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mercoledì 13 gennaio 2021

Donne? Solita storia

Tragedie al femminile: il peso di pregiudizi antichi che alimentano la prevaricazione nei confronti delle donne


di Bianca Mannu

Che cos’altro ti pare 
rimanga da fare 
per noi figlie sempre obbedienti 
al femminino perentorio
fabbricato all’esterno 
indi importato come  legge
del paterno romitorio.

Blandite e compresse – ci siamo
nell’ombra scaltrite 
a sbirciare il fuori proibito 
a decifrare di quello larvate lusinghe
impostate con fare furtivo
tra  usci  e persiane a posta dischiusi
per obblighi certi e sospettati usi 
da parte di baldi e ribaldi signori 
(brame da lupi sotto i mantelli)
già fideiussori per divino decreto
di fragili donne senza concetto.

Che cos’altro resta da fare 
a noi donne di poche letture
a noi segnate da mute sciagure
abbandonate nel tardo meriggio 
piangenti e insonni sul gelido talamo
da galantuomini di dubbio lignaggio?

Che cos’altro resta da fare 
nell’abbuiato vuoto del calamo   
se non tuttavia sospirare 
temerari innamoramenti
o pure – a consolo - rivisitare
immaginari  amorosi colloqui 
rimasti a mezzo – 
materia d’accorati soliloqui?

Che cos’altro ci resta da fare
se non registrare il turpe viraggio
del reo tempo sugli occhi e sul viso
dove avvizzisce l’antico sorriso?

Che cos’altro resta da fare 
dopo l’amore  voltato in dovere
dopo i bambini da partorire
dopo le pappe da confezionare
dopo le febbri da curare
appresso agli infanti da sorvegliare
agli scolari con cui compitare
e alla morale da impartire –
insostituibile vicaria fedele
dell’ostinata griffa patriarcale?

Resta forse un pezzo di vita:
esser presenti al finale di partita.
Avendo vissuto – o donna oscura -
l’altrui vita per procura
da protagonista or puoi recitare
il tuo atto unico di grande  bravura
 e ancor prima del tuo requie
disporre per altri funebri esequie. 

Se sul finire del tuo tragitto
ti resta un raggio d’intelletto
puoi tracciare un rigo netto
e segnare in verbo asciutto
d’avere fatto quasi tutto:
ma negli annali della Storia 
di te ben poco resta in memoria.

Dicendoti donna fedele e modesta
la tua legge è rimasta questa: 
in prima istanza la famiglia
con la carriera del marito
fonte di grano concupito. 

Il matrimonio della figlia
è una meta e l’occasione 
di alzare l’asta della magione.
La politica e la burocrazia
son per il pargolo la giusta via.
Facesti sine dolo professione
di un impiego senza passione: 
importante era la babypensione.

Se tutto questo non s’è realizzato
se da pulzella hai veleggiato
puoi trasporre in liberi versi
gli amori ardenti dei giorni persi
Ma quivi giunta forse la vita
ti regala stizzoso un prurito
di celebrarti con lo scritto
poiché bazzicasti a lungo la scuola
e sai compitare qualche parola
Lo scritto in versi l’avevi nel sangue
il tema è pronto e da tempo langue
nel tuo diario dove – ibernato -
giace il tuo cuore innamorato.

Innamorato e di nuovo  fremente
per quel giovane avvenente
che  imperversò nella tua vita
lasciandoti sola e impoverita.
Se ancora vivo e con l’aterosclerosi
non può godersi l’apoteosi.

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