di Laura Maria Di Forti
Quando Giulio arrivò in libreria, Matteo sorrise. Entro pochi istanti, quella parte della libreria si sarebbe trasformata in un teatro e la commedia sarebbe cominciata, gli applausi del pubblico sarebbero scrosciati e la magia della rappresentazione si sarebbe propagata nell’aria come il profumo si alza da un prato pieno di narcisi e gelsomini.
Giulio, intanto, guardò bene ogni cosa per controllare lo spazio, fiutare l’atmosfera, percepire il profumo dell’attesa, la possibilità di trasformare in un trionfo una banale firma sul frontespizio di un libro e la lettura di qualche pagina del romanzo.
“La prego, Marra, ci legga ancora qualcosa” chiese un giovane in jeans e maglioncino blu dopo quasi venti minuti di lettura.
“Caro giovanotto – gli rispose sorridendo Giulio - è un uomo ingordo chi non si accontenta di quanto gli viene dato. Dovrei lasciarvi col desiderio di comprare il mio libro per vedere come si dipana la storia, però..”. Aprì il libro e lesse.
Fu a questo punto che scrosciò un altro applauso, molto più intenso e lungo del primo. Se la voce di Giulio aveva sedotto i lettori, le sue parole li avevano conquistati.
Si misero tutti in fila con calma e pazienza e Giulio prendeva dalle loro mani il libro che avevano acquistato e firmava il frontespizio chiedendo il loro nome.
Fu verso la fine che Giulio la vide.
Lo stesso rossetto rosso sulle labbra carnose, lo sguardo spavaldo, quasi irriverente, e l’immancabile pacchetto al braccio, segno che era un’irriducibile cliente dei negozi alla moda.
Lui la guardò con un sorriso ebete in viso, la sensazione di essere stato pedinato o forse, pensò, il fato ha le sue strade traverse, uno strano modo per fare incontrare le persone, separarle per poi donare loro una nuova possibilità. Era lei la donna che aveva sognato nel suo letto, che avrebbe voluto conoscere anche solo per una notte o magari per tutta la vita, chissà. Bella era bella, di una bellezza prepotente, sfrontata oltre ogni dire, temeraria, una bellezza presuntuosa, audace, quasi sprezzante.
“Il mio nome è Cloe” disse la donna con gli occhi che le brillavano, due enormi fari azzurri incorniciati da una folta capigliatura castana, riccioli severamente composti e perfettamente inanellati.
Cloe, ripeté Giulio nella sua mente, ancora inebetito dall’audacia del fato o della donna, chissà. E se il merito di quell’incontro sognato, agognato, desiderato oltre ogni aspettativa fosse stato veramente della donna, allora sarebbe stato il caso di festeggiare, perché voleva dire solo una cosa, che lei, come lui, aveva sognato, agognato e desiderato quell’incontro e lo aveva voluto tanto da cercarlo, scovarlo, stanarlo.
Glielo chiese poco dopo, mentre sorseggiavano un aperitivo in un bar vicino alla libreria dove entrambi si erano rifugiati dopo la fuga precipitosa, un pretesto urlato a Matteo, la bugia di un impegno improrogabile, si è fatto tardi, come passa il tempo, cose di questo genere. Si erano volatilizzati concedendosi una serata insieme, loro due soli, come Robinson Crusoe e Venerdì.
Glielo chiese con tatto, ma con una grande curiosità nel cuore, il palpito della scoperta nel petto, quasi fosse il mistero per eccellenza, svelato il quale tutto nel creato avrebbe nuovamente avuto un senso.
“Che coincidenza! La settimana scorsa ti vedo per strada, bella come il sole e fieramente consapevole di esserlo, e stasera ti rivedo in libreria con il mio libro in mano!” le disse eccitato, impaziente di sapere.
Cloe finì di bere il suo aperitivo, prese una nocciolina dal piattino e la mise in bocca con lentezza, guardandolo fissamente quasi a sfidarlo.
“Ti ho cercato io - gli disse con la sua voce sensuale, il canto di un usignolo, il suono di un cembalo, la melodia di un canto d’amore.
Giulio rimase fermo, agghiacciato persino, fortemente impressionato da quella rivelazione, orgoglioso di essere stato, per una volta, preda e non cacciatore.
Cloe chiuse gli occhi per poi riaprirli con una lentezza spasmodica.
“Ti ho riconosciuto quando ci siamo incrociati la settimana scorsa – continuò con voce calma e seducente - Sono una tua ammiratrice, una lettrice accanita dei tuoi romanzi, tanto sapientemente scritti da te e tanto devotamente letti da me. Poi, due giorni fa, passando davanti alla libreria, ho visto la locandina con la data della presentazione del tuo libro. L’autore sarà presente e leggerà alcune pagine del nuovo romanzo” - citò a memoria.
“Capisco” disse Giulio per la prima volta imbarazzato. Incredibile, mai avrebbe pensato di essere il bersaglio di una famelica donna dalla bocca rossa e carnosa e dalle lunghe gambe affusolate. Oh, sì, certo che gli piaceva, certo che era quasi confortante essere avvistato, scelto, cercato e circuito! I ruoli si erano invertiti, ecco la magnifica novità!
Dopo l’aperitivo, Cloe disse che aveva un appuntamento per la sera e Giulio si sentì abbandonato come un sacco di patate buttato in un angolo. Si lasciarono davanti ad un noto ristorante dove lei avrebbe raggiunto degli amici.
“Ci vediamo ancora, se ti fa piacere” gli disse lei quasi sottovoce mentre stava entrando nel ristorante, il vocio dei commensali a coprire le parole. Ma Giulio sentì e il cuore, per quelle parole quasi buttate come un risarcimento eppure studiate con diligenza per intonazione, gli si aprì alla speranza. Si sarebbero rivisti, certo, ma come e quando?
Non ebbe il tempo di chiederle il numero di telefono che lei era già sparita nel locale. Si incamminò verso casa deluso, frustrato, incapace di capire il perché di quel pomeriggio pieno di ardore e di quella fuga repentina. Lei lo aveva lasciato solo e lui si sentiva come un bambino abbandonato ai margini della strada. Sentiva ancora il profumo della sua pelle, un lieve sentore di rose, inconfondibile, semplicemente seducente. Quella donna era una potente ammaliatrice, un’affascinante conquistatrice o forse una strega e lui, ora che lei si era allontanata, si sentiva orfano di tutta la magia conturbante emanata da lei.
Tornò a casa continuando a pensare a come avrebbe potuto rintracciarla. Poi, stanco, decise di credere che ci avrebbe pensato lei. In fondo, in quella storia, le redini le aveva in mano Cloe. Sin dal primo istante era stata lei a condurre il gioco ed era stata lei a trovarlo in libreria. Chi cerca, trova recita un antico proverbio e, si sa, i detti sono la saggezza dei popoli.
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