(Angelo Perrone) Prima delle novità politiche, ha fatto colpo lo stile della comunicazione nell’avventura di Mario Draghi alla guida del governo.
L’uomo, lo sappiamo, non ha l’abitudine di “chiacchierare”. Lascia che siano i fatti a parlare. Né ha la tendenza ad anticipare le mosse prima di averle studiate, o di perdersi nei proclami, aspetta a parlare.
Nessuna interlocuzione quotidiana, secondo la moda corrente, che rischia di trasformare i politici in banali influencer. Solo informazione istituzionale.
Lo stile è formale, così le parole – poche - sono quelle necessarie ad esprimere i concetti e a spiegare le decisioni. Stringatezza, sobrietà. Meno è meglio.
È la scelta di un altro canone, rispetto a quello alluvionale così diffuso. Descrive l’indole della persona certo, ma non solo. Un errore farne una questione caratteriale.
Questa infatti non è una nota di colore, per descrivere un atteggiamento stravagante e suscitare stupore per il ritorno a vecchie maniere ormai datate.
È il segno di un cambiamento, che può investire il rapporto del cittadino con le istituzioni.
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