di Cristina Podestà
Intanto l’estate diventava autunno ogni giorno di più. Il sole forte di luglio e agosto, gradualmente, lasciava il posto a nuvole sparse, a qualche scroscio di pioggia, ad un vento che sapeva di fine stagione.
Intorno il profumo di un divenire, di un cambiamento, di una fine, di un inizio, di libri non ancora toccati e quaderni da aprire, di zaini firmati e grembiuli nuovi di zecca.
Il rosso acceso della luce acquistava un’idea di giallognolo ocra, sfumature di arancio e i frutti, come le mele novelle e l’uva, gestivano il profumo intorno.
Era un inizio di nuovo, di stagione novella, di progetti, di sogni, di costruzioni e di creazioni. La dolcezza estiva si lasciava andare nell’onda di un mare arrabbiato di spuma bianca e violenta, di sabbia colpita da spruzzi che arrivavano fino alle altalene che divertivano i bimbi in giorni appena trascorsi in un sole accecante.
Un sapore salmastro avvinghiava gli scogli scivolosi, gli ombrelloni sfidati da un vento birichino, i lettini che alzavano il loro tettuccio.
Ero lì. Davanti a quel mare, incantata e depressa, tenendo a bada un dolore incandescente che aveva in sé l’idea di una fine, di un ultimo giorno trascorso con te, che eri, sei e resterai il mio punto fermo, nel mio cuore ferito dalla tua lontananza. Ti penso e ti sento con me e dentro di me. Ci sei e ti avverto. Ma intanto, calendario in mano, faccio il conto che sono 14 anni ormai senza di te. Ti amo Pa’.
Nessun commento:
Posta un commento