di Marina Zinzani
(“Reservatet – La riserva” è una serie danese ambientata a Copenaghen, trasmessa su Netflix.)
In un quartiere altolocato, una giovane filippina, Ruby, che lavora alla pari nella famiglia di un uomo facoltoso, scompare. La vicina di casa di questa famiglia, Cecilie, che ha anche lei una giovane filippina, Angel, amica della ragazza scomparsa, cerca la verità, e riferisce alla polizia che aveva visto la giovane buttare nell’immondizia qualcosa, che si rivelerà poco dopo un test di gravidanza.
Anzi, prima di sparire, la giovane le aveva chiesto aiuto, non voleva più lavorare per la famiglia che la ospitava. Ma Cecilie non l’aveva ascoltata. La storia assume contorni drammatici, perché la giovane verrà ritrovata senza vita, e in effetti era incinta. Chi era il padre del bambino? Come è morta?
Cecilie vuole arrivare alla verità, come Aicha, l’investigatrice che segue il caso, ma che sembra sola, le è stato suggerito, indirettamente, di prestare attenzione, perché la famiglia che ospitava Ruby è molto in vista e potente.
La serie è uno spaccato di due mondi: quello di giovani donne filippine che vengono da un Paese povero, che sperano in un riscatto lavorando all’estero, e il mondo di chi vive nel privilegio, ha una bella casa, cura il suo corpo facendo sport, ha colf e baby-sitter. Se poi i figli di questi privilegiati vengono seguiti veramente questo sembra secondario.
Un gruppo di persone legate una all’altra, in qualche modo, un gruppo da cui nessuno, in fondo, vuole uscire. Anche se quel mondo può avere degli aspetti poco piacevoli. Anche se si deve passare sopra a cose che possono andare contro i propri principi. Il confine fra i propri principi e la perdita del benessere può essere labile, sfuocato. Andare a fondo, cercare la verità a tutti i costi o riferire quello che si è intuito, può costare caro. La perdita della fortuna.
Angel, la ragazza alla pari di Cecilie, in un drammatico confronto con la donna, le dice una frase che lascia il segno: “Lei non sa niente di me, del mio mondo, lei è stata solo molto fortunata.”
Questa frase suggerisce qualcosa che va oltre la storia raccontata: evidenzia la fortuna del privilegio, e il destino difficile di quelli che devono lasciare il loro Paese per cercare una vita migliore. Per cercare di vivere e non solo sopravvivere.
La fortuna del privilegio materiale non implica necessariamente la fortuna nei rapporti affettivi. Quelli possono essere disastrosi se si guarda oltre alle apparenze. Possono esserci opacità, chiaroscuri, falsità, squallore. E molto altro. Ci sono cose che il denaro non compra.
Alla fine, di Ruby e del perché della sua morte, omicidio o suicidio, importa a pochi, importa solo alle sue amiche filippine e all’investigatrice che ha seguito il caso, in qualche modo fermata.
Cecilie, donna perfetta, con una bella famiglia e una casa magnifica dalle ampie vetrate in mezzo alla natura, con un marito che lavora per il vicino di casa che ospitava Ruby, e quindi legato a lui da un forte rapporto d’affari, sembra ricordarsi alla fine quanto è fortunata. E la “fortuna”, se si vuole definire così, in certi ambienti è fatta anche di silenzi, di volgere lo sguardo altrove, è fatta di compromessi con la propria coscienza. Il resto si dimentica in fretta.
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