Tra fame e digiuno, la torsione degli istinti opposti
di Bianca Mannu
Preoccupati del flusso
perverso della vita collettiva:
vorremmo scampare gli effetti dell’eccesso
controllare la penuria del difetto.
Per via di questo aspetto
il nostro regime socio culturale
prevede digiuni e morsi di fame caina
di bulimie indigeste e d’orrendi disgusti
di feroci anoressie e impossibili nettezze
Vivere di morsi d’altrui vite -
morsi veri o immaginari –
morsi organizzati singolari e di massa
né si conta la messe dei morsi
imprevedibili da dare o da scontare
e anche da rivendere dopo averli sputati
indi manipolati per render più
sfizioso l’affetto di sorpresa:
ogni cosa va come cibo o sua carenza
per i cavi del corpo e della mente
e ognuno per via di tal corrente
diviene a ogni altro ostile e parente
in una condivisa patologia
che strugge e scava dirupi tra mondi
di monadi incapaci di empatia
E come lo scambio organico dei vivi
impatta in fasi che chiamano al pensiero
della decelerazione ed al dovere
di rigenerare i ruoli – è l’uomo sveglio
che s’interroga – allora in un attimo di storia
a un timore generico s’aggiunge
il rotolio d’una parola subdola
ch’entra nel cuore molle e già diventa
perigliosa e stanca nel vento di gola
che soffia travagliato e ciarlatano
e non è linguaggio di coordinamento.
Tiriamo a campare tuttavia – vite da cani –
cani sbandati - cani soli e calciati –
cani in cerca di padroni: cani affamati –
cani pesti e arrabbiati –
cani con nostalgie lupine
intrisi di odiosa pece cittadina.
Nella buriana che corre con lo sbando
torna il senso primordiale
come nostalgia del branco
Torna la voglia al cane d’imbrancarsi
soggiacendo all’impulso d’esibire
al capo della torma e al branco
l’inerme pancia di cane pago
assimilato a ogni altro elemento
e all’intero armento soggiogato.
Così noi – invano corsi ad attingere
in asintoto l’Umano. Nel cul de sac
torniamo a tenere il capobranco
come specchio di ciò che noi non siamo
ad ignorare quanto di noi e di lui
in noi permane di basso e di meschino
per quel grano piccino di fortuna
che non ci regala e che gli regaliamo …
Lui è scheggia – o di schegge una congerie -
il nostro semidio – raccolta di sciami
partiti col segno meno del difetto
dal nostro stesso spirito
tradito o male interrogato.
l'inserto che arriva sul mio profilo fb induce in confusione sulle tematiche e sulle autrici.
RispondiElimina