Poche ore per una passeggiata a
Firenze, lo strano incontro con uno sconosciuto
di Davide
Morelli
Mi cambio. Mi metto dei jeans
sgualciti. Mi infilo la prima maglia che trovo nell’armadio. Mi metto i
calzini. Mi infilo le scarpe. Me le allaccio. Vado subito in bagno. Sono tutto
spettinato. Apro il rubinetto. Mi bagno le mani. Mi passo un po’ d’acqua nei
capelli. Mi pettino. Mi guardo allo specchio. Osservo attentamente le mie rughe
e la mia calvizie. Il mio volto è un poco pallido. Non sono più un ragazzo: ho
quarantacinque anni ormai.
Mi lavo il viso. Mi guardo ancora allo
specchio. Il mio volto ovale a volte mi sembra così ridicolo. Mi lavo un poco
il collo e gli orecchi. Poi prendo l’asciugamano. Ho la bocca impastata. Sputo
nel lavandino. Bevo dal rubinetto. Attraverso il corridoio. Entro in soggiorno.
E’ tutto a posto. Osservo per qualche istante il lampadario e il soffitto.
Quindi guardo le mattonelle del pavimento.
Guardo la cucina. Il tavolo è ancora
apparecchiato. Ma ora non ho voglia di mettere a posto. Voglio andare a Firenze
oggi. Sono pronto. E’ tutto a posto. Spengo tutte le luci e chiudo la porta di
ingresso. Scendo le scale di corsa. Mi incammino verso la stazione. Sono
arrivato a Firenze. E’ una bella giornata di primavera. Sono le sei del
pomeriggio. Scendo dal treno. Mi fermo un attimo e mi accendo una cicca. Devo
fare il biglietto di ritorno. Mi incammino verso la biglietteria. C’è la solita
fila. I soliti turisti giapponesi ed inglesi. Dopo dieci minuti ce l’ho fatta.
Sono stato fortunato questa volta.
Altre volte l’attesa è davvero snervante. Ci sono sempre persone che confondono
lo sportello della biglietteria con l’ufficio informazioni. Mi metto il
biglietto nel portafoglio. Decido di rimanere un po’ sotto stazione. In fondo
la galleria della stazione è da sempre una passeggiata ed un luogo di ritrovo
per giovani e sbandati di ogni tipo. Anche io sono un po’ fuori di testa. Vado
dal tabaccaio per comprarmi un altro pacchetto di sigarette. Non voglio
rimanere senza. Quindi vado verso il bar. Vado alla cassa. Mi faccio fare lo
scontrino. Chiedo un caffè al banco. Poi esco fuori. Mi metto davanti alla
farmacia. Mi metto ad osservare la gente che passa.
Ammiro le belle fiorentine che passano.
Mi fumo una sigaretta. Per un fumatore accanito come me è d’obbligo dopo un bel
caffè. Non so che fare. Non so cosa inventare. Faccio qualche passo. Sono sotto
la pensilina degli autobus. Potrei prendere l’autobus e fare un giretto. Ma
sono troppo sovraffollati gli autobus per i miei gusti. Cammino verso piazza
Santa Maria Novella. Appena uscito dalla stazione noto al primo colpo d’occhio
il contrasto tra il razionalismo della stazione e il gotico della chiesa di
Santa Maria Novella. Attraverso la strada.
Alla mia destra ora si trovano gli
avelli. Ora sono nella piazza. Mi siedo su una panchina di marmo.
Davanti c’è la facciata della chiesa. Dicono che sia un capolavoro
dell’architettura per le sue armonie e per le sue proporzioni. Ammiro il suo
rosone e i suoi marmi policromi. Poi mi metto ad osservare tutta l’umanità, che
rende vitale questa piazza. Ci sono fiorentini, studenti, turisti,
immigrati. Di notte si trovano anche ubriachi, drogati e tipi strani di ogni
genere e di ogni risma. C’è un chiosco che vende panini, piadine e bibite.
Mi compro una birra. Ho un pacchetto di
sigarette appena iniziato ed un pacchetto ancora da iniziare. Finisco la birra.
Ritorno al chiosco per prendere del vinello. Mi viene ancora più voglia di
fumare. Mi si avvicina un tipo trasandato con un cappello di paglia in testa.
Mi dice che fa il custode in un cimitero nelle Marche e che è a Firenze in
vacanza. Mi parla. Poi ogni tanto si assenta e si mette a leggere un libro di
uno psicanalista inglese, che non ho mai sentito. Fa dei discorsi molto strani.
A mio avviso talvolta sono discorsi sensati. Alle volte si perde. Quindi si
mette a recitare una poesia.
Secondo lui gli uomini devono uscire
dalle tombe. Devono risorgere come Cristo. Secondo questo tizio l’umanità è
morta spiritualmente. Poi vuole che gli offra una birra. Io gli offro la birra.
Mi dice che è da qualche giorno a Firenze. Mi dice che i primi giorni ha
provato a conoscere delle ragazze fiorentine, ma dice che sono troppo
difficili: troppo scostanti, a volte maleducate. Dopo due giorni ha provato con
le straniere. Dice che le inglesi sono più abbordabili, più pacate, più
tranquille. Io gli dico che non ho mai avuto fortuna né con le italiane né con
le straniere.
Poi gli dico che delle straniere mi
interessa davvero poco. Non mi piace parlare inglese, forse perché ho una
pessima pronuncia. Comunque potrei farmi capire, ma non ne ho davvero voglia.
Parliamo ancora per mezz’ora. Mi racconta della sua vita. Mi racconta della
morte di suo padre. Dice che la sua esistenza è noiosa. Dice che a forza di
seppellire i morti è ossessionato dalla morte. Dice che un tempo non era così.
Ci salutiamo. Devo prendere il treno del ritorno. Forse non ci rivedremo mai
più in tutta la vita. Siamo stati solo due estranei, che hanno fatto due
chiacchere. Tutto ciò forse non ha senso, ma non è assolutamente detto che
tutto debba avere un senso. Nient’altro che questo. Talvolta accade.
Nessun commento:
Posta un commento