmente si accontenteranno di inscenare una rapina.
Sicuramente faranno un lavoro da professionisti. Forse si fingeranno
carabinieri, poliziotti, finanzieri. Possono tranquillamente procurarsi le
divise, le macchine e tutto l'armamentario. L'autopsia risalirà all'ora del
decesso e alla modalità di esecuzione, ma niente altro che questo. Non
lasceranno impronte. Faranno un lavoro con i guanti. Non so dire se ce l'hanno
personalmente con me o se devono farmi fuori per una strategia razionale. Non
so dire quindi se rischieranno l'overkilling o l'underkilling.
Forse mi odiano e quindi ci metteranno
più foga nell'uccidermi. Ma di tutto ciò non sono certo. Possono uccidermi in
qualsiasi istante. Possono uccidermi quando sono a prendere un caffè al bar ed
ecco che mi volto a scrutare ogni persona che entra. Possono uccidermi in
macchina, accostandosi alla mia vettura e facendo fuoco. Così succede che per
tutto il tragitto non faccio altro che guardare dallo specchietto retrovisore.
Possono uccidermi anche quando cammino e allora ogni dieci metri mi volto e mi
guardo alle spalle.
Mi sono messo a leggere libri a
riguardo. Ho cercato di capire il loro modo di intendere la vita e la morte. Ho
cercato di apprendere il loro simbolismo. Sono andato anche dallo
psichiatra ma mi ha detto che sono solo paranoie e deliri. Mi ha dato dei
farmaci ma non è cambiato nulla. L'ipervigilanza è rimasta sempre elevata. Quella
che lui ha chiamato ideazione prevalente non ha cessato minimamente di
esistere. Forse mi colpiranno quando meno me lo aspetto. Di sicuro non hanno
fretta.
Sono molto pazienti. È da anni che
aspettano. Forse mi colpiranno dopo che sono andato a farmi i capelli dal
barbiere perché in quel preciso momento sarò impeccabile. È proprio il caso di
dire che sarò tutto a posto e non avrò un capello fuori posto. Con il tempo ho
imparato ad apprezzare anche la loro ironia. Comunque cambio spesso barbiere,
vado a farmi i capelli senza mai prendere appuntamento, vado nei giorni e alle
ore più impensabili. Per un certo periodo non ho fatto altro che rintanarmi in
casa nel tempo libero. Uscivo solo il minimo indispensabile. Solo commissioni
indispensabili. Li vedo dappertutto. Ho il sospetto che possano corrompere
chiunque.
Ho il terrore che chiunque sia loro
complice. Gradualmente ho perso tutte le amicizie. Tutti hanno paura di loro.
In poco tempo sono rimasto solo. Mi sento sempre più accerchiato. Mi sento un
cadavere. Non sono ancora putrefatto, ma il mio destino è segnato. È meglio che
mi abitui a frequentare il cimitero perché quello sarà il mio nuovo paese. È
meglio che mi abitui all'idea: bisogna che vada a imparare i nomi e cognomi,
perfino gli epitaffi dei miei prossimi compaesani.
Mi sembra tutto inutile. Mi sembra
inutile scappare. Mi sembra inutile cambiare abitudini. Mi sembra vano cambiare
residenza, cambiare nazione. Non posso nascondermi. Io so che loro sono
dappertutto e mi scoverebbero ovunque. Forse la cosa migliore è non pensarci
più, lasciare tutto al fato, non prendere precauzioni di nessun tipo, lasciare
tutto come deve andare, lasciarsi andare. Proprio mentre mi sorgono spontanei
questi pensieri ecco all'improvviso che mi ridesto.
Ho fatto solo un incubo. Sono tutto
sudato. Accendo la luce veramente questa volta. I miei barbari non sono ancora
alle porte. I barbari sono lontani. Forse non arriveranno mai a farmi del male.
Non c'è niente di inusuale là fuori. Nessun rumore. Non c'è niente fuori
dall'ordinario. Tutto è regolare. Tutto è tranquillo. È una notte come tutte le
altre, ma non ho più voglia di dormire. Però un dubbio mi angoscia: forse
questo non è un risveglio ma l'inizio di un nuovo incubo, che deve ancora mostrare
il suo lato terrificante.
I sogni sono importanti. Si pensi al
fatto che probabilmente consolidano la memoria. Si pensi all'interpretazione
dei sogni di Freud. Si pensi già in passato alla chiaroveggenza dei sogni
secondo la cabala pratica. Forse l'intera vita non è altro che un concatenarsi
di incubi, un gioco di scatole cinesi oniriche. Oppure in notte balorde come
questa è difficile per tutti distinguere veramente la realtà dal sogno.
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