In una residenza per anziani, la vita di chi vi lavora. La lontananza da
casa, le difficoltà del lavoro e l’inserimento in realtà sconosciute.
di Marina Zinzani
Le
tormente nella neve, le estati e la siccità, la malinconia delle sere di
gennaio, il vaso di gerani appassito, perché senz’acqua.
Era
tutto un insieme di sensazioni, fantasmi quasi, notizie di giornali vecchi e
pensieri che vagavano da soli, in un labirinto, senza trovare più la via
d’uscita. Rosa era nel suo mondo, parallelo.
Anita
invece parlava, parlava da ore. Lunghi discorsi con la compagna di stanza, che
poi si era addormentata. Ma Anita parlava comunque. Dunque, il latte oggi non
era quello di ieri, avevano cambiato marca, bisognava reclamare, andare dalla
direttrice, anche andare dal sindaco, se necessario. Sindaco, e assessore,
certo, c’entrava anche lui, era un complotto.
Marianna
non parlava invece, era muta da giorni. Pensava alla sua gatta che aveva
lasciato a casa, che non le avevano permesso di portare con sé. La sua
Ludmilla, quanto era dolce, si faceva accarezzare per ore. Lo sguardo alla
finestra, le luci di notte.
Carmen
fece il giro delle stanze. Aveva trovato lavoro da poco, era giovane,
venezuelana, e quando era venuta in Italia aveva tanti sogni in tasca. L’Italia
era il paese della moda e del mangiare bene, ci sarebbe stata anche per lei
un’occasione, un buon lavoro per poter mandare i soldi a casa, a sua madre e ai
suoi fratelli.
Notte,
turno di notte, residenza per anziani. A dispetto del nome sulla pubblicità,
non era un luogo di quiete dopo una vita. Era un luogo in cui c’era da
assistere persone con demenza senile, con malattie croniche e questo comportava
fatica, anche sfinimento a fine giornata.
Il
Venezuela era lontano, la malinconia scendeva la sera. E provava malinconia
anche per Rosa, Anita, Marianna, quelle donne gentili, tenere come bambine
indifese, quasi sempre sole.
Chiuse tutte le luci, e andò nella cucina. C’era la caffettiera con un poco di caffè. Lo mise nella tazzina, lo bevve. Guardò l’orologio, mancava poco. Ecco, finalmente. Il telefono vibrò e lei si sciolse in un sorriso, il primo della giornata. Come sempre, alla stessa ora. Era sua madre.
Chiuse tutte le luci, e andò nella cucina. C’era la caffettiera con un poco di caffè. Lo mise nella tazzina, lo bevve. Guardò l’orologio, mancava poco. Ecco, finalmente. Il telefono vibrò e lei si sciolse in un sorriso, il primo della giornata. Come sempre, alla stessa ora. Era sua madre.
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