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domenica 28 agosto 2016

Il cottage sulla scogliera



Racconto di Serena Biagini

(ap) Storie d’amore e di tradimento raccontate al maschile. La rottura improvvisa della relazione per iniziativa della donna apre nel cuore del partner una voragine di interrogativi devastanti e spesso senza risposta immediata. Dove ho sbagliato? Cosa non ho compreso? Quali segnali ho trascurato?

La prima reazione, la più istintiva, e forse la più logica, è un lungo viaggio a ritroso nella relazione, non tanto per trovare giustificazioni capaci di portare ad una autoassoluzione da ogni colpa, quanto per capire davvero. Un viaggio doloroso nella memoria, tra il passato che scorreva troppo in fretta e il nuovo che giungeva di colpo, inaspettato, facendo crollare una costruzione che sembrava solida.
Ma, non è che un tratto del percorso necessario; il più difficile è quello che proietta il maschile in un futuro non immaginato e del tutto sconosciuto, da affrontare in modo diverso. Da uomo di città, impegnato in una carriera dagli sbocchi esaltanti, il primo passo è forse proprio quello di cercare di raccogliersi, trovare un rifugio diverso, nella mente e nel corpo, definito dai boschi, dal legno della casa, dal profumo dei prati; un ambiente del tutto nuovo a contatto solo con se stessi, per uscire dall’abisso.


Il forte vento sferzava le cime degli alberi che oscillavano fin quasi a lambire il terriccio umido, intriso di salmastro, per la vicinanza del mare che, inquieto, sbatteva impetuoso le sue onde contro la scogliera, laggiù, in basso, al limite del bosco.
Osservavo pensieroso dai vetri, un po’ appannati, del cottage in cima alla collina che avevo affittato per sei mesi, lo scatenarsi delle forze della natura e mi chiedevo se ce l’avrei fatta a vivere da solo in quel luogo dimenticato da Dio, specialmente nel periodo invernale in cui eravamo, dove, però, avevo scelto di rintanarmi dopo la chiusura disastrosa del mio matrimonio con Tiziana.


Ero un uomo di 39 anni che aveva sempre vissuto, fino a quel momento, in città e non sapeva niente di boschi, barche, pescatori, che fino a venti giorni prima si occupava di marketing presso una multinazionale e si recava quotidianamente al lavoro in giacca e cravatta, con segretaria a seguito.
Avevo preso quella decisione d’istinto, forse in modo un po’ avventato, ma il dolore lancinante che attraversava il mio cuore, come una lama sottile, per il tradimento di mia moglie e soprattutto per le dure parole con cui lei mi aveva comunicato di non amarmi più, mi avevano spinto, costretto, direi, a prendere una pausa di riflessione per affrontare le mie emozioni e capire perché nella vita, avessi perso tutto ciò che avevo amato di più, perché questo stava accadendo proprio a me!


Dove avevo sbagliato?
Tutto quel tempo perso ad occuparmi degli altri, quelle fughe da Milano, Torino, Londra, con l’aereo, il treno, presi la notte, per esserci la mattina seguente e trascorrere alcune ore con lei, prima di ripartire per un nuovo viaggio di lavoro; Si, è vero, lei si lamentava nell’ultimo anno: ”non ti vedo abbastanza, vorrei un figlio, mi mancano i nostri momenti di intimità.. ”Sospirando le ripetevo: ”ci vuole pazienza, il mio lavoro è così o sei all’altezza della situazione o ti sostituiscono, quando avrò raggiunto la promozione me ne andrò dall’ufficio alle 17, non per giocare a tennis, come fa il mio capo, ma per stare con te.. amore mio.. ti ricordi le nostre gite in bici per Firenze? Lei ribatteva: ”si, ricordo, ma sono così lontane, non voglio restare sola anche questo week-end”.
Che cosa potevo fare, licenziarmi ?


Tiziana lavorava par-time per una galleria d’Arte, bel lavoro certo, ma chi pagava il mutuo della nostra bella casa sulla colline di Fiesole? Io..
Correvo, correvo ed ero sempre pervaso da un senso di insoddisfazione e di subdolo senso di colpa.
Le responsabilità mi appartenevano, anch’io avrei voluto vivere di leggerezza.. Chi si sarebbe, però, preso cura di noi?
La stretta mano del rimorso lacerava la mia carne, sentivo vuoto dentro di me.
Adesso era tutto finito, il tempo senza più orari doveva trovare il suo significato.
Un raggio di sole, intrufolatosi, tra le nubi grigie, si riflette sul vetro e abbaglia i miei occhi, mi risveglio dal doloroso torpore, la luce entra gradualmente ad illuminare la stanza, il forte temporale sta passando oltre.
Il vento si è un po’ calmato, afferro la cerata, infilo gli stivali, mi copro la testa con il cappuccio ed esco... scendo, con passo svelto, per il sentiero che porta alla scogliera.


Ho bisogno di respirare a pieni polmoni, mi fermo al limite della risacca del mare, un gabbiano, stridendo, vola basso sopra la mia testa, guardo il sole che sta calando dietro la linea scura dell’orizzonte.
Dovrò imparare, penso, a vivere per me stesso, ad apprezzare le piccole esperienze della vita, afferro un sasso e lo lancio tra la schiuma delle onde, così come facevo da ragazzo con mio fratello, si è inabissato troppo presto, ne prendo un altro e ci metto più energia, questa volta fa i salti e va lontano, per un momento fissando l’acqua che si solleva come allora, ricordo, ricordo come ero, quando sapevo sorridere alla vita e allora ne cerco con attenzione un altro e poi un altro ancora.. con impeto, come fossero frammenti d’oro che avessero il potere magico di far brillare ancora una volta la mia anima. 

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