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domenica 12 luglio 2015

Tanto va la gatta al lardo

di Paolo Brondi

I proverbi, definiti da Benedetto Croce “monumenti parlati del buon senso”, nella nostra civiltà, che alla parola scritta e alla tradizione orale ha sostituito l’impero delle immagini, paiono reperti archeologici, come antiche rovine o vetusti codici miniati. 
Talvolta persistono come giochi di parole, citazioni dotte, infioramento di un discorso. Del resto proverbi metereologici, come “Rosso di sera, bel tempo si spera”, “cielo a pecorelle, acqua a catinelle”, come possono competere con le attuali previsioni meteorologiche, pur scientificamente agguerrite, anche se spesso queste sono meno attendibili di quelli!  Gli stessi proverbi di comportamento “Chi ha tempo, non aspetti tempo”, “tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino”,” le bugie hanno le gambe corte”, sono   superati dai cinguettii dei vari social networks o dai pur già obsoleti slogans dei politici… che continuano a giungere dall’alto. 
Eppure i proverbi sono grani di saggezza del passato, tramandati oralmente da intere comunità, da   interi popoli e da una fede che non rinnega il passato in nome del futuro. La cultura di massa, soppiattando il popolo, come si legge nel recente “Scrittori e massa”, di Alberto Asor Rosa,  cancella la civiltà delle parole ove il proverbio è una cosa che si dice, uno lo dice, l’altro lo ripete, fino a che, con Voltaire, “le peuple a souvent raison dans ses proverbes “ .

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