Un altro tempo: la
malattia sconvolge la vita. Gli uomini non si riconoscono tra loro. Qualcosa faticosamente si muove. Cosa ci eravamo dimenticati
prima?
di Cristina Podestà
Un giorno gli uomini
si ammalarono. Dopo alcuni momenti nei quali tentavano di condurre la solita
vita, si accorsero che non era più possibile e si fermarono. Come
si farà, cosa succederà? Facce tristi appese alle finestre, croci e bare a
riempire cimiteri, pianti, strazio, dolore per questo grande male che aveva
colpito l’umanità intera.
Le case tornarono a
popolarsi di gente, talora sconosciuta perché prima era stata presa nel vortice
della corsa lavorativa e della produzione e persone conviventi da molti anni,
ma separate da impegni e interessi esterni, si guardarono in faccia e presero a
rivedersi.
I figli non sapevano
bene cosa facessero i padri, le mogli non ricordavano più chi fossero i mariti.
In questo momento di ritrovo forzato, tutti sbandati all’inizio, litigiosi e
scocciati, piano piano cominciarono a guardarsi e a riconoscersi.
I ragazzi studiavano
per passare il tempo, leggevano, ascoltavano musica e parlavano in famiglia
raccontando di sé. Le donne, scese dai tacchi, costrette alla sedentaria
giornata, impararono a cucinare come ai tempi delle nonne: impastavano,
sperimentavano piatti nuovi, curavano la casa come mai avevano fatto in
precedenza, si dedicavano ai figli senza fretta e ansia.
Gli uomini, dopo lo
svolgimento del loro lavoro da casa o tornati velocemente al proprio domicilio
dopo il lavoro svolto fuori, senza fermarsi al bar e perdersi in vacue
chiacchiere politiche, sportive o altro, sedevano a tavola assaporando la vita
familiare, ascoltando i racconti dei ragazzi, condividendo con i propri cari
momenti preziosi.
La natura, al di
fuori, respirava. Gli animali e le piante riprendevano i propri spazi, le acque
dei mari si ripulivano, l’aria era frizzante e sana. La malattia degli uomini
stava restituendo agli stessi cose meravigliose e una saggezza antica, perduta
nei meandri di una gara folle e assurda, dimenticata da molto tempo.
Perché tanta bellezza
doveva essere riscoperta con il malanno e la morte? Era forse un segnale
soprannaturale, per far ritrovare il limite ormai da troppo perduto di vista,
infranto, prevaricato dall’arroganza e dall’egoismo individuale?
Qualunque ne fosse la
causa, la realtà era tale. Gli esiti della collettiva costrizione umana
garantivano una vera e propria rinascita del mondo, visibile e interiore. E gli
uomini cominciarono a meditare e a crescere.
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