Pino, una vita tormentata e
litigiosa. L'unica passione: la pittura e le maschere di Carnevale
di Paolo
Brondi
L’ombra della case, in uno dei tanti borghi di
Viareggio, occupa la strada incupendone il colore. Un tempo questa via era
lucida di asfalto, seppur polverosa e bianca: il vento amava questo suo aspetto
e vi si fermava facendo rotolare foglie e trucioli. Ora gli è difficile il
gioco e scivola rapida sulla nera striscia cogliendo non l’umile polvere, ma
parole, chiacchere, falsità.
Tutte le strade di un borgo, o di un paese, offrono
questo spettacolo e tutti sono destinati a soffrire, anche per solo un momento,
il contatto con quel duro palcoscenico. Patirono ciò anche i parenti di
Giuseppe, detto Pino, anche gli amici, ma ora tocca lui. Già da molto è oggetto
di biasimi, di accuse: si dice che maltratta la moglie, che non lavora
abbastanza, che spesso beve, fino ad ubriacarsi.
Alimenta la chiacchera quello che si avverte nella
sua casa: un frequente scoppiare di alterchi, subito soffocati da una rapida
chiusura delle imposte, Ma non si spengono: sempre si sente un continuo
ribollir di voci irate, stizzite, lamentevoli. La gente scuote il capo quando
lo vede uscir di casa furibondo negli occhi, ma non lo consola, non lo
acquieta. E Pino se ne va, sulla sua vecchia bicicletta, portando con sé il
tormento di un vita ormai da tanti anni incompresa.
Attraversa la cittadina, raggiunge la pineta di
levante e finalmente imbocca un sentiero che, allontanandolo dalla via
principale, lo porta al suo lembo di spiaggia, al suo capanno. Un abitacolo di
legno, vecchio, annerito, ma sicuro sia contro il libeccio che contro i ladri. Nel
suo interno, Pino conserva le cose più care: la rete e gli attrezzi da pesca,
una logora poltrona di cuoio, una minuscola scrivania, indumenti e, soprattutto,
tele, quadri, colori. Sono i quadri che creò da giovane e che lo illusero di
poter illuminare il suo nome, mentre erano soltanto il frutto di una sincera,
modesta vena pittorica, potenziata allora dalla giovane mente entrata nel suo
momento creativo.
Sono i colori che ormai danno un senso al suo
vivere: affida ad essi la quasi sicurezza del suo pane, ma, soprattutto, quando
li usa per dipingere le maschere di Carnevale: questa è la sua occupazione più
amata; è in essa che crede trovare il bello e buono perduti nel mondo. Quando il
tempo è sereno, Pino si siede vicino alla porta del capanno, sulla sabbia,
assumendo diverse posizioni delle mani, delle braccia, dei piedi, tendendo
sempre a raggomitolarsi, a rendersi più piccolo di quanto sia. La sua figura è
un po’ patetica, un po’ commovente: con i capelli ove il bianco fa da padrone
sul nero; rughe in fronte e sulle guance così fitte che somigliano alle acque
increspate dal vento o ad un brivido non esauritosi nel tempo; gli occhi
perduti in affollati e vorticosi pensieri.
Pino assume quell’atteggiamento non perché recita,
non ha mai finto verso gli altri e nemmeno verso se stesso, ma perché soffre. La
sofferenza gli viene dall’anima, dalla propria coscienza, da un atteggiamento
mentale che è sempre fuori posto, fuori moda, tutto posto a valutare
onestamente tutte le cose e le persone, a non trarre interesse da alcunché né
da chicchessia e che lo rende strano, riprovevole dagli occhi cupidi di qusi
tutti, dei parenti, della moglie. Sì. La moglie guardava Pino senza amore e con
sdegno; giudicava una posa ridicola quel suo voler essere sempre onesto, sempre
libero.
Tu - lo rimproverava con rabbia - nella corsa al
denaro, con la tua visione di strade diritte e perciò assai lunghe, arrivi
sempre ultimo, superato da tutti quelli che seguono le scorciatoie, le piccole
vie, i provvidi compromessi!” Anche oggi un’ennesima lite è scoppiata in casa
del pittore ed ecco perché lo troviamo nel suo capanno sul mare. Ma non ha più
voglia di stare fuori, lancia uno sguardo triste alle onde chiacchierine lo
alza al cielo, la dove pare una tavolozza di colori e poi, lentamente, rientra
nel capanno dentro c’è tutto. Pino,
senza nemmeno guardare sente la presenza di tutto. Si siede sulla sua vecchia
poltrona. Il turbamento di prima e il conforto di adesso gli fanno nascere una
gran malinconia, ma anche un timido, ultimo, sorriso di pace.
Nessun commento:
Posta un commento