Donne e violenza, il buio avvolge la vita. Quale speranza
di
Marina Zinzani
Mi
piacerebbe poter guardare il cielo in un giorno senza più nubi. Parlarti senza
il tuo sguardo indagatore o disattento, mai quieto. Mi piacerebbe coltivare un
orto e vedervi crescere ortaggi che raccolgo, e cucino, e che tu non critichi
il piatto che servo a tavola.
Mi
piacerebbe farmi una sonora risata con i bambini, ridere, ridere, da quanto non
lo faccio. Mi piacerebbe strappare dalla memoria la pagina di un giorno in cui
ho visto facce nuove, un ufficio in cui non ero mai entrata prima, per una
denuncia che non ho avuto il coraggio di fare, alla fine.
Mi
piacerebbe una festa, in cui arrivano i miei amici, la mia famiglia, e si conversa,
si parla in tranquillità, un giorno gradevole, dopo che tu ne hai
rovinati tanti. Mi piacerebbe tornare indietro e capire, aprire gli occhi prima
di dire sì, anzi, prima di infilarmi in una storia di terrore, quella in cui tu
mi hai cacciato, quella in cui tu mi hai condannato. Fantasma ora, vuota
dentro, fantasma di una ragazza che un tempo era piena di vita.
I
demoni tornano e non mi fanno più dormire. Domani è un altro giorno, una lotta
di equilibrismi, nella speranza che qualcosa di nuovo succeda. Può succedere
anche per me? Quante volte hanno detto i miei figli “Perché non te ne vai, mamma?”.
Le barriere sono tante, se sapessero.
Prigioniera
in libera uscita, per lavorare, per portare a casa uno stipendio, senza
abbandonare mai il buio dentro. Ci sarà qualcosa di buono per me? Quanti nomi
di donna, quante storie terribili si sentono, donne che volevano sottrarsi al
loro aggressore quotidiano. Non voglio essere una di queste, ho paura. I figli
cresceranno, si faranno la loro vita e andranno via da questo inferno.
Io
spero. Devo sperare. Devo continuare a credere che qualcosa di buono, un
giorno, arrivi anche per me.
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