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venerdì 12 settembre 2014

Lo chiamavamo desiderio


di Marina Zinzani

La vecchietta con la borsa della spesa, la schiena curva, il passo lento.  Graffiti sui muri, sulle saracinesche, l’asfalto sconnesso, è grigia Milano. Extracomunitari e la moda, i negozi del centro, le donne velate che fanno acquisti, il caffé in Galleria, la gente che passa.
Il negozio di lusso e il barbone per terra. Camminare veloci, gli impiegati che escono da un bar e tornano al lavoro, vestiti tutti uguali.
Milano e il tram e la malinconia: il sole desiderato, l’aria pulita che manca, i muri sporchi che scorrono, l’anziano che si lamenta, Milano non è più quella di una volta. Milano e il tram e il silenzio: la ragazza elegante con in mano l’ipod, auricolari alle orecchie, un messaggio inviato prima della fermata. Milano che corre e il grigio che diventa luce e parte della vita: un concerto, l’appuntamento con uno scrittore, l’ultima mostra, il violinista che suona per strada. E poi distendersi su un prato, il tramonto ai giardini, le luci della sera sui Navigli, l’aperitivo con amici, il silenzio antico delle case di ringhiera.
Milano e la vita che scorre, come un cuore che batte, che tiene svegli, che fa circolare la linfa vitale, segretamente. Il silenzio che coglie la sera, quando la vita si ritira e il tram percorre strade che si svuotano, sotto i colori del tramonto. Il tram che accompagna la vita, nel grigiore apparente.

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