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martedì 4 marzo 2025

Parole come pietre

(Da El Pais)
Trump e Milei: il linguaggio violento

(Sul tema, altre riflessioni: Critica liberale, 4.3.25. L'intolleranza del potere)

(Angelo Perrone) Questione di parole, al massimo di buone maniere, a prima vista. Cosa dire, come dirlo. Scopi e linguaggio. Insomma aspetti intrecciati tra loro. Gli scenari sono tanti, nel mondo e in Italia particolarmente.
Donald Trump ha ripetuto il suo pensiero sull’Europa (come considera il vecchio continente, che ne sarà dell’Ucraina, quali rapporti instaurerà con l’UE), parole nette. Ha detto: «L’Unione europea è stata creata per fottere gli Stati Uniti». Si è espresso proprio così, “fottere”, usando il verbo “to screw”, che questo significa in tutte le accezioni.
Da qui le conseguenze, dazi alle importazioni, disimpegno militare e politico: l’Ucraina lasciata al suo destino, cioé nelle mani di Vladimir Putin, un tempo tiranno invasore, oggi alleato e amico in vista di mirabolanti intese.
Manifestazione plastica del concetto: l’umiliazione inferta in diretta alla Casa bianca a Zelensky, cacciato letteralmente, con l’invito a ritornare solo quando fosse stato «pronto» (a subire le condizioni vessatorie). Ormai i tempi sono cambiati e l’ucraino non può più contare sul sostegno del suo predecessore, lo «stupido» (testuale) presidente Biden.
L’eleganza verbale del 47°presidente Usa era ben nota, eppure ha colpito la brutalità del concetto, che i media italiani hanno – impropriamente – edulcorato, senza motivo. L’UE sarebbe stata creata solo per “danneggiare”, al massimo “truffare” gli Usa, non per fottere gli americani. E pensare: l’America aveva la leadership del mondo libero.
Se l’uso di espressioni forti è stato sdoganato, e se i politici vi ricorrono, qui è il limite minimo del buon gusto ad essere superato. Il sogno di Trump è un governo basato sulla forza (non sul diritto) in mano a politici e imprenditori.
Chi è altrettanto chiaro è il sodale di Trump (amicissimo di Elon Musk), presidente argentino Javier Milei, l’uomo dagli incredibili basettoni, che ogni giorno ne fa una. Oltre alle parole fulminanti, c’è la comunicazione non verbale. L’uomo intende cambiare il mondo a colpi di motosega, diffondendone l’uso oltre confine (unico caso in cui l’emigrazione è ben accetta). Il linguaggio rincara la dose.
Le parole usate nei documenti ufficiali per riferirsi ai disabili (“idioti, imbecilli, ritardati mentali”) lasciano di stucco. Abnormi in bocca ad un capo di Stato, e spregevoli, sono precisamente violenti. Le espressioni di tal fatta hanno svariati destinatari, mannaie linguistiche che fanno a pezzetti il mondo. Durante la campagna elettorale, Milei (tanto apprezzato dalla destra italiana) aveva definito Papa Bergoglio, oltre tutto suo connazionale, “sporco comunista” e “imbecille”.
Mai come in questi casi, le parole, sia di Trump che di Milei, sono pietre. Offendono il buon senso, le persone, la storia. L’intento di sdoganare nuovi linguaggi, più semplici e comprensibili, travalica: emerge la crudezza estrema del disegno politico. Questo il punto quando si considerino le parole e i gesti: i rapporti, il tipo di società.
Le parole sono un trauma per l’Occidente e la coscienza civile. Colpi devastanti. Demoliscono tutto a passo veloce: regole giuridiche riconosciute, relazioni internazionali, dignità delle persone e ruolo delle istituzioni, in una parola i valori comuni espressi dalla civiltà.

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