(Angelo Perrone) Prima che il virus giungesse a scompaginare vite ed economie, il dibattito sulla struttura delle società moderne si è attardato spesso su contrapposizioni rigide. Per esempio: digitale sì, digitale no.
L’opportunità della pandemia potrebbe essere etica: spingere a parlare non solo dell’utilizzo dei mezzi, ma della visione da realizzare. Il nuovo ordine sociale, purtroppo non così immediato come vorremmo (non basterà vaccinarsi), richiede un ripensamento dei modelli di organizzazione sociale nel segno dell’apertura e della flessibilità.
Il centro delle città e le loro periferie, le forme tradizionali di aggregazione e quelle più moderne, l’accesso alle risorse ambientali e la fruizione dei beni culturali: la sfida è aperta. In fondo, molte delle cose possibili non erano immaginabili fino a poco fa.
L’ “ibrido”, non solo nel campo della mobilità, potrebbe rivelarsi la soluzione più concreta. Nel futuro assisteremo all’alternarsi delle soluzioni, all’interscambio delle procedure: distanza e presenza, artificiale e reale, grandi masse di dati e piccoli numeri. Tutto in modo non rigido e preordinato, ma secondo convenienza ed opportunità, all’insegna della duttilità e della praticità. In fondo, una volta superato il Covid non dovranno più esserci soluzioni obbligate.
Per anni ci siamo chiesti se e come sarebbe cambiata la quotidianità con il ricorso all’intelligenza artificiale, i passi erano lenti e incerti, i progetti appena intuiti e talvolta rimasti sulla carta; in questa fase dobbiamo riformulare la domanda. Il trauma provocato dalla pandemia ha cambiato le carte in tavola.
Ora che già osserviamo “come” la vita cambia, è il momento di interrogarci su “quanto” e “cosa” stia mutando, e infine sul senso finale di tutto ciò, il “perché”. Il cambiamento, non imposto da eventi esterni, può essere scelto per la sua utilità sociale. È un mutamento di prospettiva, non privo di insidie e difficoltà, quello che sta investendo ogni settore del vivere collettivo e lo stesso rapporto tra i cittadini e le istituzioni.
Si comprende allora che la fase sia affrontata con qualche prudenza e un po’ reticenza di troppo. Dobbiamo fare conti con il peso dell’impreparazione e con la zavorra dell’inadeguatezza culturale. Però riusciamo a intravedere lo stesso uno sbocco, squarci preziosi del possibile futuro. E inoltre sappiamo meglio cosa cercare per il nostro domani.
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