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domenica 29 novembre 2015

Ezio Raimondi, un arco nel cielo

di Valeria Giovannini

Molto toccanti le pagine autobiografiche di Ezio Raimondi, filologo, saggista e critico letterario italiano, nel suo Le voci dei libri.
L'autore racconta di essere nato in una casa dove non c'erano libri. Un giorno ne trovò uno, uno soltanto, nascosto tra le anticaglie di un comò: l'edizione Nerbini de I miserabili. Era il libro del capezzale della madre di Raimondi, una donna del popolo che lavorava a servizio.
Una donna che "aveva il senso del crescere e capiva, lei che non era colta, che la cultura era lo strumento necessario". E, per pagare gli studi del figlio, si accollò lavori supplementari. Il padre di Raimondi era un calzolaio senza bottega, che vedeva, invece, per il figlio un futuro da artigiano. I libri entrarono nella vita dell'autore attraverso la scuola. O donati da studenti universitari quando lui, ragazzino, consegnava a domicilio i panni lavati e stirati dalla madre. Poi, crescendo, ebbe in dono il Sein und Zeit di Martin Heidegger, da un'amica affettuosa, visto che "Tu conosci il tedesco". Da Franco Serra, compagno di domeniche trascorse sulle colline bolognesi e morandiane a leggere e conversare, ricevette un testo fondamentale nella sua vita di studioso: Letteratura europea e Medio Evo latino di Ernst Robert Curtius. Fondamentale, evidentemente, anche perché aveva respirato l'aria di quelle lontane domeniche in collina. Era diventato parte di sé.
Raimondi, da ragazzino, recuperava libri di seconda mano e ridava loro nuova vita. Anche nell'involucro. Li ricopriva con carta da pacco solida. Poi apponeva, sulla copertina, immagini da lui ricopiate dalle avventure di Gordon. Una cura anche fisica del libro, dunque. Restaurato e forgiato di nuovo vigore.
La figura più significativa è la madre. Raimondi descrive un'immagine impressa nella memoria: lei che raggiunge il maestro Formiggini alla scuola media e gli chiede, 'da buona economista', se valga la pena investire su di lui come studente. Alla risposta affermativa del maestro, ogni passaggio della maturazione culturale dell'autore, avveniva sotto lo sguardo trepido della madre. Lei acquistava i libri, "oggetti sacri ma insieme creature fidate" e, con "l'atto fisico della consegna sigillava (...) la volontà deliberata di farsi partecipe del disegno, in ogni momento della sua composizione". Quando decise di comperare il primo volume della Storia della letteratura italiana di Francesco Flora, lo consegnò al figlio quasi fosse stato un messale. E ogni volta che Raimondi apriva quel libro, ricordava il gesto simbolico di sua madre. Le madri hanno la straordinaria capacità di vedere oltre. Di intuire un arco nel cielo. E i figli lo percepiscono. In un linguaggio inafferrabile e viscerale.
La casa natale fu distrutta dai bombardamenti nel settembre del '43. Lui e la madre rimasta vedova andarono a vivere in un locale di un'ex caserma della Milizia. Uno spazio messo a disposizione, probabilmente dal parroco, agli sfollati. L'autore racconta di Heidegger, ospitato nella cucina di casa, "sottratto alla dignità accademica, portato nella vita comune", in un quotidiano che avrebbe dato "voce e immagini al cosiddetto neorealismo". Un "Heidegger domestico", venuto ad abitare in quella cucina intrisa di odori e nebbie. Per l'autore, infatti, il libro aveva due dimensioni: quella alta, del linguaggio che accompagnava verso le grandi idee; e quella del quotidiano, che arricchiva il senso e il valore del libro stesso, attraverso la profondità del tempo.
Sopra il tavolo di cucina dove si mangiava e si studiava. I personaggi di cui si occupava Raimondi entravano in quell'angolo di mondo domestico. Si umanizzavano. Diventavano figure note e familiari anche alla madre. Una donna "lontanissima dal sapere ma con la raffinatezza vera di un'umanità calda". La lettura ad alta voce, favorita dallo studioso, rende infatti vivo il testo e la relazione con esso. Le parole vengono espresse anche nella loro consistenza materiale. Nella propria vita. Tra le mura di casa. E risuonano, a lungo, nel tempo. Nel respiro di chi le pronuncia. Nella consapevolezza di .

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