Il mito della
battaglia e il mistero del dipinto di Leonardo esaltano l’identità del borgo
medioevale: oggi luogo di cultura, di ospitalità, di gusto
Preziose le tracce della presenza francescana: si narra che nei dintorni del paese il poverello ebbe in dono un saio nuovo, quello che ora è conservato alla Verna; qui la chiesa della Croce ricorda il luogo dove egli piantò una croce per benedire la valle sottostante del Tevere. Di certo, fu durante il medioevo che Anghiari assunse la massima importanza soprattutto per la sua posizione strategica, punto di passaggio tra le valli, ma nello stesso tempo bastione insuperabile in virtù delle sue possenti mura.
Il nome di questo paese è inscindibilmente legato ad momento più importante della sua storia, vissuto con la battaglia del 1440, che segnò la vittoria delle truppe fiorentine sull’esercito milanese di Filippo Maria Visconti. L’evento storico consacrò Anghiari come testimone della civiltà fiorentina, e ne esaltò l’identità e la fierezza.
L’importanza
di quella battaglia, cui è rimasto legato il nome di Anghiari, fu più politica
che militare stando a quanto ironicamente scrisse il Machiavelli in proposito,
ricordando che "In tanta rotta e in si lunga zuffa che durò dalle
venti alle ventiquattro ore, non vi morì che un uomo, il quale non di ferite né
d'altro virtuoso colpo, ma, caduto da cavallo e calpesto, spirò".
Tuttavia, lo stesso scrittore riconobbe almeno il significato politico
dell’impresa, dato che "…la vittoria fu molto più utile per la
Toscana che dannosa per il duca (di Milano)”.
Probabilmente, la storia si sarebbe dimenticata di questa vicenda, rivelatasi militarmente modesta, se Firenze, per tramandare le imprese della Repubblica, non avesse pensato di immortalare l’evento a ricordo dei destini splendenti della città.
Il mito della battaglia del 1440, così, fu reso immortale non già dall’eroismo militare dei
combattenti ma da Leonardo da
Vinci con l’impresa pittorica commissionatagli dai potenti dell’epoca nel salone dei 500 a Palazzo
Vecchio a Firenze dove però egli non riuscì a terminare l’opera o comunque a renderla
materialmente duratura. Il dipinto, completato solo nella parte mediana –
quella della battaglia - non riuscì a sfidare i secoli perché si deteriorò per
un artificioso processo di essiccamento dei colori e andò perduto. Tuttavia,
l’opera per qualche tempo fu vista ed ammirata prima che se ne perdessero le
tracce.
Un
capolavoro scomparso dunque che sopravvive attraverso l’immaginazione. La sua
straordinaria bellezza è percepibile nelle trasparenze che si possono ammirare
osservando le copie dei lavori preparatori fatte successivamente da molti
pittori, tra i quali il più celebre è Rubens. Conosciamo oggi quell’opera
attraverso gli echi grandiosi del genio leonardesco che si rinvengono nelle
copie realizzate da altri pur grandi pittori.
Oggi,
questo antico borgo medioevale della Valtiberina ospita il ricordo del tempo
antico. Consumati antiquari, sviluppando l’attività dei vecchi “rigattieri”,
frequentano i dintorni alla ricerca di vecchi mobili e di oggetti che essi, con
sapienza infinita, sanno restituire al primitivo splendore. Rivivono, con gli
oggetti antichi, la storia stessa dell’uomo nei secoli, la sua civiltà e i suoi
gusti.
Molte
tuttavia sono le attività che la rendono luogo attuale di cultura e di
commercio. Gli antichi spazi del paese ospitano strutture museali e istituzioni
culturali, talvolta di singolare significato come la Libera Università
dell’autobiografia, i cui corsi sono frequentati da appassionati della
scrittura autobiografica e soprattutto del saper leggere. Le piccole locande
nelle piazzette del paese mantengono in vita i sapori di un tempo e offrono tra
i vari cibi una specialità anghiarese: i “bringoli”, pasta dalla forma allungata di sola
acqua e farina, fatti a mano e conditi “col sugo finto”, una delizia.
Negli splendidi scenari collinari e
montani della Valtiberina, è inevitabile scorgere mandrie della pregiata razza
"chianina". Andare per funghi è il modo migliore di fare turismo
nei boschi. L’ ”abbucciato” è il caratteristico formaggio pecorino, il “cacio”
si direbbe, di questa terra. L’olio delle colline è frutto di tradizioni di
raccolta e spremitura che risalgono ai camaldolesi.
E’ tuttavia la notte, quando i pochi negozi sono
chiusi, gli abitanti già in casa, e i lampioni diffondono una luce soffusa, che
ovunque splende un’aura di mistero, rendendo ineffabile questo luogo. La patina
delle ore lente e dimenticate si diffonde tra i vicoli medioevali sfiorando le
antiche mura di pietra e aggirando le case.
Talvolta, si ha quasi l’impressione di sentire dei
passi frettolosi, uno scalpitio di cavalli in fuga, delle grida improvvise, che
rimandano a passioni splendenti, ore febbrili, duelli sanguinosi. C’è anche chi
racconta di aver udito, in certi momenti della notte, rumori sinistri di spade,
provenienti dagli angoli più oscuri del borgo.
magnifica ci ho fatto un video eccolo: https://www.youtube.com/watch?v=i7Xyd3jxWL0
RispondiEliminaAnghiari, scenari veramente suggestivi. Come per magia par di rivivere tempi passati alla sola vista delle belle immagini!
RispondiElimina"...bastione insuperabile in virtù delle sue possenti mura..."
Io sono di Palaia, anche qui le possenti mura sono perfettamente conservate. La Porta Fiorentina e la Porta Pisana chiudevano il mio Paesello (erano i tempi dei Guelfi e Ghibellini...) oggi sono invece aperte a tutti! Vi aspettiamo.
C.B.