di Laura Maria Di Forti
Tanti e tanti anni fa, qualche giorno prima di andare al mare, mia madre tirò fuori da un baule la borsa del mare dove, l’anno precedente, erano stati riposti secchiello e palette e le formine a forma di stella e di cavalluccio marino.
Avevo sei anni, mi mise la sacca tra le mani e io cominciai giocare come fossi già sulla riviera adriatica. Momenti indimenticabili, ancora oggi ricordo il profumo del mare.
Non era suggestione, io lo sentivo veramente. Profumavano di salsedine quei giochi colorati ritenuti da me indispensabili perché la vacanza fosse degna di questo nome. E in quell’attimo quasi mi sembrava di stare lì, sulla spiaggia, con gli occhi semi chiusi per difendermi dalla luce forte del sole, i granelli di sabbia appiccicati alla pelle e quel senso di felicità che solo da bambini si prova, una serena fiducia nel mondo, nel creato, la sensazione che tutto sia perfetto, ogni cosa al suo posto, che c’è un divenire continuo ma anche un ripetersi costante di ogni cosa, quel riproporsi regolare che dona sicurezza.
Dal secchiello uscì una conchiglia, grande, bella, sembrava luccicare e avere mille riflessi, proprio come i bottoni di madreperla di un mio golfino. La portai all’orecchio, un gesto che mi aveva insegnato mio padre e, allora, forte e prepotente sentii il rumore del mare, il boato fragoroso ed eccitante delle onde che si ingrossano per poi perdersi sulla riva.
Quel momento fuggevole mi è sempre rimasto attaccato addosso, nell’animo, nel cuore e forse nella pelle, un farsi presente, un divenire parte della mia essenza, sensazioni durevoli tutta una vita.
Ricordo meraviglioso, descrizione di sensazioni olfattive ed emozionali condivisibili
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