Una volta c’erano posti lontani, le cose non ci toccavano. Tutto è cambiato, come dimostra la
vicenda del coronavirus
di Laura Maria Di Forti
L’hanno
chiamato “coronavirus”, con un nome la cui prima parte sembra appartenere ad un
mondo favolistico, con re e troni e magari fanciulle da salvare da orchi
cattivi. E difatti si tratta proprio di un orco cattivo, un terribile nemico
che si insinua nel nostro corpo, di un ladro che riesce a forzare le nostre
difese cellulari e ad insidiarsi dentro causando danni come quelli polmonari,
spesso mortali.
Ma da
tutta questa storia, terribile e angosciante per tutti noi, appare ormai chiaro
quanto il nostro mondo sia piccolo e incredibilmente interconnesso. Da bambina
vedevo talvolta mia nonna agitarsi quando sentiva suonare il telefono. “Questa
è una telefonata interurbana” diceva quando le sembrava di udire un trillo
diverso dal solito. Per lei, anziana donna nata in un paese della Sicilia e
trapianta, causa matrimonio, a Milano, sentire quel trillo diverso la faceva
sentire vicina, per qualche istante, ai parenti lasciati nella sua isola. Oggi,
invece, siamo abituati a chiamare in tutto il mondo, e gratuitamente,
connettendoci a Whatsapp, e a viaggiare in aereo raggiungendo in poche ore
l’altro capo del mondo.
Con
questa epidemia che ha isolato un intero paese, la Cina, ci siamo accorti che a
soffrire siamo anche noi. La paura del contagio condiziona le nostre giornate,
ci sentiamo vulnerabili e l’essere così distanti non ci salva. I continui
spostamenti di gente da un paese all’altro ci mettono in comunicazione con
tutto il mondo. Anche restando fermi nella nostra città in Italia, possiamo
venire a contatto, attraverso strani ma inevitabili giri, con il popolo cinese.
E non
solo. Anche l’economia, inevitabilmente, ne viene influenzata. Ci sono aziende
in difficoltà perché il loro maggiore partner è il mercato cinese, altre perché
non ricevono dalla Cina componenti indispensabili per la loro produzione.
L’economia del mondo intero può essere messa in ginocchio per una malattia
virale.
Questo
dobbiamo imparare: siamo cittadini di un grande e unico paese, nel bene e nel
male. E allora cerchiamo di collaborare tutti, di non nascondere nulla, di
vivere gli uni con gli altri, di considerarci cittadini e basta. Italiani,
francesi, americani, asiatici o australiani. Non ci sono oceani a dividerci,
non ci sono più. E allora anche le frontiere, così strenuamente difese per
secoli e secoli, devono scomparire in nome di questa vicinanza. Gli aerei, così
come i rapporti economici, gli interessi culturali e le manifestazioni di ogni
genere, ci fanno toccare con mano che viviamo ormai gomito a gomito. Siamo
interconnessi, sempre, lo siamo ormai inevitabilmente.
Nessun commento:
Posta un commento