di Valeria Giovannini
Scrive Stefano Poggi in L'anima e
il cristallo (ed. Il Mulino, 2014, p. 37): "L'artista si attiene nella
sua opera agli stessi principi che governano le creazioni della natura. La sola
differenza - ma non è da poco, e mette in luce tutta la decisiva importanza
dell'arte - è che l'artista tratta (...) di individui. La natura, invece -
l'espressione era di Goethe - "non se ne fa niente degli individui" è
proprio per questo è occupata in una continua, eterna opera di costruzione e di
distruzione".
Per questo l'artista non imita la
natura: l'oggetto creato artisticamente trascende se stesso, offrendo una
chiave di lettura altra, elevata. Di senso. E di sentimento. L'artista ci
accompagna verso un mondo ideale, al di fuori del tempo e dello spazio. Dove
tutto può accadere. Dove tutto accade. Come in un sogno. Tutto è simultaneo.
Sincronico. Come l'amore. L'estasi della consapevolezza del divino. Nella
non-dimensione della tempiternità, termine - anzi "parolaccia" -
coniata da Raimon Panikkar. La vita eterna è adesso.
Scrive ancora Poggi (p. 21):
"L'infinito "processo del senso" si sviluppa in esperienze che
si compiono senza giungere alla nostra coscienza, ma che sono tutte sorrette
dal senso di una totalità, di un'eternità - e di un'armonia - che ne assicura
la concatenazione secondo una logica interiore. Di questa logica ci sfuggono in
un primo momento le connessioni: solo in un secondo momento il lavorìo
dell'intelletto potrà arrivare a ricostruirle. Alle conclusioni di quella
logica interiore non è possibile però sottrarsi: in essa, al pari di quanto
avviene nella creazione artistica, siamo posti dinanzi all'armonia fuori del
tempo e dello spazio. Ciò avviene in un'intuizione immediata, in una visione
che ha tutta la forza di un'"autentica rappresentazione mistica". In
noi si è sedimentato il "precipitato di innumeri esperienze sfuggite al
controllo dell'intelletto e in apparenza andate perdute": quelle
esperienze, tuttavia, sono state in grado, anche senza l'aiuto dell'intelletto,
di raggiungere un ordine senza per questo giungere alla coscienza. Un ordine
che è come quello secondo cui si ordinano le molecole di un cristallo: l'ordine
dell'interiore cristallo logico della mistica".
In Ricordi sogni riflessioni
scrive Carl Gustav Jung: (...) "poi fui travolto da questo torrente di
lava, e il suo fuoco diede nuova forma e nuovo ordine alla mia vita. Fu la
materia prima, che mi costrinse a plasmarla; e le mie opere sono un tentativo,
più o meno riuscito, di incorporare questa materia incandescente nella Weltanschauung
del mio tempo. Quelle prime fantasie e quei sogni erano come magma fuso e
incandescente: da essi si cristallizzò la pietra che potei scolpire." E
ancora: "Quando cominciai a disegnare i mandala, comunque, vidi che tutto,
tutte le strade che avevo seguito, tutti i passi intrapresi, riportavano a un
solo punto, cioè nel mezzo. Mi fu sempre più chiaro che il mandala è il centro.
È l'espressione di tutte le vie. È la via al centro, all'individuazione."
In effetti, il concetto de
"l'ordine dell'interiore cristallo logico della mistica" mi ha
portato immediatamente ai mandala di Jung, alle meravigliose creazioni
rappresentate nel suo Libro rosso, quali espressioni del Sé e monadi che
corrispondono alla natura microcosmica dell'anima. Con la differenza che la
formazione del cristallo risponde evidentemente a una legge fisica, naturale,
mentre l'espressione simbolica dell'inconscio è la via a se stessi. Se è vero,
come ha scritto Camille Paglia nel suo Sexual personae, che "l'arte
trae ordine dalla brutalità devastante della natura", la natura ha pure un
suo ordine. La contemplazione della natura e dei suoi simboli può essere il
punto di partenza per l'evoluzione spirituale della persona. Per la sua
aspirazione al sogno. Per non involvere in "un cinghiale laureato in
matematica pura", come diceva Fabrizio De Andrè. Credo che natura e arte
siano destinate a incontrarsi negli abissi dell'individuo. E degli individui.
Dove un cristallo di neve ha una sua realtà oggettiva apparentemente innegabile.
Ma allo stesso tempo, per l'artista - e in generale per il cercatore di sé - diviene simbolo trasformatore e
trasfigurante di un mondo in divenire, simbolo che spalanca le porte ai
processi interiori di conoscenza, individuali e collettivi.
Lo scritto può ricordare il pensiero di Nietzsche per il quale natura, arte e scienza procedevano all'unisono. È il motivo per cui egli si sentiva destinato a "partorire centauri".
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